Storie dai miei traslochi

i miei traslochi

Spiaggia di Calella, 60 km da Barcellona, io e la mia amica andalusa prendiamo il sole sulla battigia. Il cielo è terso, il mare piatto, tutto sarebbe perfetto se non aleggiasse nell’aria quel pensiero incombente, quella cosa che s’ha da fare però si vorrebbe rimandare il più possibile: il trasloco.
No, non il mio —grazie al cielo!
La mia amica e il suo compagno devono traslocare in tutta fretta perché hanno ricevuto il famigerato burofax, la raccomandata con cui il padrone di casa ti comunica che devi smammare.
Una di quelle cosette carine che ultimamente a Barcellona succedono sempre più spesso.

So come si sente, e mi spiace non poterle offrire più che due mani d’aiuto e tanta amichevole voglia di ricambiare il favore: lei d’altronde è stata quella che due anni fa, quando ho deciso di tornare in Italia dal Guerriero, mi aveva aiutata a trasferire gli scatoloni dalla scatola di fiammiferi della Barceloneta al magazzino in cui avevo messo in stand-by la mia vita catalana.
Come dimenticare quel viaggio: io, lei e la sua Renault bianca, con la scritta Racing che sbiadiva sul fianco, che attraversiamo l’Eixample con il cofano semi-chiuso da una corda rossa, i miei scatoloni che fanno capolino da sotto.

I traslochi più stressanti della mia vita

Empatizzo molto con la loro situazione, perché i traslochi sono stati fra gli episodi più stressanti della mia vita. Nella mia personale classifica degli ”eventi per cui vorresti addormentarti e risvegliarti solo quando sono finiti”, i traslochi si trovano al secondo posto, incastrandosi bene fra la separazione e i momenti in cui realizzi di dover cambiare lavoro per evitare il burnout.

Solo che, mentre di separazioni con conseguente divorzio ne ho vissuta solo una, di traslochi finora ne conto 15 (o 16?). E sono stati un crescendo di difficoltà.

Il primo trasloco non si scorda mai

Il primo trasloco veramente traumatico di cui ho memoria è quello che ci cadde sul groppone d’improvviso, a me e alle mie due coinquiline, nel lontano 2003 (ommioddio, 15 anni fa).

Vivevamo armoniosamente in un trilocale cagliaritano in via Mameli, dove ora c’è la bellissima Mediateca del Mediterraneo.
L’armonia andò a farsi benedire il giorno in cui, in un appiccicoso inizio d’estate come quelli che solo Cagliari ti sa regalare, e proprio mentre ci preparavamo agli esami di fine semestre, arrivò la notizia (senza burofax):

ve ne dovete andare, ci serve l’appartamento, avete un mese di tempo

Panico. Le nostre lamentele caddero nel vuoto, e i padroni di casa avevano dalla loro un vecchio contratto d’affitto che, ingenue noi, ci lasciava scoperte in quest’evenienza. Dovevamo andare via, trovare casa in meno di un mese, cercare di rimanere al passo con gli esami della sessione estiva e trasferire le nostre cose.

Pur avendo avuto molto aiuto da parte di familiari e amici, ricordo nitidamente gli insulti che lanciavo alla signora Pia ogni volta che lasciavo cadere uno scatolone di fronte alla porta del nuovo appartamento.
Non sapevo che quello sarebbe stato solo il primo trasloco stressante della mia vita, ma che ne sarebbero seguiti altri.

Il trasloco in furgoncino da Milano alla città di V

Circa 8 anni dopo e qualche trasloco light nel mezzo, lo scenario cambia e dall’umida estate sarda passiamo all’afa della Pianura Padana a fine agosto (traslochi al fresco, mai).

Dopo quattro onorati anni di affitto a Milano Sud, io e il mio ex ci decidiamo per un gran cambio di vita: lasciare la metropoli per spostarci in una cittadina lombarda. Tutti i pro sembrano essere dalla nostra parte: spenderemo meno in affitto e vivremo a due passi da un fiume e dal bosco. Dobbiamo solo organizzarci per trasferire il nostro mobilio di una trentina di km. I prezzi dei traslochi a Milano ci convincono, del tutto inaspettatamente, che affittare un furgoncino sia la scelta adatta per la circostanza.

Sarà che identifico quello come l’ultimo mio trasloco italiano, prima della rottura definitiva con la mia vita passata, sarà che a quel tempo riuscivo a stressarmi profondamente anche per le quisquilie, ma quando penso a quel furgoncino blu che avevamo affittato per il trasloco mi si stringe lo stomaco.

Lo avevo odiato profondamente, durante quel viaggio che ci portava fuori Milano; d’improvviso mi sembrava tutto complicato, tutto inutile. Ero intrattabile e mi stavo fortissimamente sul culo da sola.
Col senno di poi, forse era solo un’anticipazione di come mi sarei sentita da lì a 12 mesi, quando me ne andai dalla città di V con un solo zaino in spalla, incazzatissima con il mondo e con le scelte del passato.

Il trasloco in solitaria a Barcellona

Una mattinata di pioggia scrosciante a Barcellona: è aprile e la primavera se l’è evidentemente svignata per evitare di vedere la scena penosa di me che faccio un trasloco in bus da sola. Il Guerriero è già in Italia, la mia amica andalusa e la sua Renault sono a lavoro, a me rimane poco tempo per finire di svuotare la mia scatola di fiammiferi.

Mi sento piccola fiammiferaia livello 500. Scendo i quattro piani di scale senza ascensore con due borsoni blu Ikea pieni fino all’orlo. Da uno di loro sporge il mio cuscino ortopedico. Non so quale fiducia spassionata nelle mie capacità mi convince che prendere il D20 per salire da Barceloneta a Sants in una giornata di pioggia come questa sia una buona idea.

Il D20 è carico che nemmeno un cargo cinese in attracco al porto di Genova.
La gente sgomita, chiude gli ombrelli una frazione di secondo dopo essere salita a bordo, il pavimento del bus è completamente bagnato e fangoso. Con quel filo di fiducia che mi resta, riesco comunque a salire, ma sento che gli altri passeggeri mi stanno odiando. Il bus procede a passo d’uomo verso Parallel; ogni volta che uno dei miei vicini deve scendere faccio acrobazie spostando i miei morbidosi borsoni blu, che ho impilato uno sull’altro.
Manca poco e quasi canto vittoria, quando l’ombrello del vecchietto che si alza dal sedile grigio dei vecchietti si incastra nel manico di uno dei borsoni, trascinandolo con sé. Con una velocità di riflessi tendente al -2, me ne accorgo troppo tardi, quando il mio comodissimo cuscino ortopedico è già agonizzante sotto le suole fangose della gente che si affretta a scendere dal bus.

Mi viene da piangere. In realtà piango, ma poco.
Che mai come in quei giorni ho stretto tanto i denti e mi sono ripetuta che, suvvia,

un problema alla volta, poi anche questa finisce

mentre mentalmente canto un requiem per il mio cuscino ortopedico.

—❣—

In ricordo di quei giorni, puoi leggere anche:

Scene da un trasloco a Barcellona

6 risposte a “Storie dai miei traslochi”

  1. Mammamia, la scena del cuscino sotto le suole della gente mi ricorda un mio trasloco a Bruxelles durante il quale più di un tassista mi lasciò sul marciapiede ad aspettare con tremila borse sotto la pioggia perché il nuovo appartamento era troppo vicino e non conveniva caricarmi. Alla fine mi caricò un’anima pia a cui lasciai non so quanti euro di mancia…

    1. Povera! Le storie di traslochi sono sempre ricche di aneddoti 🙂

  2. Mi sa che di traslochi ne ho fatti 15 o 16 anche io, ma non sto a contarli (conto i continenti, tre, I Paesi, sei, e le citta’, sette). Pure per me ogni trascolo e’ stressantissimo e sta al primo posto dell’evento in cui vorrei addormentarmi e svegliarmi quando e’ finito (visto che non ho separazioni in ballo). Quello piu’ memorabile di tutti, comunque, e’ quello che ho fatto a Venezia in vaporetto, circa 10 viaggi con sedie e comodini…

    1. ahaha dovremmo aprire un blog solo per parlare di traslochi strani, inizia a preparare la tua storia sul vaporetto! 😀

  3. Marta Calanca dice: Rispondi

    Hai tutta la mia solidarietà, sono veterana di traslochi anche io! Da quando vivo oltremanica ho perso il conto di quanti ne ho fatti. Il più traumatico rimane il Manchester- Glasgow: meno di una settimana per svuotare e inscatolare un appartamento intero da sola, e tutto per colpa della disorganizzazione del mio ex. In quei giorni l’ho odiato come pochi, e credo sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Questo, e altre cose successe nel frattempo mi hanno fatto dire basta a quella relazione dopo pochi mesi di vita scozzese. La decisione migliore della mia vita 🙂

    1. Ecco, pur se iper stressanti a volte i traslochi ci aiutano in altro senso 😉

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