Tornare a Barcellona non è più la stessa cosa

tornare a barcellona non è più la stessa cosa

Prima e dopo il mio viaggio a Bilbao di cui vi ho parlato la scorsa volta, sono stata a Barcellona.
Non ho trovato dei buoni voli diretti per Bilbao, e la soluzione più conveniente era far scalo nella mia amata seconda casa.
Da quando sono tornata a vivere in Italia, ormai un anno fa, sono ritornata a Barcellona solo 3 volte, inclusa questa.
Poco, molto meno di quanto avrei pensato quando l’ho lasciata.

Stare a Barcellona per pochi giorni, come ho fatto finora, mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca.
Troppe le persone con cui vorrei passare del tempo, troppo poche le ore a disposizione per incastrare tutto.
E poi, rendermi conto che non è più lo stesso, mi rende nostalgica.

In questi tre viaggi-lampo a Barcellona non sono mai scesa fino al mare della Barceloneta.
Rivedere la mia scatola di fiammiferi dal basso è una cosa che non ho avuto ancora il coraggio di fare.
Sì, sono una tremenda sentimentale.

[Vi ricordate della scatola di fiammiferi, si? Per una rinfrescata: Vivere in una scatola di fiammiferi, aka il mio mini-appartamento a Barcellona]

Qualche settimana fa mio padre è stato a Barcellona, prima che ci andassi io, e mi ha chiamato dal ristorante sotto casa.

Sono nel ristorante in cui ci hai portato la prima volta che siamo venuti a trovarti, ti ricordi?
Sono proprio sotto casa tua, mi è venuta un po’ di nostalgia e ho pensato di chiamarti…

E come dimenticare quella prima cena a tre, in una primavera di 4 anni fa? Le chiacchiere di circostanza di fronte a una paella, il silenzio a tratti imbarazzato, lo sguardo di mia madre che cercava di capire se stessi davvero bene, in quella nuova vita in solitaria.

E poi, dopo cena, i miei che salgono su per le scale del condominio, quelle strette che salivano fino al quarto piano; toccavano muri un po’ scrostati, la ringhiera che si assottigliava nel punto in cui tutti per anni si erano mantenuti più forte per l’ultima manciata di scalini più ripidi.

Mio padre che entra nella mia scatola di fiammiferi ed esclama

Mamma mia, quanto è piccolo qui!

Ma era il posto mio, che non dovevo condividere con nessun altro ed era fatto a misura per me.
E per la cronaca, anche in due ci si stava benissimo.

Si papà, certo che me la ricordo quella cena. Se sei sotto casa mia, alza gli occhi: ci sono panni stesi alla finestra?

Continuiamo a chiamarla casa mia, per un estremo gesto d’affetto verso i nostri ricordi. Non ho idea di chi viva nella scatola di fiammiferi ora; eppure ogni volta che qualcuno mi chiama per dirmi che si trova lì sotto (mio padre non è l’unica persona ad averlo fatto in quest’ultimo anno), chiedo sempre se si vedono panni stesi alla finestra.
Così, per avere un’idea di chi abbia preso il mio posto.

Chi è che si affaccia a quel balconcino per vedere il mare la mattina?
E la sera, quando le famiglie di pachistani del palazzo di fronte cenano, preparano la polpa di cocco per l’indomani, friggono samosa o giocano con i loro bambini?

Penso a queste cose mentre mi affaccio dal terrazzo della casa di S., dove sono ospite nel mio passaggio a Barcellona.
Si trova alle porte di Gràcia e vedo il mare della Barceloneta in lontananza, ma non riesco a decidermi a prendere una bici per arrivare fino a lì.
Non lo farò, alla fine.
Le mie 72 ore a Barcellona sono state piene delle persone che desideravo salutare, delle personcine nuove che si aggiungono alla popolazione dei piccoli italiani a Barcellona, di un gelato stratosferico in una gelateria che non conoscevo, di cene con le donne che hanno arricchito la mia vita nei quattro anni di vita in Cataluña.

Ma anche della consapevolezza che non è più la stessa cosa, che non ho più un posto lì da considerare veramente casa mia, dove ritornare a fine giornata.
Lo riconosco a malincuore, pur avendo tante persone che mi offrono un pezzetto di casa loro ogni volta che vado.

Mi rassegno a chiamarla la fine di un’epoca, e accetto che casa mia, ora, è di nuovo da un’altra parte.

—☆—

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6 risposte a “Tornare a Barcellona non è più la stessa cosa”

  1. Sai, questo tuo post mi ha fatto venire in mente una canzone di Chiara “Nessun posto è casa mia”.
    Soprattutto quando dice “e i posti sono semplicemente persone”.
    Abbracci

    1. Ma sai che la prima volta che ho ascoltato quella canzone mi ci sono riconosciuta tantissimo? Mi hai letto nel pensiero 🙂
      Abbracci a noi che “torniamo sempre dove si é stati bene” 😉

  2. Del resto, hai scritto bene nella foto di apertura: tu non sei più quella di Barcellona e, di conseguenza, Barcellona sembra essere qualcosa di non così accogliente come lo era quando era casa tua.
    Evidentemente, non è tanto Genova o la città che sarà che ti fa stare bene o meglio, è la tua nuova vita che ha preso la piega giusta.

    1. No per carità, Barcellona rimane accogliente per me 🙂 Sono io che non mi sento più nel posto giusto quando sono lí, pur avendo tantissime persone che mi mancano molto e che sono felice di rivedere ogni volta. A Barcellona devo sempre il fatto di avermi accolto in un momento in cui appunto dovevo dare una nuova piega alla mia vita. È un po’ come se ormai avesse fatto il suo dovere, e ora sono pronta a continuare senza di lei 😉

  3. Questo post m’ispira una piacevole malinconia <3

    1. Grazie Claudia 🙂

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