Quando sono arrivata a Barcellona e ho iniziato a studiare seriamente lo spagnolo, una delle parole che mi ha più colpito è stata la definizione di coppia: si dice pareja.
La pareja definisce i due membri di una coppia, ma la si usa anche per tradurre la parola “compagno/a”, che vale indistintamente per il maschile e per il femminile. Posso quindi parlare de mi pareja, senza che sia implicito il suo genere. Un po’ come my partner in inglese. Quando poi mi sono resa conto che pareja ha la radice latina di par, uguale, mi sono affezionata ancora di più a questa parola.
Ricorderò sempre quando un giorno il Guerriero mi disse:
Io e te siamo pareja, siamo uguali dentro questa relazione.
Non l’avevo mai considerato in questo modo. Forse l’italiano non aiuta, la parola coppia fa pensare semplicemente al concetto di due, ma senza alcuna accezione di uguaglianza fra i suoi componenti.
Per quanto ne sappiamo, in una coppia può esistere un membro che predomina sull’altro, ma non ce ne renderemo conto fino a che non sarà evidente.
Non succede per caso così in molte coppie umane?
Prendete un uomo e una donna, la conosciamo tutti questa accoppiata, no? Sembra che vadano d’amore e d’accordo, magari camminano mano nella mano per strada. Magari partecipano ai pranzi di famiglia e tutti ne lodano l’affiatamento. Magari fanno un sacco di cose insieme, viaggiano, pianificano il loro futuro, decidono di andare a vivere nello stesso appartamento o di sposarsi o di fare un figlio. Si vogliono bene sul serio.
Però.
Lui ogni tanto la guarda mentre si veste e le dice che dovrebbe cambiare abito, perché quello che sta indossando la fa apparire troppo provocante/seria/trasandata/elegante [metteteci voi l’aggettivo che preferite]. Lei all’inizio ci scherza su, poi si accorge che se non segue il suo consiglio, lui si arrabbia e la fa sentire colpevole.
Lui decide che lei non è capace di amministrare i soldi che guadagna a fine mese e che può farlo al posto suo. Lei si convince che si, effettivamente è meglio che sia lui a gestire l’economia della coppia e a tenere il bancomat nel portafogli…a cosa servirebbe farne due copie se può chiedere i soldi a lui, quando serve?
Lui ha un lavoro a tempo pieno, e quando si sono conosciuti anche lei ce l’aveva. Poi si sono sposati e lui le ha detto che preferiva che lei rimanesse a casa, che il suo stipendio sarebbe bastato e lei non aveva bisogno di lavorare. Poteva concentrarsi nelle faccende di casa e nel crescere il loro bambino.
Lei ha un lavoro appagante, e anche lui. Un giorno lui riceve una bellissima proposta di lavoro, ma fuori città. Dovrebbero trasferirsi, traslocare in un nuovo appartamento, lasciare molte delle cose che hanno costruito finora. Anche lei dovrebbe lasciare il suo lavoro e l’idea non le piace. Oltretutto sta lottando da mesi per avere una promozione per cui ha lavorato duro ultimamente. Ma lui pensa che la proposta che gli è appena stata fatta sia più importante, e liquida i dubbi di lei con un “Non ti preoccupare, ci penso io a te. Qualcosa troverai, nella nuova città”.
Loro hanno un conto in banca comune, cui affluiscono entrambi gli stipendi. Quando lei vuole togliersi uno sfizio, si sente in dovere di chiedere il parere a lui. Molte volte lui pensa che non sia il caso di spendere quei soldi. Poi lei si accorge, qualche giorno dopo, che lui ha appena speso una cifra spropositata per quell’orologio da triathlon che aveva avvistato tempo fa e che userà una volta alla settimana, per andare a correre con i suoi amici.
Lei ogni tanto esce con le sue amiche, vanno a cena tutte insieme, poi magari a ballare, se butta bene. L’importante però è che lui non lo sappia o che rimanga aggiornato di tutti i suoi spostamenti e dell’orario approssimato in cui lei tornerà a casa. Se non lo fa, inizierà a ricevere messaggi Whatsapp insistenti o chiamate una dietro l’altra. Quando è lui a passare una serata fuori con gli amici, lei ha imparato che deve semplicemente andare a dormire, perché a lui scoccia essere controllato quando è fuori a divertirsi.
Loro vanno spesso a cena fuori con gli amici. Lui è un burlone, gli altri ridono sempre durante i suoi monologhi scherzosi. Lei ride molto meno quando diventa l’oggetto delle sue battute. Soprattutto di quelle che riguardano la grandezza del suo fondoschiena o la larghezza delle sue spalle o del modo poco femminile in cui cammina.
Lui e lei probabilmente li avete conosciuti, sono vostri amici, sono vostri familiari, sono i vostri vicini di casa. Magari siete voi stessi. Non lo so. Ma di storie così ne ho conosciute abbastanza, e potrei continuare a lungo.
Oggi è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Ci si rizzano le orecchie quando sentiamo alla tv dell’ennesimo caso di femminicidio o violenza, e poi pensiamo che a noi non succederà. Fino a che la cronaca non bussa alla porta a fianco e anche nel nostro paesello qualsiasi arriva la prima morte violenta di una donna per mano del suo compagno. Una secchiata di realtà.
Eppure senza bisogno di arrivare a tanto, dimentichiamo tutte le volte in cui le parole o gli atteggiamenti di un uomo ci hanno umiliato o fatto sentire inferiore o ci hanno indotto a pensare che noi contiamo meno, nella vita sociale, in famiglia, nel lavoro.
Ne parlavo anche ieri con Stefano qui, quante piccole disuguaglianze fanno parte della nostra vita di tutti i giorni ma ci siamo praticamente abituate a convivervi?
Forse abbiamo più bisogno di parejas e meno di coppie*.
fonte: www.pourfemme.it
*ci tengo a notare che questo non vuole essere un post limitato alla situazione Italiana, e che – nonostante la bella parola di cui parlo nell’articolo – in Spagna il problema della violenza sulle donne è molto sentito, perché purtroppo molto frequente nella cronaca nera. La campagna di sensibilizzazione sulla violenza di genere è molto presenta sui media, per chi è curioso qui ho trovato una rassegna degli spot video degli ultimi anni.
Sullo stesso tema:
Giornata Internazionale della Donna a Barcellona: perché sono scesa in piazza
Quello che una donna si sente dire – il sottile sessismo al femminile
Non sapevo che oggi fosse la giornata contro la violenza sulle donne. Quelle che tu hai descritto, purtroppo, sono storie di tutti i giorni. E tutto ha origine da una mentalitá antica. La nonna di mia moglie ogni tanto le dice ancora che non è conveniente che esca da sola con le amiche oppure che vada via per lavoro, senza di me. E il brutto è che alcuni giovani sono intrisi di questo modo di pensare!
Grazie per la citazione!
Mentalità antica, e molto spesso sono le stesse donne ad alimentarla. La conclusione rimane la stessa che facevo sul tuo blog…di strada ce n’è ancora tanta da fare.
Purtroppo sì. La cosa più sconvolgente è che se da una donna di 87 anni posso ancora accettare questi discorsi (in fondo, è una rimembranza di un secolo fa), lo stesso non si può dire per i nostri coetanei. Ed è la cosa che spaventa di più.
Sono d’accordo. Come si può provare a cambiare questo stato di cose, almeno nel nostro piccolo?
Ecco, il fatto che anche le “piccole” umiliazioni verbali siano violenza è un concetto importante, ma che non si fa passare quasi mai. Perché spesso, se lo fai notare, le reazioni di chi ti sta intorno tendono a minimizzare, e che sarà mai, non hai senso dell’umorismo, sono sicura che non voleva offenderti. Imparare a definire i nostri confini – indipendentemente d quello che ne pensano gli altri – è un primo passo forte, secondo me.
Oh sì, questa maledetta minimizzazione che ti fa sentire quella che cerca l’ago nel pagliaio o il litigio per forza… Hai detto bene, imparare a definire i nostri confini non è per niente facile, considerando che molto spesso lasciamo che siano gli altri a definirli.
Sì, è davvero così, un’escalation di atteggiamenti strani e perversi che stridono con quella che dovrebbe essere la realtà di una coppia. Piccole spie che lasciano emergere il vero volto di chi ci affianca e che non andrebbero mai sottovalutate. Io nel mio privato sto molto attenta a questi aspetti che per altri appaiono delle banalità. Al contrario! Esse parlano dell’essenza di una persona, quella con cui bisogna confrontarsi anche quando si parla di importanti decisioni da prendere, di responsabilità, di problemi da affrontare, di futuro, di vita insieme. Noi donne pecchiamo di un’ eccessiva condizione di adattamento al modo di essere degli uomini sperando che prima o poi cambino. Il problema è che, se non ci si accorge da subito, di un impegno reciproco volto ad una crescita, dapprima personale e poi di coppia, non ha senso continuare una relazione. Sono convinta che, se si prestasse attenzione a tutto questo prima di giungere ad una fase irreversibile di un modo sbagliato di vivere il rapporto di coppia, molte donne ora sarebbero, non solo vive, ma anche felici di essere riuscite ad assicurarsi il meglio: quello che avevano sempre sognato
Cara Linda, sarebbe veramente bello se i nostri sensi fossero sempre all’erta, presenti e coscienti per captare il prima possibile questi segni di una possibile deviazione futura del rapporto di coppia. Possiamo imparare dagli errori passati, questo sì, e non perseverare in atteggiamenti auto-lesionisti. Ma ci vuole tempo per impararlo.
Bellissimo articolo, grazie per averlo scritto.
🙂 grazie a te per il tuo commento
[…] che stai meglio” o “quel vestito non mi piace, cambialo“. Non credo che questo trattarmi da pareja sia dovuto al suo essere Messicano, no, è un merito della sua educazione. Però sì noto una […]
[…] nell’ufficio del responsabile per ottenerlo? Quante volte ci siamo sentite offese e abbiamo chiesto ai nostri partner/amici/familiari di cambiare atteggiamento o linguaggio nei nostri […]