In realtà l’ho fatto tre volte, non una sola. Le prime due volte, trasferirmi da sola in una nuova città non è stata una scelta particolarmente sofferta: era semplicemente una cosa da farsi.
La prima è stata per motivi di studio, avevo 22 anni e lasciavo finalmente l’Isola per trasferirmi “in continente” – momento desideratissimo e difeso a tutti i costi.
La seconda volta avevo 25 anni e mi trasferivo a Milano per il mio primo lavoro “da grande”.
Entrambe le volte non conoscevo nessuno nella nuova città, ma avevo davanti un obiettivo: laurearmi nel primo caso, lavorare con un contratto (seppure in stage) nel secondo; erano situazioni in cui si suppone che, pur trasferendomi da sola, avrei presto conosciuto qualcuno nella mia stessa situazione. In effetti così era stato.
La terza volta in cui sono andata via da sola è stata quella vera
La terza volta è stata quella vera, cruda, quella in cui la scelta di trasferirmi in una città nuova in cui non conoscevo nessuno non è stata dettata da un obiettivo socialmente riconosciuto. Al contrario, stavo proprio scappando da una vita già costruita, senza nessuna idea concreta su cosa avrei fatto dall’altra parte del Mediterraneo.
Ma con la forte volontà di tornare a stare bene con me stessa.
Ero arrivata a Barcellona con un paio di libri sull’esame Ditals. Volevo provare a studiare per diventare ufficialmente insegnante di italiano per stranieri, visto che l’esperienza di volontaria durante gli ultimi anni in Lombardia era stata una delle poche attività che aveva riempito con vera soddisfazione il mio tempo libero.
Poi in realtà erano successe molte cose in pochi mesi: i libri erano rimasti sul comodino perché nel frattempo mi ero iscritta a un corso intensivo di spagnolo all’Università, avevo iniziato a organizzare eventi per amanti della lingua italiana, mi erano venute in mente cento alternative di vita possibili e bon, ho perso il focus.
Infine è arrivato il lavoro in Clinica e, una cosa per volta, ho rimesso insieme i pezzi, aiutata a ritrovare il mio equilibrio ascoltando i disequilibri degli altri.
Sono stati mesi di incredibile entusiasmo, alternati a incredibile solitudine, sensi di colpa, voglia di ricominciare, disgusto per certe scelte, desiderio strenuo di allontanarmi dal passato, dalle persone, dai posti.
Ricominciare di nuovo, e farlo da sola: per me è stata questa la vera terapia.
Me ne rendo conto ancora più forte quando, ora, torno in Sardegna.
Cammino per Cagliari, di fretta, sotto quel sole cocente già ad aprile che mi ricorda i sudori all’uscita dall’Università per tornare verso casa: la salita di Buoncammino, porta Cristina, il passo che accelerava perché inevitabilmente mi scappava fortissimo la pipì a 100 metri da casa.
Cammino per Cagliari in questo aprile 2017, sotto il sole che cuoce il marciapiede di una strada trafficata che termina con una rotonda, e tutta questa gente che prende la macchina per fare tragitti di dieci minuti.
Io me la sono presa con calma, sono scesa dal paesello in treno, poi ho preso un bus urbano. Ho un appuntamento che mi strozza un po’ il respiro e ogni tanto mi chiedo machimelofafare, eppure ci vado lo stesso.
Solo che non sento più la desolazione di cinque anni fa, non sento più il disgusto per queste strade, la paura di incontrare gente che conosco per non dover sostenere conversazioni.
Ho solo fretta di tornare alla mia vita, che ora è veramente quella che ho voluto.
E mi sento orgogliosa.
Mi sento fiera di aver ingoiato tanta tristezza, e di averlo fatto per conto mio in una città in cui non conoscevo nessuno.
Qui non sarebbe stato possibile, non avrei avuto terreno neutro sotto i piedi, avrei dovuto farmi forza davanti alle domande, agli sguardi o al silenzio assordante di chi è semplicemente sparito, pur vivendo fisicamente a pochi km di distanza.
Incontrare occhi conosciuti che ancora dopo cinque anni mi guardano come se fossi una nullità un po’ mi fa sorridere, un po’ mi scuote.
Mi fa sorridere sardonicamente, perché penso a quanto la gente riesca a stare dietro a eventi passati che nemmeno li riguardano in prima persona, e a portarsi dietro rancori così, per aver qualcosa da raccontare.
Mi scuote pensare cosa sarebbe stato del mio benessere se avessi veramente deciso di tornare qui, cinque anni fa, invece che andarmene da sola a Barcellona.
Il mio appuntamento è breve, riduco al minimo i convenevoli, non mi interessa nient’altro che tornare alla mia vita.
—☆—
Leggi anche:
7 consigli per non sentirsi soli in una città nuova
Non hai una casa, ne hai dieci – storie di amicizia
Il prezzo dell’andare via (Ryanair escluso)
Ho vissuto il tuo post come una pagina del mio diario “se solo non fossi rimasta qui”… Anche se non ti conosco, sono molto contenta per te!
Grazie Alessandra 🙂
C’è sempre tempo, comunque, per “non rimanere”, io lo credo fermamente!
Fra un mese toccherà a me e spero che i giudizi della gente del paesello mi scivolino addosso. Da un lato voglio rivedere i miei, dall’altro so che inevitabilmente certe cose mi urteranno. (Ps: anche tu con il DITALS, eh? Io ho studiato ma ho poi lasciato perdere l’esame)
Finché si sta per poco (o solo con le persone con cui vuoi stare veramente) certe visite possono passare indolori 😉
Buon viaggio!
Sono in Italia anche io in questi giorni e non faccio che sentirmi più straniera qui che in Scozia. Sarà anche che sto affrontando un momento molto difficile della mia vita in cui non ho più punti di riferimento, ma la sensazione di estraniamento è molto forte. Sto ponderando molto sul trasferirmi altrove ultimamente ma, nonostante abbia già fatto il grande passo, questa volte mi incute molto timore.
È normale che incuta timore, Marta. Ma questo non vuol dire che non si possa fare, quando passerà questo momento di spaesamento (o anche durante, per me ha decisamente funzionato) 😉
Ti abbraccio forte!
Tra poco più di un mese torno una settimana in Italia anch’io, è la prima volta da quando sono partita! A differenza tua questo per me è stato il primo trasferimento in un’altra città, perciò è una situazione del tutto nuova. Vediamo un po’… 😀
Poi mi farai sapere Claudia!
PS. hai chiuso il tuo blog?
Si, non riuscivo a seguirlo! Troppi progetti tutti insieme, ho fatto qualche scelta 🙂 Ti farò sapere come va il mio rientro in italia in solitaria 😀
Bello questo post, in cui hai sintetizzato il tuo percorso di vita e anche il percorso del blog. Per chi come me ti segue da molto è stato un bel modo per fare un tuffo nel passato, un po’come le tue camminate in Sardegna.
Ed è bello riscoprirsi e vedere quanto siamo stati bravi e quanto siamo cambiati nel corso delle nostre avventure!
Sempre complimenti per la tua tenacia!
P.S. A me comunque un po’manca la scatola di fiammiferi…
Grazie Stefano, anche a me manca molto la scatola di fiammiferi…un anno fa esattamente la lasciavo 🙁
Mi ritrovo in casa (la casa dei miei, vivo ancora con loro) da solo, in un weekend dove sono tutti fuori. La televisione non tiene più compagnia, la musica distrae dai pensieri fin quando non premi stop, sfogliare per ore la home di Facebook per controllare chi ha fatto cosa cercando di intetessarmi a quello o a quell’altro fatto non mi va più.
Il 90% delle conversazioni di WhatsApp rimangono lì mute, a meno che non sia io a scrivere.
Fino a qualche anno fa tutto ciò mi avrebbe pesato, mi avrebbe portato a pensare che ero io a sbagliare, che qualcosa che non andava c’era ma era dentro di me.
Oggi no, non più. Nell’ultimo anno sono cambiato più di quanto non abbia fatto in 25 anni della mia vita. Sono cambiate le mie priorità, la mia indipendenza mentale, il mio approccio alle cose e alle persone soprattutto. Laureato con un paio di anni di ritardo, ho preso il fatidico pezzo di carta che tutti osannano.
Ho trovato un lavoro, nessun posto fisso, ma in fondo nemmeno lo cerco, un buon stipendio, ad 1km da casa, tutto quello che si può volere..ma chi?..chi può volere tutto questo? Io ho capito che non mi basta. Non so ancora cosa voglio, ma comincio a definire ciò che NON VOGLIO…spero che questo sia un buon punto dove partire.
Sì partire, partire mi va, fuori, la lingua l’inglese, l’estero, vorrei provare, vorrei capire se LO VOGLIO.
A agosto mi scade il contratto, non voglio firmare il rinnovo, tutti mi dicono che é sbagliato, io NON VOGLIO.
a settembre voglio prendere un volo, che mi porti lontano, basta la volontà?
(Scusa lo sproloquio e grazie per questo post che mi ha tenuto compagnia in questo sabato mattina, dove un po’ la solitudine si é fatta sentire).
Ma figurati, qui non ci sono limiti di spazio per gli sproloqui 🙂
Secondo me ti sei già risposto da solo, se non lo vuoi, nessuno ti può obbligare a volerlo.
Ad agosto ti scade il contratto, cosa perdi a dare una chance a questa voglia di metterti alla prova in un nuovo contesto?
Provaci, poi dimmi come va 🙂
Ciao Giulia, non immagini quanto mi sia rivista nelle tue parole. Io ho ricominciato da sola e da zero cinque anni fa in Inghilterra. Alle spalle luoghi e situazioni che mi stavano stretti, e una ferita da curare lontano da tutti. Il dono più bello che abbia fatto a me stessa. Sono rinata, a trent’anni.
Ciao Katy, beh allora direi che abbiamo una storia veramente molto simile!
Io quest’anno a ottobre compio 6 anni di “rinascita”, sono bei traguardi 😉
Ciao a tutti ! Io ero pronta di trasferirmi in un’altra città da tanto tempo ma avevo tante difficoltà da farlo. Adesso ho riuscito a ne risolvere tante, ho trovato un lavoro alla capitale del mio paese (scusate per il mio italiano, vorrei tanto lavorare con gli Italiani un giorno, mi piace la mentalità, la sonorità della lingua, l’architettura delle città italiane). E non so perché ora ho tanto paura di cambiare la mia vita che non mi va certamente. Però sento un grande timore di non riuscire a fare tutto da sola. E poi ci sono due creature nella mia risponsabilità: la mia figlia di 9 anni e un gattino di 9 mesi
Grazie per aver condiviso la tua esperienza, Olga. Buona fortuna per tutto! <3