P. ha festeggiato qualche mese fa i suoi 40 anni con amici e familiari, una festa a sorpresa e un anello di fidanzamento da parte del suo compagno, più giovane di lei di qualche anno e con cui sta insieme da quattro.
È entrata a lavorare in clinica qualche mese dopo di me, e non ha mai nascosto il suo desiderio di diventare madre al più presto. Il nostro lavoro ci mette di fronte a questa consapevolezza schiacciante dell’orologio biologico che sembra darti tempo fino ai 35 anni, se vuoi riuscire senza problemi a essere madre naturalmente. P. aveva subito interiorizzato il concetto e affrontato il discorso con il suo compagno, mettendolo di fronte alla realtà che, come donna alle porte dei 40, diventare madre era diventata una delle sue priorità. Non poteva aspettare troppo. Lui aveva acconsentito, ma chiedendole un po’ di tempo per pensarci e poi “c’è sempre tanto tempo per provarci“. Lungimirante, P. aveva deciso comunque che, mentre arrivava il momento giusto per lui, avrebbe vitrificato i suoi ovociti. Così, per prudenza, che non si sa mai. E infatti il tempo è passato, quasi 2 anni, e gli ovociti di P. sono ancora sotto azoto liquido che aspettano.
Otto mesi fa i due, ormai promessi sposi, entrano finalmente nella fase del “proviamoci“. Passano i mesi, il controllo del calendario ovulatorio, le diete macrobiotiche, lo yoga, le relazioni programmate, e gli occhi vivaci di P. – quelli che le davano un’aria da ragazzina – iniziano a cambiare. Nessun test di gravidanza positivo, il ciclo che ritorna sempre, puntuale mese dopo mese. Durante le pause pranzo, all’inizio della fase dei tentativi naturali, le colleghe chiedevano come stesse procedendo, cercavano di incoraggiare, chissà fare un po’ la coordinatrice dal vivo, ripetendo a P. i discorsi che suoliamo fare al telefono con le nostre pazienti. Io non mi sono mai sentita di fare domande o dare consigli, lo vedevo comunque inopportuno, nonostante P. parlasse apertamente dei suoi tentativi di concepire.
Questa mattina ci ritroviamo in cucina io e lei, la vedo stanca, mangia controvoglia. Le chiedo se va tutto bene: sospira e mi risponde che si sta separando da lui. Mi fermo con l’insalata inforchettata a mezz’aria. Io e lei non siamo amiche del cuore, ma uno dei tratti distintivi del nostro lavoro è che, con tante donne sui 30 e qualcosa che lavorano insieme ogni giorno, sentirsi coinvolte nella vita delle tue colleghe è molto comune. Forse troppo. Il che può essere un bene o un male, dipende da come ti girano la mattina.
A me stamattina giravano male, e la notizia che P. mi sta dando mi ferisce come se fosse mia sorella a fare la stessa rivelazione. O peggio, come se stesse capitando a me.
Il punto è che dopo 8 mesi di tentativi senza risultato, P. e il fidanzato hanno chiesto un consulto specialistico e la risposta è che le speranze di poterci riuscire naturalmente sono talmente basse da rendere altamente consigliato un trattamento di fecondazione in vitro. Prevedibile, direte voi – o almeno dico io, che dall’inizio di questa storia ho sempre pensato che P. si sarebbe facilmente trovata di fronte a questa scelta. E lo sapeva benissimo anche lei, che infatti confidava nei suoi ovociti vitrificati.
L’unico che sembrava non aver capito bene il concetto era lui con i suoi “c’è tempo“. Lui che dal giorno della visita specialistica si è tirato indietro, sparito, volatilizzato. Ciao anello di fidanzamento, ciao promesse di vita insieme, ciao al ungiornovorròessereilpadredeituoifigli. Il giorno è arrivato e purtroppo la natura ti sta dicendo che dovrai programmarlo con lei, a tavolino, rilassarti un attimo in “sala seme” e facendo quello che devi fare per permettere la fecondazione di quegli ovociti vitrificati, che stanno sempre lì ibernati ad aspettare.
P. mi guarda seria: “Quattro anni di relazione buttati all’aria. Ma io ho deciso di andare avanti, sai? Vado avanti da sola. Due giorni fa ho iniziato la stimolazione ovarica. Ho deciso di non usare gli ovociti vitrificati, ci provo da zero. Lui è sparito e non conto che si faccia risentire a breve, io ho capito che non voglio un uomo così a fianco, uno che si tira indietro quando c’è da prendere una decisione così importante. E diceva di amarmi. Lo farò da sola, non voglio più aspettare, chiederò il seme di un donatore“.
La rivelazione mi lascia spiazzata. In poche settimane P. è passata dall’avere progetti per il futuro condivisi con il suo uomo, all’iniettarsi ogni sera degli ormoni da sola, senza avere più l’appoggio di lui e pensando di avere un figlio grazie a un donatore anonimo. Dalla coppia alla scoppia, dall’intimità all’anonimato in tempo zero.
Ho passato il pomeriggio a farmi mille domande, a pensare a P. con ammirazione, poi con preoccupazione, poi con tristezza, in un’empatica altalena emozionale.
Quanto siamo testarde, noi donne?
Quanto siamo disposte a sacrificare per amore? Quanta pazienza investiamo nelle nostre relazioni?
Quante delle scelte importanti della nostra vita sono dettate dall’impulso, dalla rabbia o dalla delusione?
Fino a che punto possiamo sfruttare l’avanzamento della scienza e rivendicare il nostro essere donne moderne?
Questo lavoro in clinica ci rovina, a noi coordinatrici trentenni, ne sono sempre più convinta. E per me non vale più la giustificazione del “perlomeno siamo più informate, conosciamo meglio il nostro corpo e sappiamo che il tempo per diventare madri è poco“. Non vale più, perché alla fine quello che vince è il cuore e quando quello si spezza non c’è conoscenza che valga, potrebbe comunque essere troppo tardi.
❣
Per leggere altre storie dalla Clinica di fertilità:
Trentenni, #fertilityday e tutti i “magari” che ci hanno portato fino a qui
Cervicali bloccate e un pizzico di burnout [piango perché non so perché piango]
Testarde come il sole…
Così sembra…
Così È
Più che testarde, egoiste, alcune, eddai. Mi pare un’idea folle…
Egoista perché, Spersa?
Egoista perché il suo desiderio di maternità vince su tutto.
Dopo averlo aspettato 4 anni, pur avendogli sempre chiarito che avrebbe voluto essere madre prima o poi? E lui?
Qualche tempo fa scrissi un post sui discutibili a proposito dell’orologio biologico. La mia tesi era, ed è ancora, che se il contesto sociale è cambiato questo non significa che sia cambiata la natura. È la natura che impone dei limiti. Mia moglie, 28 anni fa, quando rimase incinta a 29 anni, fu definita “primipara attempata”, perché avrebbe partorito dopo il compimento dei 30. Non contesto le scelte di nessuno, ma credo che quando si arriva ad un certo punto forse si possono prendere in considerazione delle alternative, come l’adozione.
Da ultimo, il fatto che lui sia egoista non significa che lei non lo sia in automatico. C’è un motivo per cui si parla di orologio, il tempo scorre ed è necessario decidere. Forse il vero problema è che lui i figli non li vuole. Ma se così fosse mi verrebbe da dire che è meglio che non lo facciano, un figlio insieme, se in quattro anni non sono riusciti a capirsi su un fatto così importante. E anche qui, consentimi, le responsabilità sono sempre spartite. Perché se anche lui si fosse nascosto, lei si è voltata per non vedere…
Vero, la natura non è cambiata: il contesto sociale è cambiato moltissimo invece, nel giro di soli 29 anni, per mantenere il lasso di tempo del tuo esempio. Ora sempre piú donne hanno il primo figlio passati i 30 anni senza sentirsi “primipare attempate”. Se è per questo è cambiato anche il fatto che molte meno donne lasciano che ci si rivolga a loro con certi termini offensivi, per esempio. Sono certa anche io che questa coppia avesse dei problemi e meglio che non ce lo abbiamo insieme, il figlio, giusto per non far vivere all’ennesimo bambino il momento difficile della separazione dei genitori. Ma la storia dell’adozione no, per favore. Purtroppo viviamo ancora in un Paese (sia Italia sia Spagna) in cui adottare è MOLTO più difficile e dispendioso che fare un figlio con un trattamento di pma all’estero.
Perdonami ma la mia non è una attribuzione qualitativa. Una donna che partorisce dopo i 30, indipendentemente da come si “sente”, clinicamente si DEFINISCE primipara attempata. Quel che dovrebbe cambiare è il contesto sociale che non consente di avere una situazione stabile prima dei 30. Era questo il mio punto. E francamente, mentre trovo un segno di progresso sociale che si usino termini non offensivi, trovo invece un segno di regresso che non si possano avere figli quando si è fisiologicamente pronti per farlo. La “storia” dell’adozione è complessa ma non dispendiosa. Solo per la precisione. Poi se uno vuole a tutti i costi trovarsi in casa un quindicenne a cinquantasei anni, buon divertimento, per carità. Ognuno ha il sacrosanto diritto di fare le proprie scelte, ci mancherebbe anche. Ma come dicevo, le scelte è fondamentale farle in due, dall’inizio.
Sono perfettamente d’accordo sul fatto che prima dei 30 anni è molto raro trovarsi nella situazione per poter mettere al mondo dei figli, sia a livello economico che sentimentale. Non sono d’accordo sul fatto che sia fondamentale fare certe scelte in due, a volte meglio veramente essere da soli che essere infelici in due, anche diventando genitore. Vedi commento di Arya qui sotto.
Abbi pazienza. Sono di qualche lustro più anziano di te. Non pretendo di avere la verità svelata, ho imparato TANTISSIMO dalle mie figlie. Però credo che su determinate faccende esista un buon senso comune. Sono abbastanza convinto del fatto, senza essere beghino né neo-catecumenale, che per fare un bambino servano un padre che mette gli spermatozoi, e una madre che mette un ovulo. Il tutto avviene per il tramite di un rapporto sessuale, senza ulteriori dettagli. E siccome, curiosamente, credo nella parità a tutti i livelli, credo che se una donna da sola può fare un figlio, beh questa è disparità. Che non compensa gli insulti ricevuti dalle donne in passato. Perché due torti non fanno una ragione. Sarai sorpresa di sapere che ho due figlie femmine. Due donne. La grande pensa che se non trova un uomo di cui è veramente innamorata di maternità neanche se ne parla. La seconda, che ha 25 anni ed è innamorata del suo uomo, non vede l’ora di sposarsi. Se posso azzardare una previsione, direi che tra i 27 e i 28 rimarrà incinta. Quello su cui voglio richiamare l’attenzione e che la grande non si riprodurrà se non troverà un buon padre per suo figlio. Perché un padre serve quanto i
Sono molto paziente, di fatto mi pagano per esserlo. E per ascoltare molti tipi di storie, gioie e allegrie di tante donne europee in cerca di maternità. Se c’è una cosa che ho imparato da loro, per quanto non sempre sia d’accordo con il loro modo di pensare e di voler essere madri, è che non esiste un modo univoco per valutare le scelte degli altri. La società si evolve, i diritti delle persone pure (fortunatamente, a volte ancora lentamente), la tecnologia avanza. Non sono sorpresa di sapere che hai due figlie femmine, perché dovrei? Si legge dal tuo blog che vai giustamente molto orgoglioso di loro e ti auguro che continuino a renderti orgoglioso sempre, anche quando con gli anni faranno magari scelte che non ti piaceranno. Te lo dico per esperienza di figlia femmina eh, che aveva prospettato ben altro roseo futuro ai suoi genitori e poi li ha dovuti deludere per scegliere la propria strada. Auguro alla tua figlia maggiore di rimanere convinta della sua scelta di non voler diventare madre senza un uomo a fianco, e alla piccola di rimanere sempre innamorata come oggi del suo compagno: è ammirevole rimanere coerenti per sempre alle proprie scelte di vita. Non sempre è facile, a volte ci costringiamo a rimanerlo anche se quelle scelte non ci rendono più felici. Avendo qualche lustro più di me immagino avrai sperimentato come con il tempo tutto cambia, come diceva la mia amata Mercedes Sosa. Cambiano le cose superficiali, cambiano quelle più profonde, cambia il modo di pensare, cambia tutto in questo mondo.
Dici bene, anzi benissimo. Ci sono alcune, piccole cose che purtroppo non cambiano. Ho la sensazione che l’allungamento della vita media abbia fatto pensare che tutto sia in qualche modo “compatibile” con questo. Il mio punto è che la fisiologia non ci dice che siccome campiamo 20 anni in più ciò implica che le migliori condizioni per avere figli si siano spostate di conseguenza. E mi fa tanta rabbia vedere che dopo tante lotte si sia arrivati ad un punto dove il problema non è più cambiare una società che costringe ad aspettare, ma forzare la mano alla natura. Ti dicevo che saresti stata sorpresa perché il tuo riferimento agli epiteti mi ha fatto immaginare che tu pensassi che sono il solito maschilista appena arrivato che pensa di arrogarsi il diritto di decidere o di giudicare senza sapere di cosa parla. Ti garantisco che, nonostante io sia disposto a buttarmi nel fuoco per entrambe, non ho supinamente condiviso tutte le loro scelte e credimi sulla parola, consentendomi di non entrare nei particolari, che non è stato semplice. Per niente semplice. Tutto cambia in questo mondo, ma il sole continuerà a sorgere ad oriente, e le donne di 30 anni continueranno ad essere primipare attempate. A meno che noi non si trovi un meccanismo per viaggiare a velocità superiori a quella della luce, e a meno che la medicina non trovi un modo per rendere i tessuti uterini più elastici, o qualunque diavoleria serva per poter avere figli più tardi senza problemi. Non pretendo di avere la verità svelata, e non voglio assolutamente “aver ragione”, con gli anni ho imparato il valore del confronto e della diversità. Ma come ho detto, esistono dei limiti in questo mondo, la velocità della luce è un esempio ficcante che uso quando voglio rappresentare un limite su cui si è molto discusso nell’ultimo secolo. Questi limiti sono quelli con cui dobbiamo fare necessariamente i conti. E non è fingendo che si siano superati in nome di un costume sociale che riusciremo a superarli davvero. Quando è morto, mio padre aveva 75 anni, e mi sono sentito dire “oddio era giovane”. NON ERA GIOVANE. A 75 anni non si è giovani. Si è vissuta una lunga vita. Non è una vita spezzata nel fiore degli anni. Così come desiderare un figlio a 40 anni non è in linea con la fisiologia umana. Senza alcun giudizio morale su chi abbia questo desiderio.
Ho capito il tuo discorso, e lo condivido in parte, soprattutto quando parli di forzare la natura. Penso ad esempio che avere un figlio a 50 anni perché ci sia una donatrice disposta a donare ovuli a una donna che non li produce più per motivi di età, sia forzare la natura. Però già stiamo esulando dal caso che racconto nel post, a 40 anni si può ancora rimanere incinta naturalmente, seppure ci voglia mediamente più tempo per riuscirci (e magari una relazione tranquilla e molti meno blocchi mentali che spesso sono la causa del non raggiungimento di gravidanze, a ogni età). Ci è riuscita mia nonna che di anni con l’ultimo figlio ne aveva 42, e sono riuscite tante altre. Chiamiamole clinicamente attempate, seppure non primipare, quello che vuoi, ma l’hanno fatto. Se fosse desiderato o meno, su questo non posso giurarci.
Non è casuale che io parli di primipare. Per quel che ricordo (avevo fatto un sacco di ricerche quando mia moglie rimase incinta della seconda figlia perché aveva rischiato la festosi) la propensione degli ovuli ad “attecchire” sulle pareti dell’utero sono sensibilmente maggiori dopo il primo figlio. E quindi avere l’ultimo figlio a 42 anni è radicalmente diverso rispetto ad avere il primo a 40. Lo stress credo ci entri poco, e anche la qualità della relazione. E andare di 10 anni oltre i 30 che segnano l’inizio del “declino” ormonale io lo definisco forzare la natura tanto quanto nel l’esempio che portavi tu. Il punto, io credo, è quanto uno stato sia Stato. Se guardi le statistiche ISTAT l’Italia risulta a crescita zero, ma se guardi meglio vedrai che c’è un numero consistente di immigrati che aumentano i numeri. Senza di loro saremmo a crescita negativa. Non voglio sostenere che sia necessario riprodursi come conigli, dico però che se il primo figlio lo fai a 40 sarà probabilmente l’ultimo. E questo significa decrescita. Inoltre, la maggiore prestanza fisica e la “sana” incoscienza di una coppia 25-30enne contribuiscono, a mio modo di vedere, al benessere del bambino/a. Poi ripeto, io credo davvero nel libero arbitrio, ma credo anche che si viva in un’epoca che dà maggiore importanza alla sistemazione materiale, e questo, in un paese dove non esiste alcun tipo di aiuto alle giovani coppie, è letale per il futuro.
D’accordissimo sulla tua analisi sociologica e della decrescita. Per farti ricredere invece sulla tua affermazione “lo stress credo ci entri poco, e anche la qualità della relazione” (io comunque parlavo di “blocchi mentali”, non stress), mi piacerebbe poterti proporre qualche mese da insider nel dipartimento di assistenza al paziente di una clinica di riproduzione assistita. Peccato non sia possibile.
Si probabilmente sarebbe estremamente interessante. Ti chiedo però, qual è l’età media delle pazienti? Perché ho la netta sensazione che alla fine sempre lì si vada a parare… Se inizi a pensare di fare un figlio a 35 anni è complicato… A 25 credo che a meno di casi particolari blocchi mentali ce ne siano pochi… O sbaglio?
L’età media a occhio e croce è 38/39 anni. Considera però che moltissime pazienti ricorrono a una clinica dopo ANNI di tentativi naturali falliti. A 25 anni per fortuna le pazienti non vengono a meno che uno dei due non abbia per loro sfortuna qualche grave problema, o si tratti di una coppia lesbica. Le coppie eterosessuali sotto i 30 anni, nell’80% dei casi, vengono perché lui non produce spermatozoi. L’azoospermia, grande prodotto dei nostri tempi.
Ascolta. Mi corre l’obbligo di ringraziarti. Innanzitutto per l’ospitalità. E poi per la pacatezza. Probabilmente ciascuno di noi rimarrà con le proprie convinzioni, ma per quanto mi riguarda posso dire di aver avuto una finestra da cui affacciarmi su opinioni diverse dalle mie. E questo è davvero impagabile.
Grazie a te per gli interventi e lo scambio di opinioni 🙂 Torna quando vuoi da queste parti.
Quanto una madre. Scusa è partito prima del necessario
Perché almeno nella teoria, nella partenza, bisognerebbe cercare di crescere i figli con due genitori: poi a volte il destino o noi stessi ne togliamo uno, ma farlo così ab initio mi pare solo – posto che i figli li facciamo tutti per egoismo eh, tutti tutti – un egoismoancora maggiore, quello di una donna che vuole ad ogni costo provare la gravidanza, e non sta pensando al bene di chi arriverà.
Non sono d’accordo. È un po’ triste che se una donna che desidera da anni un figlio – sente che il suo corpo “chiede” una maternitá, come credo sia naturale – non possa realizzarlo solo perché si trovi single a 40 anni. Ha investito male nella sua relazione? Puó essere, fosse la prima… Peró sembra più accettabile l’egoismo di chi ad esempio mette al mondo i figli per “salvare la relazione’ che quello di una donna che ha il coraggio di seguire il suo istinto materno da sola.
rispondo a max. non è vero quello che dici: La “storia” dell’adozione è complessa ma non dispendiosa. Solo per la precisione. L’adozione costa eccome. Poi dipende se ne hai a valanghe di soldi magari ti costa poco. Ma l’adozione costa come una macchina
La penso come Spersa sul fatto che almeno in teoria un figlio dovrebbe crescere con due genitori, e come Max sul fatto che questa coppia non aveva basi solide, chiare, limpide, cristalline, fin dall’inizio. Probabilmente lui un figlio non l’ha mai desiderato. E la sua fuga adesso ne è la prova.
Senza dubbio, la stabilitá precaria della coppia è venuta giù con questo tema. Meglio cosi, come scrivevo a Spersa nel commento precedente. Sarebbero bellissimo se tutti i bambini creacessero in famiglie stabili, felici e innamorate…ma al giorno d’oggi non credo abbia piú senso parlare di modello unico di famiglia. Molte donne sole che ho conosciuto sono riuscite a fare megloo che famiglie etero e sposate da anni, per dire.
Ma io infatti ti do ragione, e sono la prova vivente che non esiste un modello unico di famiglia. Dicevo che mi spiace per la tua amica, perché già nel loro rapporto mancavano ‘i fondamentali’, mi ha un po stupita che neanche ha elaborato il lutto della fine della sua relazione e già si sente pronta a diventare madre, al di là di tutto, come se un figlio potesse sopperire a tutte le mancanze e risolvere problemi e infelicita. I figli, purtroppo, e lo sai solo quando li hai, SONO pensieri, a volte problemi, fatica, è più crescono più lo sono e ci si rende conto, da genitore, di quanto sia importante avere entrambe le figure (mamma e papà) per loro. Per quello dicevo ‘possibilmente’, che è quello che penso intendesse anche Spersa.
Poi i modi di diventare famiglia, genitori e figli sono per fortuna infiniti e sicuramente fa più danni una famiglia dove ci sono conflitti e che è allo sfascio piuttosto che un genitore single ma felice. 🙂
Anche a me ha impensierito molto il suo modo di decidere di andare avanti, subito, senza elaborare il lutto. Di fatto abbiamo parlato anche di questo, lei ne è cosciente. Ma forse – suppongo io – la relazione la stava rendendo così infelice che magari adesso si sente “libera” di diventare madre con più tranquillità rispetto a prima. Io non riuscirei mai a reagire tanto velocemente in una situazione così confusa sentimentalmente, però rimango sempre stupefatta dai modi in cui le persone affrontano le svolte impreviste della loro vita. C’è sempre da imparare ascoltando gli altri 🙂
È verissimo!
So bene quanto logorante sia un percorso di pma…ed è importante avere un uomo accanto che abbia le palle (concedimelo per favore) di sostenerti.perché diciamolo è la donna che affronta il grosso di tutto il percorso!
Non sono d’accordo con chi la definisce egoista…io non so se avrei avuto la forza e il coraggio di affrontare tutto da sola e per questo l’ammiro…ma non la vedo egoista.
Sono d’accordo con te, non riesco a concentrarmi sull’aspetto dell’egoismo
A me questa P. causa la tua stessa altalena emotiva. Un tempo forse l’avrei definita egoista anche io, adesso non ci riesco. Poi penso alla mia amica abbandonata all’ottavo mese e penso che tutto sommato sentirsi dire che tuo padre è un donatore non può essere peggio che sentirsi dire che tuo padre è una testa di cazzo che non ti ha voluto manco conoscere. Quando è nata mia figlia mi sono trovata a chiedermi con sgomento: come cavolo farei da sola? Di qualcuno avrà bisogno, e spero davvero che abbia vicino qualcuno che sappia o possa aiutarla.
Ecco, giusto per fare un esempio. Meglo un donatore anonimo che un coglione conosciuto e indifferente. Per quanto riguarda P., conoscendola sono sicura che se la caverebbe benissimo, e intorno ha per fortuna moltissimo appoggio.
Ciao, com’è andata a finire con P.? Confesso di essere un po’ curiosa e sperare che abbia coronato il suo sogno.
Purtroppo non ancora, che io sappia 🙁