Una grande liberazione del vivere a Barcellona, è il non dover sentire l’estate come un’obbligazione. Una cosa mi irritava tantissimo durante i miei anni di vita in ufficio a Milano: il tormentone del “dove vai in vacanza?” e il fatto che da questa domanda dipendesse parte dell’idea che i colleghi si facessero di te. Argomento portante delle conversazioni alla macchinetta del caffè da maggio a luglio, i colleghi snocciolano progetti di vacanze, itinerari, aggiornamenti dettagliati sugli acquisti necessari per affrontare il viaggio esotico o la fatica del trovare una casa-vacanze in affitto in Sardegna ad agosto. Tutto questo parlare di vacanze con così tanto anticipo rispetto alle due settimane che devono obbligatoriamente essere usate fra luglio e agosto, crea un’aura di aspettativa da animale in gabbia che attende con impazienza i suoi giorni di libertà dopo un anno di prigionia sotto al neon.
Durante i miei anni milanesi, la mia risposta a questa domanda è sempre stata “vado in Sardegna”, e questo metteva a tacere le curiosità. Tutti soddisfatti, fa sempre abbastanza figo andare sull’Isola (anche se per me non era esattamente l’ideale universale di vacanza).
Quando finalmente gli angeli cantavano e le porte dell’ufficio si spalancavano sulle ferie, a poche ore dalla partenza del traghetto, loro mi salutavano così: “Mi raccomando divertiti, ti vogliamo vedere abbronzata al rientro!”
Ora che non vivo più in terra italica, mi rendo ancora più conto di quanto il tema tintarella sia uno dei preferiti dagli italiani. L’abbronzatura diventa uno status, un segno di identità, una mania che può sfociare in isterie collettive di gente che si prepara alle vacanze comprando pacchetti di 10 sedute di lampade solari – non sia mai che all’arrivare in spiaggia ti scambino per una persona che ha appena spento il computer dell’ufficio nel Nord Italia.
Per noi emigranti dalle isole e dal Sud, c’è poi la seconda fase del giudizio in terra natale. Al nostro arrivo, finita la fase dei baci abbracci e saluti alla famiglia, l’occhio vigile di tua nonna, o di qualche zia, o della tua stessa madre, si poserà subito sul colorito della tua pelle, gli occhi si faranno compassionevoli ed ecco la frase che inaugurerà le tue vacanze: “Ma quanto sei bianca. Ora ti fai due belle settimane di mare così riprendi colore, che sembri malata“.
E carica della responsabilità di toglierti di dosso il colorito spettrale che tutti per le strade del paesello sembrano additare, ti appresti a dare il meglio di te per tornare al Nord con la tonalità giusta, quella che dimostrerà a tutti che ti sei divertita un sacco, in vacanza, non lo vedono come sei diventata nera? Eh? Eh?
Scadute le due settimane di libertà, la tua figura si staglierà nuovamente sotto le luci del neon e loro saranno lì, a scrutarti attentamente, pronti a sentenziare sul tuo livello di abbronzatura (e a rendere ancora più difficile un momento già difficile di suo).
Ma come mai non sei tanto abbronzata?
Pensavo che due settimane di mare ti facessero più nera!
Ma hai paura del sole?
E lì scatta il confronto pelle contro pelle, discussioni edificanti su quanto il sole della Puglia sia più forte di quello siciliano, di quanto il colore della sabbia sia fondamentale nel perfezionare la tonalità scura della pelle – sai, il riflesso della luce sulla battigia… – senza mai dimenticare il fondamentale utilizzo di una crema solare che non rovini l’abbronzatura, eh.
Per me era un’ansia, ‘sta cosa di dovermi abbronzare.
Anche quando riuscivo a raggiungere un colorito ragguardevole, non me la passavo meglio. Perché in quel caso si apriva il copione-invidia.
Che invidia, ma dove sei stata?
Che stronza, presentarti così abbronzata quando io sono già tornata bianca!
Vedrai, una settimana sotto il neon e con aria condizionata, e questo bel colorito scuro si stinge in un attimo… [grazie eh, e comunque era vero]
Tutte queste conversazioni post-vacanziere sono finalmente diventate un aneddoto.
Qui alla gente non gliene frega una cippa.
La vicinanza del mare risolve in partenza gran parte del problema, ma se anche decidessi di passare i 3 mesi estivi a evitare il sole e la colorazione epidermica, nessuno mi farebbe sentire scomoda per questo.
Devo riconoscere che uno dei fattori più piacevoli della vita a Barcellona sia quello di non sentirsi giudicati.
Non al livello italiano, per lo meno. Lungi dall’essere perfetti (ma molto lungi), i catalani sanno vivere con una nonchalance e un così basso senso del “dover piacere” che quella sensazione di ansia da prestazione che vivevo spesso in Italia è in via di affievolimento, finalmente.
Per te:https://chiarachiarissima.wordpress.com/2015/09/15/nominata-al-dragons-loyalty-award/
Buona giornata!
Grazie! 🙂 Buona giornata a te!
ah su questo argomento non posso esimermi. Io sono bianchissima e soffro di allergia al sole e per tutta la vita mi hanno rotto i coglioni in merito. Da chi mi apostrofava apertamente come troppo bianca per mettermi le gonne a chi sghignazzava per le mie scottature. Da quando vivo al nord ho un problema in meno! Non solo perché i visi pallidi qui sono di più, ma anche perché manca l’ossessione che dici, vacanze=abbronzatura. Però ti giuro, avrei accomunato la Spagna all’Italia sotto questo aspetto, e invece tu guarda!
Tu giochi senz’altro con vantaggio, in terra nordica! 🙂 Nel post ho evitato appositamente di parlare di Spagna in generale, e mi sono limitata a parlare di Barcellona e catalani…perché non giurerei che lo stesso discorso si possa fare in altre parti della Spagna (mi viene in mente l’Andalucia dove sì che l’apparenza viene curata tantissimo, per dire). Qui penso si trovi così tanta eterogeneità di abitudini e modi di essere, che la sensazione di libertà dal giudizio si sente molto. Per me, per lo meno, è stato un gran cambiamento.
In tanti paesi del mondo vivono con “sciallo”. Solo in italia siamo competitivi soprattutto sulle cose di poco senso. E l’abbronzatura è una di quelle. Io poi che sono piuttosto chiaro di pelle, non divento scuro neanche se mi metti per 3 mesi ad abbrustolire sotto il sole delle Maldive (ma piuttosto divento un gambero), oltre al fatto che noi tendenzialmente facciamo vacanze non marittime. Insomma, il mio ritorno è sempre stato contrassegnato dalla domanda “ma sei stato chiuso in casa?”. Che palle.
Ma che palle, veramente. Competitività su cose di poco senso, hai detto il giusto.
Direi che a Madrid è anche come a Barcellona, nessuno se ne frega della abbronzatura anche se devo ammettere che le storie di ufficio sono le stesse, tutti in gabbia in attesa della apertura delle porte per le vacanze…
A me non piace andare in spiaggia (si, proprio cosi), come massimo fare la passeggiata vicino al mare, ma l’idea di stare sotto l’ombrellone non mi seduce per niente. Ho la pelle molto bianca, mi brucio anche se metto la crema, e non sopporto le spiagge strapiene di gente… Mi piace di più fare la passeggiata sulla savia in autunno o primavera.
Poi sono arrivata a Trieste, qua andare a prendere il sole è quasi un obbligo, ho visto colleghi diventare arancione più che abbronzati di tante ore che passano sotto il sole (oppure andando in quelle cabine UVA). Non si può dire che ci sia una vera spiaggia a Trieste, per lo meno no per una spagnola abituata a la savia. Se pensi che non mi piaceva andare in spiaggia in Spagna, figurati qua che mi trovo cemento e piastrelle vicino al asfalto della strada costiera, con scale per entrare in mare…
Devo quindi sopportare commenti sul mio colore “bianco fosforescente” e poi, quando torno delle vacanze in Spagna, come mai torno ancora bianca?! come dice Stefano, sei stata chiusa in casa?!
Non capivo l’importanza dell’abbronzatura a Trieste, adesso ho capito che è cosa addirittura italiana… ma che palle!!
Cara Mari, mi sa che è proprio un’atteggiamento tutto italiano, si fa l’equivalenza abbronzato = bello. Il che a volte è vero, anche io mi piaccio di più quando sono abbronzata, ma trovo poco sana la ricerca dell’abbronzatura a tutti i costi…artificiale poi, pagare perché i raggi UVA mi colorino, no grazie! Voi spagnoli siete molto più “easy-going” in questo senso 🙂
Mamma mia che stress! Anche a Firenze, stessa cosa! Niente gonne o pantaloncini per una che ha la pelle chiara come me! I miei colleghi ridevano perché ero bianchissima anche ad Agosto! A me che il mare piace d’inverno, quando non c’è nessuno, e quando non devi stare ore in fila in autostrada per “rilassarti” al mare per un weekend.
Adesso vivo a Chester, vicino Liverpool, e qua sono tutti più bianchi di me. Nessuno mi stressa per l’abbronzatura, per come mi vesto o come non mi vesto. Le donne non entrano in competizione per vedere se hai la pelle più scura, al massimo entrano in competizione su quanto hai bevuto… ma questa è un’altra storia! 😉
ahahaha è definitivamente un’altra storia, ma sarebbe interessante approfondirla 🙂 ogni Paese ha le sue fisse, anche per quanto riguarda le discussioni da macchinetta del caffè!
Io rimamgo color malaticcio anche se sto al sole per tutta l’estate.. così mi risparmio i commenti dei parenti quando torno a casa i n Sicilia!
Almeno quelli sull’abbronzatura, meno male! 😀
[…] Eppure quello che prevale sulla mia bacheca Facebook sono le foto dei miei contatti sardi al mare. Che decantano i colori dell’acqua, onde che arrivano leggere sulla battigia, scogli da cui farsi il selfie perfetto. Come se si facesse a gara a chi pubblica il blu più smeraldino, la spiaggia che fa più invidia, la vacanza che genererà più like o invidie fra i colleghi continentali. Gli stessi che quando tornerai in ufficio ti controlleranno l’abbronzatura. […]
Ho vissuto per un po’ a Barcellona e confermo il fatto che alla gente non gliele freghi un cippa del giudizio degli altri 😉 e questo è davvero il bello! Come il tuo articolo 🙂
Grazie Babi! Sto leggendo or ora il tuo blog, che bella la tua visione di Barcellona!