Fruscío di bandiere nella terrazza di fronte, una sonata languida dal pianoforte della vicina—ancora non ho capito in quale appartamento si trova—, il gracchiare di due gabbiani, un aereo (da quanto non sentivo un aereo passare?).
I suoni della domenica di Pasqua.
Siamo saliti in terrazza, io con lo zainetto delle escursioni, Little Life e il Kindle su cui sto finendo di leggere Acquadolce.
Ho portato più libri come quando facevo i viaggi in treno; questo invece è solo un viaggio all’aperto, fuori dal salotto, un piano di scale più su del nostro appartamento.
I dirimpettai prendono il sole, chiacchierano piano, rispondono a una telefonata. Le due figlie di quelli del quarto piano sono già in bikini.
Siamo spiaggiati sul cemento—il rumore di fondo è lo stesso, ora che ci penso—manca solo quello delle onde.
Potremmo essere alla Mar Bella in una domenica particolarmente calda di primavera. In una spiaggia di Barcellona di quindici anni fa, quando Ryanair non arrivava il fine settima carica di turisti in cerca di drink-tour, quando le crociere non scaricavano ancora in porto migliaia di turisti al giorno, quando Joan de Borbó era passeggiabile e ci potevi andare a mangiare una paella in famiglia.
Basta fare questo piano di scale per entrare all’aperto, in questo spazio di cielo e antenne televisive che al momento è vietato.
Oggi il salotto si è fatto troppo piccolo nonostante il divano-letto che abbiamo aperto per stare più comodi. L’abbiamo subito trasformato in un piccolo tavolo da picnic interno: il plaid, il mac su cui scorrono le serie tv, il libro di cui bramo le pagine prima che mi venga voglia di aprirne un altro.
Soffocante.
Entriamo all’aperto, di nascosto; si sta meglio.
Il pranzo pasquale è stato un mezzo disastro, ho inghiottito nostalgia e il grano cotto della pastiera, troppo dolce.
Qui sopra è tutto fermo, calore di spiaggia finta, ma almeno posso provare a distinguere i versi dei volatili che vivono sui nostri tetti.
Soprattutto, alleno gli occhi a guardare l’orizzonte.
Sant Andreu arriva in fondo sguardo, poi si trasforma nelle colline basse di Torre Barò.