Cose che ci insegnano da piccoli: non andare alla caletta di domenica in estate

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Una domenica di luglio, in spiaggia. Io e il guerriero ci concediamo finalmente un rilassante fine settimana di mare fuori da Barcellona.
Premessa: il fatto che io viva di fronte al mare, non implica che scenda in spiaggia ogni due per tre, anzi. Preferisco godermi la vista, il sole, l’arietta che entra dalla finestra…ma la spiaggia della Barceloneta non è esattamente il posto migliore in cui stendere un asciugamano e rilassarsi. Se invece siete amanti dell’effetto carnaio, allora siete nel posto giusto, unitevi alla mischia. 

Quindi, dicevo, ogni tanto ho bisogno di concedermi una fuga dall’ammasso turistico per poter godere di una spiaggia in santa pace. Questa volta abbiamo scelto un paesino della Costa Brava, Sant Feliu de Guixols. Il paesino è piccolo, ma c’è un porticciolo, la spiaggia lunga e spaziosa, i chioschetti, il mercatino, una miriade di bar. Contrariamente alle nostre aspettative, ci sono turisti ma non se ne avverte quasi la presenza. Forse la vita a Barcellona ci ha abituato ad altri ritmi turistici, e già non dover sgomitare fra la gente a petto nudo o in bikini che cammina verso il centro, ci sembra un miraggio. 

Finalmente, relax. A Sant Feliu de Guixols ci sono poi molte calette meravigliose che si possono raggiungere semplicemente seguendo un sentiero che attraversa il bosco mediterraneo. Per percorrere il sentiero, senza soste, ci vuole poco più di un’ora, e in questo ci siamo impegnati bene, con molte soste-bagno in acque finalmente cristalline. È che avevo una leggera nostalgia del mare di Sardegna, e avevo bisogno di una nuotata in un mare degno di questo nome. 

Dopo due giorni di camminate e bagni ed escursioni verso chiesette di collina sotto 40º gradi all’ombra, domenica ci dedichiamo una giornata di relax. Scegliamo Cala Jonca, la caletta più vicina al paese, a cui si arriva in un quarto d’ora a piedi, dopo aver oltrepassato il porto. La vista dall’alto è questa, per farvi capire:

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E cosa pensa una sarda quando, in una domenica di luglio, a mezzogiorno, si accinge a scendere le scale che la condurranno verso una caletta dall’acqua cristallina?

Ve lo dico io, se non siete sardi: “come minimo bisognerà lottare per trovare un buco in cui appoggiare l’asciugamano” o “sicuramente ci sarà un chiasso infernale“.

Insomma, la sarda dentro di me ha voglia di tuffarsi ma trema al pensiero di cosa troverà sotto quello scaglione di roccia che le impedisce di vedere l’affollamento calettoso tipico di posti del genere. È che dentro di me ho delle immagini ben scolpite nel cervello, degli allarmi innati che mi hanno insegnato a non avvicinarmi a una caletta di domenica, a meno che non sia l’alba o non desideri ardentemente stare gomito a gomito con un padre che taglia l’anguria per i suoi 3 figli in età scolare. Riverberano nella mia mente ricordi di domeniche affollate e sudate, inaugurate al ritmo di “partiamo presto se no non troviamo posto“. Di calette meravigliose in bassa stagione, ma che d’estate si trasformano in un tappeto umano e al posto dei granelli di sabbia che ti si infilano fra le dita, corpi supini da scavalcare. Durante i miei anni a Milano poi, quando le spiagge più vicine erano quelle liguri, ho ulteriormente affinato l’arte del volermi male d’estate, raggiungendo posti incantevoli ma invivibili in alta stagione, come Camogli. E qui, mentre scendo le scale di metallo che portano alla caletta catalana, quasi come un monito della provvidenza, arriva un’istantanea dell’AmicaEli dalla costa ligure:

camogli_2015

Cosciente del rischio, scendo comunque le scale pensando “un bagnetto e via“. E invece. 

La caletta è piccola, forse 5 metri di sabbia, e tante rocce su cui si sono sistemate diverse persone. Saremo una ventina in tutto, coppiette hippie, una famiglia con due figlie adolescenti, gruppetti di amiche che chiacchierano, un uomo anziano. Non ci sono schiamazzi, nessun ombrellone né borse frigo, ognuno ha occupato semplicemente una lingua di sabbia utile per stendere l’asciugamano, senza intenzioni invasionistiche. Sono lontani i ricordi delle trincee di borse sotto l’ombrellone, frigoriferi con il manico stracolmi di bibite, il tavolino pieghevole su cui troneggiano i panini con la melanzana fritta, e l’anguria che si mantiene fresca sulla battigia. Ah già, e gli sguardi assassini dei conquistatori quando nuovi occupanti pretendono di fare un bagno nella LORO caletta

Incredula, prendiamo posto a fianco alla famiglia (che poi si rivelano italiani che vivono a Barcellona), ci liberiamo dei vestiti e ci immergiamo in mare per fare snorkeling. La felicità allo stato puro. Ho con me il primo libro di García Márquez, La hojarasca, e lo divoro mentre mi asciugo sotto il sole. 

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Ho sdoganato il timore reverenziale per le calette in alta stagione. Anche queste sono conquiste. 

6 risposte a “Cose che ci insegnano da piccoli: non andare alla caletta di domenica in estate”

  1. Ahhh che bellezza e quanti ricordi! Effettivamente quando andavo 3 mesi in estate da mia nonna, pure io avevo questa idea che soprattutto ad agosto la spiaggia il sabato e la domenica fosse impensabile da raggiungere… tanto avevo tutti gli altri giorni della settimana per recuperare! Poi ho iniziato a lavorare e non se ne parlava nemmeno di farmi 4 ore di andata e 4 ore di ritorno (se tutto andava bene) per farmi un fine settimana al mare…. al posto di rilassarmi mi stressavo di più!!Tanto poi c’erano le ferie per godersi e rilassarsi di più…
    Ora come ora, pur di mettere le “pacche ammare” sarei disposta a tutto!! Certo è, che quando vedo una foto di un paradiso del genere mi viene voglia di piangere… io che sono una marina mancata, nel senso che vivrei in mare se potessi, ma ho avuto la sfortuna di nascere a Milano… chissà, magari un giorno trovo la forza e il coraggio (che mi manca) di mollare tutto e trasferirmi a vivere sulla spiaggia :)!
    Ti abbraccio forte e se ricapita, fatti una nuotata anche per me!

    1. Dai però da Milano hai vicino la costa ligure che non è male…certo, affollata è dir poco! Quando trovi il coraggio di mollare tutto e trasferirti a vivere di fronte al mare fammi sapere che ti do qualche dritta! 😉 Un abbraccio!!

  2. andare al mare in Liguria è una tortura… a meno che uno non vada alle 6.30, metta l’asciugamano in terra nei 2 metri quadri di spiaggia libera (perchè quella a pagamento è una rapina a mano armata), poi torni a dormire… in certi casi abbiamo fatto così, soprattutto dopo notti insonni…
    e dal momento che hai scoperto questo piccolo paradiso, non farlo sapere troppo in giro, sennò domenica prossima ti ritrovi con la coda per entrare!

    1. abbiamo ricordi comuni circa le giornate al mare in liguria… non ho paura di far conoscere questi posti perché l’impressione che ho avuto è che qui l’approccio sia proprio diverso, le famiglie preferiscono le spiagge grandi, chi può e accetta meno comodità cerca gli angoli più nascosti…e ci stiamo tutti. Quello che mi succedeva in Sardegna era invece il contrario, la gente vuole tutto e tutto per se.

  3. Vedere un posto così con questo caldo fa male agli occhi…mi tufferei lì immediatamente!!!

    1. anche io!

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