Quando vivevo al Nord Italia la domenica sera ero sempre preda di un magone allucinante, l’idea che il lunedì fosse alle porte era rigettata da ogni fibra del mio corpo.
Non amavo andare a lavoro, iniziare un’altra volta – come in una ruota da criceti – la routine della settimana, sempre uguale a se stessa, sempre tesa alla pausa del fine settimana, mi sentivo vuota e in lento spegnimento. Il lavoro non era decisamente quello giusto per me, alcuni mi ripetevano cose come “quando un giorno troverai il lavoro giusto per te, non proverai più questa situazione di scoraggiamento all’idea del lunedì“.
Guardavo con odio queste persone che mi parlavano del “lavoro ideale”, come se veramente anche chi riesce a realizzare il lavoro dei propri sogni non viva mai momenti di rifiuto. Solo dopo ho capito che quello che mi buttava tanto giù la domenica sera era la ruota che girava, la sensazione di non andare da nessuna parte se non macinare kilometri senza prospettive.
Erano perlomeno prospettive che non c’entravano niente con me e con l’idea che avevo della mia vita adulta.
Ho quindi i campanelli d’allarme molto affinati nel riconoscere i segni di burn-out lavorativo e cerco di correre ai ripari non appena li sento.
Riconosco che è meglio fermarsi un attimo quando:
– una risposta poco cortese da parte di una paziente riesce a rovinarmi un’intera giornata
– non riesco a trovare energie per parlare di cose negative al telefono: test di gravidanza andati male, problemi in gravidanza, documenti amministrativi che non arrivano… mi rifugio dietro una mail, ma al telefono no, non ce la faccio
– inizio a vedere nelle persone intorno a me millemila difetti e poi analizzo con calma il fatto che io ne abbia tresmilmila più di loro, in un discendendo di autostima in cui tutti siamo brutti e cattivi tanto che non vale manco la pena intrattenere una conversazione con persone fuori dal mio corpo
- manco puntualmente gli appuntamenti settimanali in palestra, crogiolandomi nell’ansia e nella pigrizia, in un vortice di senso di colpa che ha come unico effetto quello di ancorarmi ancora più forte alla sedia di casa mia
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la mia schiena è un ammasso di nervi e muscoli incazzati che quando meno me l’aspetto si convertono in un torcicollo bloccante o in dolori lombari che manco mia nonna
Che fare?
Per il momento aspetto, nella più classica delle procrastinazioni.
Aspetto che il nervoso passi, aspetto prima di decidermi a fare un altro chiromassaggio, aspetto di trovare in rete l’illuminazione che mi faccia uscire dalla ruota.
Lo so che non è la strategia giusta, eh, le cose migliori della mia vita le ho ottenute alzandomi dalla sedia, non aspettando.
Eppure ecco, per il momento sono sopravvissuta al lunedì, e a fine giornata rivolgevo pure la parola a chi mi si avvicinava, lo considero un buon traguardo per il momento.
no tesoro no, rinunciare alla palestra no. te lo dice una che ha la tentazione di rinunciarci tutte le sere e tutte le sere dice “no, col cazzo, invece ci vado”. che leva un sacco di pensieri la palestra, specie se fai un po’ di boxe 😉
hai più forza di volontà di me! …ieri mi sono dovuta prendere virtualmente a calci per andare a nuotare, l’effetto dopo è sempre benefico, e lo so…però la strada casa-palestra sembra sempre cosí lunga! 😀