Mi vedo da fuori

cesta di verdura fresca

Questa mattina ho preso la prima boccata d’aria della giornata dal balconcino sul retro, quello in cui abbiamo la lavatrice e stendiamo i panni. Così, per cambiare.

Si vede un pezzo di cielo anche da lì, ma prima arriva la finestra della vicina che ha la libreria grande in soggiorno. Alle nove del mattino ci siamo incrociate, io dal mio balconcino, lei dalla sua finestra: stava stendendo la mascherina appena disinfettata e un guanto. Non so perché solo uno.

Aveva un’espressione contrita, teneva il guanto con due dita e scuoteva leggermente la testa. Sembrava rimproverare qualcosa al guanto o a sé stessa, forse si sentiva ridicola nel compiere quell’azione, lavare e stendere un guanto di lattice.
O forse l’ho solo pensato io, chi l’avrebbe mai detto, siamo qui a preoccuparci di come lavare e far durare a lungo i guanti di lattice.

Io non li ho ancora comprati, i guanti.

Prendo sempre quelli che mi porgono nei negozi in cui vado a fare la spesa. Sono monouso, di plastichina fine. L’ultima volta, mentre ero a Casa Ametllers, il guanto è rimasto incastrato nel bollino adesivo di un avocado. Si è aperto lungo il palmo, uno squarcio orizzontale che mi lasciava mezza mano scoperta: ho continuato a fare la spesa guidando il carrello con la mano sinistra e solo la punta delle dita della mano destra.

Il personale di Casa Ametllers disinfetta il manico dei carrelli, c’è una persona addetta alla disinfezione all’entrata del negozio. Eppure questo guanto squarciato sul palmo, il mio dover mantenere il carrello dritto con una mano sola, mi è sembrato un cattivo presagio; ho seguito i pensieri che mi portavano verso scenari ansiogeni e germofobici.

Tanto quando arrivi a casa ti lavi le mani per bene, ora basta che non ti tocchi la faccia — continuavo a ripetermi.

Sarei potuta tornare all’ingresso e chiedere un altro paio di guanti, lo so. Non l’ho fatto, non volevo attraversare di nuovo il negozio, tornare all’ingresso dove si soffermano più persone.

Ci metto poco, faccio in fretta, non mi tocco la faccia.

Ho evitato con tutta la cautela necessaria di passare a fianco ad altre persone. Naturalmente ho fallito. È impossibile non passare vicino ad altre persone in un piccolo negozio di quartiere.
Per una manciata di minuti ho tentennato a un metro e mezzo dalla cesta delle cipolle da cucina, c’era un signore che non si decideva a lasciare libero il campo.

Tentenno spesso.
Mi vedo da fuori, impacciata, mentre aspetto che la gente si sposti. Dalla cesta delle cipolle, dalla porta di ingresso della panetteria, dal marciapiede. Aspetto, sto lontana un metro e mezzo perché questa cosa della distanza sociale la sto prendendo alla lettera, anche se a volte nel mio barrio mi sembra di essere l’unica.

Non so come se la stiano cavando negli altri barri, vorrei tanto poter andare a verificare di persona.

Cipolle, avocado di Málaga, semini e frutta secca per l’insalata, piccole mele dei Pirenei, il vino, abbiamo di nuovo finito il vino, il caffè, dai, anche il sacchetto di verdure chips che sono tanto buone.

Mi metto in fila

Una striscia rossa incollata per terra segna la distanza da rispettare in fila alla cassa.
Ci mancherebbe, la rispetto, anzi, grazie per averla segnalata, sia mai che ci accalchiamo. Aspetto, le punte delle scarpe sfiorano appena l’adesivo rosso, il signore davanti a me sta ancora sistemando la sua spesa nei sacchetti.

Siguiente! — intima il cassiere da dietro la mascherina.

Io non mi muovo. Guardo il cassiere, guardo il signore che non ha ancora finito di sistemare la spesa nei sacchetti. Credo sia chiaro: non mi muovo.

Siguiente! — ripete il cassiere.
Cosa gliene frega a lui dell’adesivo rosso e delle mie paturnie, forse sta per finire il turno e ha fretta, forse pensa che sia tutta una messinscena, che stiamo esagerando e che non casca il mondo se fa avanzare la gente in fila alla cassa senza rispettare le distanze di sicurezza.

Mi arrendo, avanzo, ma lenta. Mi sento scema.

Intanto il signore davanti a me ha finito e se ne va. Inizio a mettere il vino, le cipolle, l’avocado, i semini nel nastro trasportatore. Come faccio a mantenere la distanza di sicurezza con il cassiere? Tra me e lui ci saranno cinquanta centimetri di distanza. E se ora vede che il mio guanto si è rotto? Se in realtà questa era tutta una prova e ora mi denuncerà alla Guardia Urbana per aver condotto il carrello con un guanto rotto e non aver rispettato la distanza di sicurezza alla cassa?

Sospiro, sono proprio scema.

Cerco di fare in fretta, sono organizzata, metto veloce le mie cose nel carrello così poi le sistemerò rapidamente nelle borse di tela prima di infilare l’uscita. Pago, cerco di non dimenticare di nuovo il bancomat infilato nel pos, prendo lo scontrino, cipolle, avocado, semini, il vino, raccolgo, carrello, guanti, li butto ormai, sono inservibili.

Siguiente! — fa il cassiere.
Non ho finito, un secondo, vorrei dirgli, ma cerco di parlare il meno possibile, non sia mai che i droplet, le goccioline, il virus.

Mi affretto mentre la tizia dietro di me si fa molti meno problemi. La vedo lanciata, poggia tutte le sue cose e inizia ad avanzare verso di me, sembra voglia superarmi per mettere subito a posto il suo carrello. Non so cosa vuole ma, mentre cerco di sollevare le due buste di spesa, l’unica cosa a cui riesco a dar peso è il suo slanciarsi verso di me, giuliva.

Ed ecco che mi sento pronunciare la frase

Puoi mantenere la distanza di sicurezza?
Faccio pure così con la mano, la lascio sospesa come a bloccare la fetta d’aria tra me e lei, smetti di avanzare diobono.
Mi vedo da fuori, ho lo sguardo stretto e la bocca striminzita di una che vorrebbe piangere invece che stare lì a bloccare fette d’aria fra lei e la gente alla cassa di un supermercato.

Quanto mi sto sul culo, in questo momento, quanto.

La tipa retrocede, balbetta qualcosa, scusa, riporta l’attenzione al nastro trasportatore mentre io respiro a fondo, carico le due borse, mollo il carrello al disinfettatore ed esco come una ladra.

Cipolle, avocado di Málaga, mele dei Pirenei, il vino, semini per l’insalata, altri cibi che ho preso un po’ a casaccio nelle zone del negozio dove passava meno gente, trascino tutto verso casa con la testa bassa e la vergogna di aver chiesto a una persona di starmi lontana.

Mi vedo da fuori.
Ora capisco l’espressione contrita della signora di fronte che stende il suo guanto di lattice. Credo sia la stessa che ho anche io in questo momento. Tiro fuori le chiavi, poi ricordati di disinfettarle, giro il pomolo del portoncino, salgo le scale, poggio la spesa, corro a lavarmi le mani.


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9 risposte a “Mi vedo da fuori”

  1. Adoro quel negozio,,, hai provate le zuppe da leccarsi i baffi(normalmente le faccio) ma quando ti trovi in cucine sprovviste di attrezzi…… Io non sdimenticheró mai la prima volta che sono andata a fare la spesa, dopo che hanno dichiarato lo stato di allarme, fila fuori a distanza di sicurezza, via maragall piena,,, a me mancava aria…. Poi arrivato il mio turno un ragazzo che ha avrà neanche 25 anni se li ha…. Mi dice scusa signora ma ti devo mettere i guanti volevo morire… Signora….
    Per il resto dentro e quando vai a pagare distanza di sicurezza zero…. Prendere la verdura non ne parliamo… Non mai detto nulla, perché già essere in casa con due che ti danno della paranoica…. Perché passi scopa straccio 2 volte al giorno…. Bagno e stanza e gas non ne parliamo, ormai non ho più pelle nelle mani….. Spero di ritornare a comprare le mie zuppette mancarone…

    1. Mi hai fatto sorridere 🙂 Ti sei sentita morire per il “Signora” mica perché ti voleva mettere i guanti!
      Comunque sì, le loro zuppe sono molto buone, la mia preferita è quella thai!

  2. “E se ora vede che il mio guanto si è rotto? Se in realtà questa era tutta una prova e ora mi denuncerà alla Guardia Urbana per aver condotto il carrello con un guanto rotto e non aver rispettato la distanza di sicurezza alla cassa?”

    “quanto mi sto sul culo in questo momento, quanto”

    Oh Ali. Io sono/mi sento/ragiono così da tutta la vita. E mi sto sul culo, tanto. È faticoso. E ora lo è di più, perché i momenti di contatto sociale durano un secondo e non c’è tempo di spiegare, riderci su, scusarsi. O avvengono online, e lì è pure peggio

    1. Ti capisco, Ele. Paranoie da tutta la vita come stile di vita 😀 Con il tempo ho cercato di mitigarle un po’, sforzandomi per fregarmene di più. Spesso funziona, spesso no. Ma poi passa. Facciamoci forza <3

  3. Sto odiando la spesa al supermercato. Il riempire il carrello frettolosamente alle casse per poi mettere tutto con calma nelle buste.
    La Mascherina ed i guanti che con il caldo cominciano a diventare soffocanti. Mi muovo tra i corridoi facendo attenzione a non incrociare nessuno. Mi metto ad aspettare finché il corridoio non si è liberato. Eppure mi sembra di essere l’unica a farlo. Il giorno che mi si è rotto un elastico della mascherina ho pianto: come farò se si rompe anche il secondo? Allora le mascherine erano introvabili.
    Giovedì mentre prezzavo le banane una signora mi si è messa accanto. L’ho redarguita per non aver rispettato la distanza. Mi sono sentita una stronza colossale. Ci farà diventare ancora più distanti umanamente questo maledetto virus?

    1. La stronza colossale è la signora che non ha rispettato la distanza. Scusa, eh. Ragionate un attimo.

      1. Grazie per questo prezioso contributo, Buon Senso. Ora ci ragioniamo per bene, eh.

  4. Ho riletto questo post dopo mesi e mi rendo conto quanto sia cambiato il modo di fare la spesa. Premetto che a me piace fare la spesa, quindi sono uno di quelli che tu avresti odiato (ci metto un po’a scegliere, confronto le marche, verifico i prezzi…). Ma nel periodo del lockdown avevo perso la leggerezza del fare la spesa, era una delle cose da fare e in fretta.
    E mi rendo conto che mi piace osservare le altre persone che fanno la spesa, i loro atteggiamenti, ormai tutto questo sembra sparito. Il lockdown ha lasciato ferite profonde, ci vorrà molto tempo prima che queste si richiudano.

    1. Ciao Stefano! Il lockdown ha lasciato ferite profonde, è vero. Sono tornata a fare la spesa normalmente, eh, anche se la mia priorità è sempre mantenere sempre le distanze. Il cambiamento lo noto in qualcosa di più profondo, invece, che tocca le corde della programmazione per il futuro e il vivere alla giornata. Un abbraccio!

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