I miei genitori non sono mai stati grandi viaggiatori fino a quando non ho iniziato a viaggiare io. Iniziarono a venirmi a visitare quando studiavo in Toscana, si sentivano già a casa loro a Milano, e poi hanno finalmente sconfinato verso il centro e nord Italia, Francia e Germania, lanciandosi anche in viaggi che non fossero giustificati da una visita alla loro figlia vagabonda.
Sono ormai esperti di prenotazioni fai-da-te con le compagnie low cost, la traversata Cagliari-Girona per loro non ha più segreti così come il mistero dello stretto indispensabile nelle valigie Ryanair, Barcellona è ormai diventata seconda casa.
Ci sono dei segnali inequivocabili del fatto che i miei sono arrivati in città e che si ripetono ogni santa volta…
Di solito vanno in quest’ordine:
La telefonata dell’arrivo.
Quella necessaria per le coordinate, che normalmente parte mentre loro sono ancora in metro.
Si svolge sempre nello stesso modo: io li chiamo dall’ufficio per sapere se sono arrivati sani e salvi e loro non sentono la suoneria del cellulare.
Mi richiamano dopo 10 secondi e iniziamo la fase dei “dove siete?” “siamo in metro” “ma in metro dove?” “andiamo verso casa tua, dove hai lasciato le chiavi?” e qui la conversazione può durare variabilmente dai 30 secondi ai 15 minuti (la seconda opzione è più plausibile) in base al luogo in cui ho lasciato le chiavi.
Se ho fatto in tempo a consegnarle all’agenzia immobiliare andiamo ormai abbastanza sciolti (sanno dov’è, conoscono la procedura), se invece ho dovuto portare le chiavi al lavoro con me – come stavolta – c’è la gran trafila del “com’è che arriviamo alla clinica? non ti sento, c’è rumore, puoi ripetere? mannaggia…piazza di Spagna e poi? non ti sento (ad libitum)”.
Normalmente ce la facciamo, alla fine.
Si, abbiamo già stabilito che è ora che faccia un’altra copia delle chiavi che loro potranno portarsi dietro sempre.
La cena del primo giorno
Di solito i miei genitori arrivano sempre in un giorno lavorativo, quindi ci re-incontriamo alla fine della mia giornata in clinica, giusto per l’ora di cena.
Voi penserete che con tutti i ristoranti che ci sono a Barcellona, ci sarà solo l’imbarazzo della scelta.
Eh.
Io inizio a proporre una cosa tipo “per stasera avevo pensato a un locale molto carino nel Gotico dove fanno tapas…”
Subitanea interruzione paterna “no tapas no, dai“.
Ok, “di cosa avete voglia allora?”
Madre: “mah, non è che abbia tanta fame…abbiamo comprato il pane fresco vicino a casa tua…e poi la frutta…”
Insomma, normalmente loro arrivano che hanno la pancia piena, e io morente di fame mi scervello per trovare il tipico locale bueno-bonito-barato dove ci possiamo sentire tutti a nostro agio.
Non sempre è facile, ma ieri sera ho vinto con La Báscula, un locale di cucina vegetariana allestito in un’ex fabbrica di cioccolato nel quartiere del Born e gestito da una cooperativa, esattamente il tipo di locale freak che piace a me e dove si mangia pure bene. Il socio argentino con moglie italiana ci ha rimpinzato con amore e l’abbiamo finita a parlare con lui di come in Puglia preparano i fichi secchi ripieni di mandorle.
Il ritorno a casa tutti insieme
Come dicevo i miei hanno sempre a disposizione il pomeriggio del loro arrivo per riposare, mangiucchiare e sistemare le loro cose dando l’impressione che nel mio appartamento sia scoppiata una bomba. Quando, dopo la cena, torniamo a casa la mia prima sensazione è di oppressione: colpa mia che vivo in una scatola di fiammiferi, dove già la presenza di una persona in più si nota, se siamo in tre si inizia a respirare meno.
Con una pazienza zen che ho affinato nel corso delle varie visite, sposto i miei libri, una sedia, un trolley, e apro il divano-letto lasciando a loro il letto matrimoniale di camera mia.
Così loro stanno tranquilli e io posso scrivere fino a tardi.
Il frigo pieno
Non avete idea, o forse si se avete esperienza di madri in visita.
Mia madre è la regina del metto nel trolley la qualunque.
Due immagini renderanno meglio l’idea, per capirci su quello che lei è in grado di far passare con maestria alle dogane aeroportuali:
E non è finita qui:
Il bagno che si riempie di nuovi prodotti.
Non tutto è cibo quel che entra nel trolley, no no.
Come si evince dall’immagine ci sono anche le collezioni di vaschette ideali per congelare/cuocere le lasagne al microonde, più qualche immancabile prodotto per la cura del corpo: questa volte sono arrivati un dentifricio naturale all’argilla e arnica, un shampoo senza alcol al timo e un flacone da un litro e mezzo di bagnoschiuma alla rosa mosqueta.
Ancora non sono riuscita a consumare le tre confezioni di sapone intimo alla camomilla, inseriti nel trolley post estivo.
È un dato di fatto che presto tutti questi prodotti prenderanno possesso della mia scatola di fiammiferi, sfrattandomi a vivere su una panchina in spiaggia.
Con queste caloriche premesse, inizia il weekend lungo con i miei.
Ora sono curiosa di sapere se anche voi quando ricevete familiari in visita vivete sempre con stupore il ripetuto prodigio della moltiplicazione del cibo in frigo.
Per ora non ho ancora ricevuto visite ma ogni volta che scendo mia madre vorrebbe infilare nello zaino qualsiasi cosa, se avessimo delle galline vorrebbe metterci pure quello, scommetto, al suon di “un ovetto fresco fa bene!”
ahahah, oppure potrebbe adottare il buon vecchio metodo della gabbietta coi pulcini da portare sul bus…
Che belli questi piccoli assaggi di casa. Quando vivevo a Londra mia madre mi mandava le lasagne surgelate da Reggio Emilia. Purtroppo ha provato a farlo anche quando vivevo in Australia… non è finita bene 😉
eheheeh immagino che abbiano dovuto soffrire un po’, povere lasagne 🙂
Bellissimo post. L’ho vissuto per anni, quando studiavo a Torino e tendenzialmente tutti i weekend tornavo a casa: mia mamma mi riempiva di ogni ben-di-dio, senza preoccuparsi che la valigia potesse pesare un quintale (soprattutto quando viaggiavo in treno, il peso faceva la differenza).
Col senno di poi, posso dire che mi manca molto questa cosa: ai tempi erano discussioni continue, lei si arrabbiava quando le lasciavo qualcosa. Oggi se mi riempie di cibo, non le dico più nulla, accetto e porto via. W la mamma che riempie il frigo!
Anche noi figli cresciamo e impariamo ad assecondare con piacere alle piccole manie materne, a me questa evoluzione piace.
Sono d’accordo, anche a me piace questa evoluzione.
Buona giornata!
situazione identica qua! e però dopo tanti anni all’estero comincio anche a non vedere il senso di tanto trasbordo di cibarie visto che ormai si trova quasi tutto quasi ovunque (non proprio la stessa cosa certo, però si sopravvive eh). Solo che ho idea che serva quasi più a lei mandarmi prodotti vari, è un modo di prendersi cura di me…dunque la lascio fare: parmigiano, bresaola, ricciarelli, e sì, pure le sfoglie fresche per la lasagna…Ah, mi mandava i cuki in alluminio e il sapone intimo perché in Germania erano introvabili!
Infatti stavolta ho fatto conoscere a mia madre il supermercato del pakistano che ha iniziato il redditizio business dei prodotti italiani a prezzi italiani. C’è di tutto e di più, e ha già solennemente deciso che la besciamella non la porterà più, tanto ce l’ha quel supermercato lì 🙂
[…] ormai una routine consolidata, così come le sue valigie piene di prelibatezze italiane! (guardate qui se non ci […]
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[…] solito finisce così il rituale dello svuotamento della valigia materna sul tavolo della mia cucina. Non è questo il momento di dilungarmi nelle fasi precedenti, ma […]