Un anno a Barcellona: bilancio di un ritorno

un anno a barcellona - bilancio di un ritorno

Ok, mancano tre giorni alla fine dell’anno, ma posso affermare con sicurezza che queste 72 ore che mi separano dal 2019 non saranno determinanti per le sorti di questo bilancio.
Sono tornata a vivere a Barcellona da un anno e due mesi, dopo la parentesi genovese: e mentre stavo qui sul divano, in un sabato mattina di insonnia dedicato ai bilanci e alle finanze familiari, ho iniziato a pensare a questo post.

Com’è stato tornare a vivere a Barcellona dopo quasi due anni di assenza?

Mi piacerebbe esclamare con entusiasmo che whooo, è stato fantastico!, ma no.
Non è stato fantastico, non tutto è andato come previsto (e forse già in tempi non sospetti potevo immaginare come sarebbe andata). Ci siamo barcamenati fra il riassestamento in un nuovo quartiere, un’impennata nei costi mensili, una delusione brutta che —pur essendo in conto dall’inizio— ha fatto male comunque, e nuovi equilibri personali.

Sento il bisogno di mettere nero su bianco questo bilancio che ho sentito maturare dentro per dodici mesi, timido e circospetto: è ora di dargli spazio.

I lati positivi del tornare a vivere a Barcellona

Parto dal positivo: da quello che questa città non può non regalarmi e dal bello delle cose che ogni tanto succedono qui.

1. La scoperta di un nuovo quartiere

Avendo vissuto per quasi 4 anni a Barceloneta, che non è centro città ma fa comunque parte del distretto storico della Ciutat Vella, conosco a menadito gli angoli della Barcellona più centrale. Li ho imparati a memoria scarpinando fra le sue stradine, fra i suoi viali alberati, fra le vele calate del porto, pedalando nelle sue piste ciclabili.
Quando si vive ”in centro” a Barcellona —dove per centro di solito ci si riferisce a tutto quello che sta fra Poble Sec e Sagrada Familia, fra Grácia e Barceloneta, più menzione speciale per Sants e Poble Nou che centrali non sono ma fanno figo— i quartieri della cerchia più esterna rimangono un costrutto astratto, qualcosa che esiste ma non si sente la necessità di visitare.

E invece il rientro a Barcellona mi ha portato a Sant Andreu. Che quando l’ho detto ad amiche che vivono qui da tipo 15 anni, mi sono sentita rispondere Santa…che?
Sto parlando di un quartiere a 10 minuti contati di metro dall’Arco di Trionfo, non di Marte. Eppure, trovandosi subito dopo l’arteria di Avenida Meridiana è una zona della città che raramente si viene a visitare, se non ce n’è bisogno. Un peccato, eh, perché è stata la scoperta più bellina di questo nuovo anno a Barcellona.

Sono un po’ stanca della classica frase che ripete chi conosce il quartiere: Oh, Sant Andreu, es como un pueblito adentro de la ciudad. Sì, Sant Andreu è un po’ un paesino dentro la metropoli, e in passato lo era veramente. Qui venivano a vivere le famiglie degli operai e dei dirigenti della fabbrica tessile di Fabra i Coats.

Oggi è un barrio grande, e il suo nome è lo stesso del distretto che racchiude altri quartieri come La Sagrera e Nou Barris.
Ci si vive bene: la strada principale, la Gran de Sant Andreu, è un susseguirsi di negozi e caffetterie di tutti i tipi ed è passeggiatissima dai sant andreini.

centro social nau bostik la sagrera a barcellona
il centro sociale Nau Bostik, a dieci minuti di cammino da casa

Anche il Centro Civico di Sant Andreu è molto attivo e organizza molti corsi trimestrali (io quest’anno ho fatto il corso di danza Bollywood), mentre la vecchia fabbrica di Fabra i Coats è diventata un centro esposizioni e sede di una delle scuole pubbliche di catalano della città.

La magia di Barcellona è che i suoi quartieri sono in grado di cambiare la percezione che si ha della città.
Sono contenta di essere arrivata a Sant Andreu in questa seconda fase del mio espatrio catalano: quanto sarebbe stato diverso arrivare direttamente qui, sei anni fa!

2. La sistemazione in un bell’appartamento spazioso

Per la prima volta da quando sono andata a vivere fuori dalla casa dei miei, nel lontano 2004, vivo in un appartamento spazioso e nuovo. Certo, ci siamo dovuti spostare fuori dal centro per stare larghi e ”non pagare troppo d’affitto” (purtroppo a Barcellona siamo arrivati al punto in cui 850 euro al mese possono essere definiti non troppo).

Ma sia io che il Guerriero ci siamo innamorati subito di questo appartamento con il pavimento rivestito in finto legno, con un numero accettabile di finestre (non ottimale, da notare, ma accettabile), un balconcino coperto per stendere i panni: piccoli lussi che a Barcellona ormai costano carissimi, e in centro diventano proibitivi.

3. La scelta culturale infinita

Fra librerie che organizzano gruppi di lettura, l’amato CCCB (Centre de Cultura Contemporània de Barcelona) che ci fa compagnia con mostre bellissime e festival di cinema, i Centri Civici con i corsi a prezzi irrisori, e via dicendo, il panorama culturale a Barcellona è incredibile e soddisfacente. E nella maggior parte dei casi molto abbordabile anche a livello economico.

plaça de masadas a la sagrera

4. Ritrovare vecchi amici

Il ri-trasferimento a Barcellona è stato molto diverso dalla prima volta, nel 2012, quando arrivai sola e senza nessuna conoscenza in città (e nessuna voglia di incontrare persone conosciute, direi). Questa volta ho ritrovato diversi amici che ancora vivono qui. A livello sociale, la vita a Barcellona è più impegnata di quella che abbiamo avuto a Genova, dove abbiamo comunque lasciato alcune persone del ❤️, come L’Appeana e la famiglia italo-cilena.

5. Entrare in circoli nuovi e accedere a nuove opportunità

In qualche modo diretta conseguenza del punto 3, tornare qui ha voluto dire anche aprire di nuovo gli orizzonti verso esperienze nuove. Opportunità lavorative, o il semplice fare rete con persone più simili a me: avere la possibilità di accedere a nuovi gruppi di interesse è stata una boccata d’aria non solo rispetto all’Italia, ma anche rispetto alla prima fase della mia vita a Barcellona. Gli anni che passano si fanno sentire anche in questo aspetto, senza dubbio.

Veniamo ora ai lati negativi del tornare a vivere a Barcellona

Cerco di non farmi trasportare dal fatto che stamattina mi sono svegliata con l’acidità di stomaco dieci minuti prima delle sette (che manco nei giorni lavorativi mi sveglio così presto).
Obiettivamente, questi sono i motivi per cui tornare a Barcellona non è poi stato quel cambio wow! —la me di un tempo non ci avrebbe mai creduto:

1. Il costo della vita è aumentato tantissimo

Non mi sono stancata di dirlo alle persone che, durante questo 2018, mi hanno scritto per chiedermi com’è vivere a Barcellona: la Ciutat Comtal non è più quella di un tempo.
Soggiogata alla gentrificazione, con una situazione immobiliare preoccupante che ha generato diversi scontri negli ultimi anni (e fioccare multe sugli appartamenti turistici illegali), Barcellona è diventata più difficile e cara.

scritte sui muri contro gli appartamenti turistici a barcellona

Tra affitto, bollette e spese fisse varie (Internet, cellulare, assicurazioni), a noi vanno via circa 1300 euro al mese nei primi 15 giorni del mese. Fate vobis.

Da considerare anche il prezzo del trasporto, che è aumentato negli ultimi anni: un biglietto singolo della metro costa 2,20 euro; un carnet da 10 viaggi costa 10,20 euro mentre un abbonamento mensile senza limiti per la zona 1 (abbastanza ampia, per fortuna) costa 54 euro. Tutti i prezzi per metro e bus si trovano qui.

Per avere un’idea completa del costo della vita a Barcellona, il sito più completo secondo me rimane Numbeo.

2. Non vivere in centro è un traino verso la pigrizia

Prima andavo dappertutto in bicicletta o a piedi. Raramente prendevo i mezzi, se non per andare a lavoro in Clinica, che si trovava all’altro estremo della città.

Ora, vivendo lontano dal centro, i mezzi pubblici sono d’obbligo: come dicevo sopra, per arrivare in centro con la linea rossa impiego fra i 10 e i 15 minuti. Va benissimo, ma.
Se devo scegliere fra un giro senza meta a Sant Andreu e uno in centro senza meta, scelgo Sant Andreu. Perché andare in metro non mi fa impazzire, e se si tratta di prendermi una pausa all’aria aperta, il pensiero di ficcarmi sottoterra per la prima parte del tragitto già mi fa un po’ passare la voglia.

Naturalmente il lato negativo di questa “lontananza” dal centro è che finisco per passare molto più tempo in casa, complici anche i miei ritmi di lavoro da remoto.

3. Diverse amicizie si sono perse per strada

Mai come in questo anno di ritorno a Barcellona mi sono ripetuta con mestizia il detto lontano dagli occhi, lontano dal cuore.
Ok, forse un po’ già l’avevo capito quando mi sono trasferita a Genova e mi sono ritrovata a fare salti mortali per rimanere in contatto con le persone che avevano fatto parte della mia vita a Barcellona.
Ma i salti mortali durano il tempo di una piroetta, e la stanchezza spesso prende il sopravvento.

Così, pur essendo tornata a condividere la città con molte delle persone che hanno fatto parte della mia prima fase di vita barcellonese, ne ho perse diverse per strada.

Ieri Giulia, una ragazza che seguo su Twitter, mi ha definita “Marie Kondo dei social” per la mia tendenza a far pulizia nella mia bacheca Twitter; credo di aver fatto la Marie Kondo anche con il mio giro d’amicizie in città.

Sono rimaste solo le persone con cui ho ancora qualcosa di vero da spartire e quelle che non sono sparite al mio chiedere “sono libera la prossima settimana, troviamo un giorno per vederci?“.
Mi sono rassegnata al fatto che si tratti di selezione naturale; spesso il lavoro è un collante che ci illude di avere amici intorno a noi. Ma quando il lavoro in comune viene meno, cade anche il castello di carte.

Ecco, l’ho fatto. Il bilancio di fine anno.
Ma è più un bilancio di dodici mesi, di un ritorno che ci è caduto sulla testa un po’ a sorpresa e che per il momento ci vede ancora a qui a chiederci che facciamo? Rimaniamo o andiamo?

28 risposte a “Un anno a Barcellona: bilancio di un ritorno”

  1. Io la butto lì: e provare in Messico?

    1. Opzione che non abbiamo mai scartato 🙂 in futuro, chissà

  2. yep infatti,,, anche solo uan temporada, proverei l’esperienza messicana..

    1. Quella rimane in lista dei “to do” 😉

  3. Anche a Budapest i costi sono aumentati vertiginosamente. Ti faccio un esempio concreto: nel 2014 pagavo 250€ al mese per un monolocale in affitto in pieno centro e i miei colleghi mi ribadivano sempre quanto fosse caro. Adesso non si trova neanche una stanza condivisa per quel prezzo, appartamenti poi non ne parliamo. Anche qui, Airbnb e il turismo di massa hanno contribuito a far lievitare i costi. Non è facile trovare un equilibro.

    1. Caspita, così tanto in soli quattro anni! A me preoccupa tantissimo questa cosa; su Barcellona ormai ci ho messo una pietra sopra, non credo si potrà mai tornare indietro, anche se per fortuna l’Ayuntamiento sta prendendo provvedimenti per arginare almeno in parte il fenomeno. Ma mi disturba tantissimo che lo stesso fenomeno si stia propagando come una piaga su tantissime altre città che fino a poco fa vivevano una situazione “normale”. E no, non è facile trovare un equilibrio.

  4. Dai, sono sempre 5 su 3, il bilancio è positivo 😉

    1. Infatti, alla fine del post mi sono detta lo stesso 🙂

  5. Mi sono convinto che non si può mai tornare in un posto. Perché nel frattempo siamo cambiati noi, i nostri gusti, i nostri occhi. E lo troveremmo diverso. Bisogna andarci (ancora) per scoprirlo di nuovo.

    1. Si, il tornare ha sempre un carico di respnsabilità non da poco. Andarci per riscoprirlo è una sfumatura che aiuta ad affrontare il cambio 🙂
      Alla fine è quello che è successo, eh, ma le aspettative iniziali hanno comunqie giocato i loro scherzetti.
      Grazie del commento!

  6. E’ molto onesto questo bilancio.
    Io non ce l’ho mai fatta a tornare nei posti dove ho lasciato il cuore, e capisco lo spaesamento.
    Che all’inizio sembra incomprensibile, perché quel posto già lo conosci e lo apprezzi… ma è così. Quello che ti dava sicurezza nel 2012 non è lo stesso che ti dà sicurezza nel 2018, e viva Dio! Pensa se non cambiassimo mai, se le nostre esigenze rimanessero sempre le stesse… che noia!

    Tutto questo per dirti che purtroppo anche io ho capito che per stare bene in una città molta parte la faccia la nostra percezione di “potercela permettere”.
    Quando, come ben descrivi tu, 1300 euro se ne vanno solo per avere un tetto sopra la testa, la voglia di concedersi una cena nell’ultimo ristorante aperto, o una mostra imperdibile, o un drink nel nuovissimo locale… si perde.
    Magari è proprio tempo di migrare altrove…
    Cadaqués? 😉

    1. In realtà il ritorno qui non è stato voluto, è capitato perché —fra tutte le zone del mondo da cui stavamo aspettando risposte— Barcellona ha risposto. Il “potercerla permettere”, sì, è un gran fattore. Soprattutto sei anni dopo, con altre necessità e desideri più “grandi”, ecco.
      Il migrare altrove è un’opzione che non si scarta mai, dipende sempre dalle risposte di cui sopra 😉
      [Cadaqués why not ]

  7. Molto bello il tuo blog! L’ho scoperto per caso perché stavo facendo delle ricerche su Barcellona, dove mi trasferirò nei prossimi mesi per lavoro. Avendo vissuto a Madrid per più di 7 anni, vorrei chiederti com’è la mentalità a Barcellona e se è facile fare amicizia. A Madrid sembra che se non bevi e/o vuoi uscire fino alle 6 di mattina sei escluso dal mondo (almeno secondo la mia esperienza). Spero tanto che a Barcellona la gente abbia anche altri interessi! Grazie mille in anticipo e buona Epifania! 🙂 Valentina

    1. Ciao Valentina 🙂
      Ti confesso che a me viene sempre un po’ difficile rispondere a “com’è la mentalità della gente a Barcellona”, perché dipende tantissimo da chi frequenti e da chi trovi nel tuo cammino. Per esperienza mia, che non sono una che fa le 6 del mattino ogni sabato ma ha molti altri interessi, ti posso dire che fare amicizia qua è stato facile. Ma conosco persone che si sono trovate male, non sono entrate in sintonia con certi modi di fare, con il catalano, e via dicendo. Dipende veramente da te e dalla tua personalità 🙂 Ma quello che è certo è che a Barcellona c’è di tutto, offre tantissimo, sia in termini di servizi, che di abitudini, persone e culture: puoi cercare quello che ti è più congeniale.

    2. Ciao Valentina molto piacere! Anche io ho intenzione di tentare una nuova avventura a Barcellona e mi piacerebbe iniziarla in compagnia, sono un po’ stanca di viaggiare sola!
      Se ti andasse di fare due chiacchiere potremmo scambiarci i nostri contatti.
      Buona fortuna per tutto
      Virginia

      1. Ciao Virginia! Non avevo visto il tuo commento 🙁 Fammi sapere se vieni a Barcellona, così ci andiamo a prendere un caffè assieme (io sono qui da 2 mesi). Un abbraccio, Valentina

  8. Cara Giulia, che dire, i tuoi post sono come caramelle, ne leggerei uno dopo l’altro! Così giusto per sentirmi meno sola su questo mondo. Sarà che ho trentanni e qualcosa, il pepe al c**o come si dice dalle mie parti, esperienza lavorativa anche nell’attenzione al cliente, 5 anni di vita vissuti a Barcellona e un’infinità di similitudini che non ti sto qui ad elencare. Fondamentalmente grazie per scrivere, davvero!
    A proposito di Barcellona io l’ho tanto amata quanto odiata, proprio per questo lo scorso settembre io e l’Andaluso ci siamo decisi a fare pacchi e pacchetti, vendere il vendibile (grazie Dio Wallapop), salutare i pochi affetti (ormai quasi più conoscenze che amicizie) e lasciare il vecchio per il nuovo. Per ora siamo in UK che non so se è meglio ma per me è metà casa natale (sono una meticcia in fase pre Brexit) e per ora va bene così. Ancora non riesco a vedermi in un unico luogo e chissà se mi ci vedrò mai.
    Comunque ti scrivo per esprimerti la mia solidarietà, capisco benissimo il dilemma: andare o restare? Barcellona offre molto, ci si muove divinamente anche vivendo en el quinto pino (pigrizia a parte, ma secondo me lì entriamo più in un discorso d’età), tante diversioni per tutti i gusti, il mare, la montagna, i centres civics e chi più ne ha più ne metta. Però per me è una di quelle città a scadenza, tutto a un certo punto aveva preso un sapore di “si vabbè però mobbasta”, come una sorta di minestra riscaldata, come se tutto l’oro che pareva luccicare durante i primi 2/3 anni e che ti faceva sentire di vivere nell’ombelico del mondo, si fosse de repente sbriciolato in una sabbia, che poi sabbia non è ma è terra proprio come quella della sua spiaggia. Non so, a mi pareja y yo, ci aveva proprio stufato e ci mancava troppo un colore: il verde (di cui ci stiamo facendo grandi scorpacciate qui in UK)!
    Quindi, dopo tutto questo pippone, magari datti un po’ di tempo e continua a guardarti intorno che magari qualche altra porta si apre 🙂

    1. Grazie del tuo commento, mi fa piacere che quello che ti scrivo ti piaccia (addirittura come caramelle, spero non faccia pure cariare i denti! :D)
      Quello che scrivi su Barcellona è molto vero: forse tutte le grandi città in realtà “sono a scadenza”, nel senso che ti danno botte di adrenalina all’inizio, ma poi siamo noi a cambiare, a voler qualcosa di diverso dopo qualche tempo. Spero che la vostra nuova pagina in UK sia verde e serena, in bocca al lupo 🙂

  9. Crepi il lupo! e ovviamente tanta fortuna anche a voi! 🙂

    1. Grazie!

  10. A volte penso di essere veramente in ritardo su tutto, che non avrò mai una casa (che manco voglio al momento ma vabbe’). Ad Edimburgo un bilocale decente sta sui 1000 pound, mi pare una follia visto che ora ne pago 450 per una casa ristrutturata carina.

    Speriamo di non fare cavolate, va…

    Un giorno spero sempre di venirla a vedere, Barcellona! Mi e’ sempre stata antipatica (ho visto Madrid) e invece me ne parlano sempre tutti con gli occhi a cuore. 🙂

    1. 450 pound per una casa carina è ottimo! Purtroppo l’affitto è la mazzata…ma io per esempio ho fatro i calcoli per comprare casa e, ora come ora, finirei per pagare una rata uguale all’affitto di ora e non mi conviene affatto. Siamo cresciute che l’idea dell’avere casa sia uno dei segni dell’adultitudine, e invece mi sembra una gran beffa.

  11. Ciao, che bel Blog! sono italo argentina, 45 anni, sposata con un basco, in procinto di trasferirci a Barcellona, ora viviamo a Edimburgo. ecco, qui, per un appartamento decente, 850 sterline sono tipo prezzo medio, ora. negli ultimi anni i prezzi e le condizioni di affitto sono diventate assurde. 6 anni in scozia e sai quanto mi manca il sole? e umani socievoli anche da non ubriachi? (che poi gli scozzesi sono veramente carini, eh? però timidi.. io sono del sud!)

    1. Ciao Giulia, grazie per il tuo messaggio 🙂
      Immagino quanto ti manchi il sole e la socialità…Barcellona da questo punto di vista non delude! In bocca al lupo per il vostro trasferimento!

  12. Ciao, mi sono imbattuta nel tuo post. Un commento su Barcellona, anticipando che ci vivo da un anno dopo averne passati 7 in Olanda (Amsterdam): mi trovo nella situazione di aver perso il lavoro da poco, a detta di molti in pieno stile spagnolo, senza alcun preavviso e da un secondo all’altro. La cosa mi ha lasciato di stucco e trovandomi ora a cercare di nuovo lavoro, non penso di rimanere qui. Togliamo il clima e la spiaggia, mancano i presupposti per poter essere un posto dove rimanerci nel lungo periodo (se cerchi di crescere a livello professionale e un minimo di sicurezza finanziaria): il mercato del lavoro non sembra sicuro sviluppato come in paesi nordici, ma nemmeno a livello del Nord Italia (pensiamo a Milano), se anche trovi un lavoro vieni pagato male per gli anni di esperienza, in aggiunta puoi essere licenziato dal nulla senza che l’azienda ti debba spiegazioni. Il tutto crea un circolo vizioso per cui, se ti devi trovare a pagare un affitto e hai intenzione di risparmiare qualcosa, non ci stai dentro. A parte professioni legate all’IT (developers, data scientists..), per gli altri non gira bene. Amsterdam costa 30-40% in +, quindi siamo a livelli di Parigi ormai, ma vero anche che gli stipendi sono del 70% maggiori e disoccupazione al 3,5%.
    Ammetto sia anche in parte causa mia, presa dal clima nefasto olandese sono uscita di testa e la carenza di sole gioca brutti scherzi, ma devo aver sopravvalutato l’economia di Bcn. Da un lato cmq, credo che sia anche Bcn stessa a vendersi ben oltre le proprie possibilita’, almeno a livello economico. Ci sono passi da gigante per fare, specie a livello salariale: non basta creare posti di lavoro e aprire digital hubs o sedi di aziende straniere, la gente va anche pagata dignitosamente, oppure si rischia che Bcn o rimanga una bella parentesi momentanea, o si inizi qui da neolaureati per poi fare il salto altrove. Questo commento per sapere cosa ne pensi tu e se in caso faresti un post apposito parlando della situazione lavorativa a Bcn. Ottima la chicca su Sant Andreu, presto ci vado 🙂

    1. Ciao Stefania, sollevi un tema interessante, grazie 🙂
      In linea di massima sono d’accordo con te: Barcellona si vende da qualche anno ormai come città che investe sull’innovazione e le imprese tecnologiche, ma la cultura del lavoro è ancora ancorata a vecchie logiche, per cui poi il lavoro—seppur figo—viene di solito mal pagato. È un argomento che non tocco di prima mano, ma di cui mi hanno parlato persone vicine in cerca di lavoro. Gli stipendi medi sono ancora molto bassi, è vero. Sono iscritta per esempio a un canale Telegram che manda aggiornamenti su lavori in ambito digitale e mi stupisco delle offerte economiche (quando le pubblicano in chiaro): con i prezzi fissi della vita a Barcellona, cavarsela con 20 mila euro lordi all’anno è abbastanza complicato.
      Ci sono anche settori in cui gli stipendi comunque non sono così bassi: le cliniche di fertilità come quelle in cui ho lavorato per anni offrono ancora (non tutte) stipendi decenti e soprattutto un buon contratto di categoria che include buoni benefit e molti giorni di ferie all’anno (intorno ai 35).

  13. Mi ritrovo in tutto quello che hai scritto.
    Sono andata a Barcellona per la prima volta nel 2013 per l’Erasmus, poi sono ritornata nel 2016 per lavorare, perché mi mancava troppo, ma non è andato tutto come previsto, sebbene abbia vissuto momenti bellissimi e sia ancora in contatto con alcuni miei amici.
    Ora sono in Italia da due anni, eppure continuo ad avere la nostalgia di Barcellona, ma so che se ritornassi lì, avrei la nostalgia di casa mia.
    Insomma, non se ne esce.
    Però sì, mi piacerebbe ritornarci (vivevo a Les Corts e mi trovavo benissimo), anche perché in quella città mi sono accadute le cose più belle e bizzarre.

    1. Ciao Angela, il tuo riassunto è perfetto: non se ne esce. 🙂
      Però, vedimola positivamente: abbiamo diversi luoghi del cuore, di quelli di cui avere nostalgia. Ed è una bella cosa, dopotutto!

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