Scene da una cena in famiglia (dov’è il vino rosso quando serve?)

dov'è il vino rosso quando serve

Torno in Sardegna per una toccata e fuga, festeggiamo un evento familiar-religioso. Una di quelle occasioni in cui il sacramento di per se passa in secondo piano, soppiantato dall’organizzazione del rinfresco, i regali, il trucco e parrucco di madrine e padrini, i tacchi alti, i papillon e la cena in famiglia.
Lo avrei evitato volentieri? Naturalmente sì.
È da qualche anno che ho deciso di slegare i miei viaggi in Sardegna agli eventi familiari giustificati da sacramenti “religiosi”. Ma questa volta ho dovuto fare uno strappo alla regola.

Quindi alle 20 faccio la mia apparizione nella sala noleggiata per l’evento. Gran parte della famiglia è già presente. Non so perché, ma non mi aspettavo che fosse un evento plenario. Sarà che ci ho pensato molto poco, ma non avevo tenuto in considerazione che mi sarei ritrovata a una cena con quasi tutti i miei 40 familiari. Sì, siamo una famiglia numerosa.

Il primo familiare che vedo è un esserino che dorme dentro il suo passeggino, avrà qualche mese di vita e non ho idea di chi sia. Ma i tratti del viso mi rivelano che è innegabilmente uno di famiglia. Cerco l’aiuto da casa e scopro che si tratta del primo figlio di mia cugina. Quella con cui non parlo dall’età della preadolescenza.

Mi addentro per la sala, saluto con due baci sulle guance chi trovo lungo il cammino, rispondo meccanicamente alle domande di rito.

Sempre a Barcellona, sì.
Sono venuta da sola, esatto.
Mi trattengo fino a martedì.
No, ho cambiato lavoro due anni e mezzo fa.
No, i figli li lascio fare agli altri, già.

La configurazione della sala è quella delle occasioni familiari, i soliti tavoloni di legno ricoperti dalle tovaglie usa e getta rosse e piatti di plastica a volontà. Bianchi e rossi, ovviamente.
Nella mia famiglia ci si formalizza poco, l’importante è riempirli, quei piatti.

Localizzo un tavolo ancora libero, prendo posto sulla panca di legno accompagnata dalla zia-giovane-che-più-giovane-non-è. Ci raggiunge anche una cugina che non vedevo dal giorno del mio matrimonio, 7 anni e mezzo fa.
Le nostre vite fuori dall’Isola non ci hanno permesso di incrociarci in tutti questi anni, ma sono molto felice di rivederla, mi è sempre stata simpatica. La vedo bene, nonostante abbia rotto da poco una relazione duratura: mi racconta che è andata a vivere da sola, in un mini appartamento di 35 mq che lei continua a chiamare la mia-non-casa, come se volesse giustificarsi di non poter fare di più.
Le faccio presente che sta parlando con una che a trent’anni compiuti ha divorziato, è emigrata da sola all’estero e che in 35 mq ci ha vissuto felicemente per 3 anni.
Si rilassa, mi decanta le lodi del vivere da sola, dell’avere finalmente uno spazio per se, dove incazzarsi contro il mondo o gioire della sua indipendenza, e non posso fare a meno di annuire empaticamente.

Ogni tanto mi distraggo osservando un bambino che corre fra i tavoli o che viene sollevato per aria da braccia adulte. Le loro faccine mi ricordano fotogrammi degli anni ’90, magliette a righe, raggi di sole in giardino e una zia spaventosa che ci rincorre con un tubo di gomma per sculacciarci; solo dopo essermi ripresa da quei flashback capisco che sono figli nuovi di un cugino.
Non so come si chiamino, ma li potrei riconoscere fra mille solo per il taglio degli occhi e della fronte.

Mi sale un groppo in gola e cerco del vino, ma trovo solo del rosato.
Me lo faccio bastare, pur non amandolo per niente. Ingollo due bicchieri di seguito mentre la conversazione al mio tavolo, che ora è popolato anche da altre donne della famiglia, verte sulle malattie di remoti conoscenti e sugli anni che mancano alla pensione.

Ma tu sei sposata, giusto?

sbotta a un tratto un’amica di una zia, che evidentemente si era persa dei pezzi.
Gli occhi si spostano su di me, un mini silenzio che spezzo subito con un sonoro e sorridente

No, sono divorziata

La signora domandona apre la bocca per un secondo, come se dovesse prendere aria, e mi risponde con un giro di parole tipo ecco, quindi per aver divorziato devi essere stata sposata, ricordavo bene.
Non capisco se ci è o ci fa.
Avrei potuto comunque dirle di sì e non sarebbe stata una bugia, ma seduta a quel tavolo di legno io sono un’altra persona, quella che loro vogliono vedere e liquidare con poche domande di rito.
Amen.

10 risposte a “Scene da una cena in famiglia (dov’è il vino rosso quando serve?)”

  1. Hai tutta la mia stima, io questi eventi familiari li ho sempre trovati insopportabili. Per non parlare poi dello shock di parteciparvi dopo un periodo all’estero, quando ci si era completamente staccati da queste dinamiche 😀

    1. Se presi con moderazione non sono così drammatici…ma sì, bisogna imparare a riderci su 😀

  2. Ci fa. Ormai ne sono certa. 😉

    1. E mi sa pure a me! 😉

  3. La zia ci fa, mi pare evidente 😀

    1. Per fortuna era un’amica di una zia, fosse stata una di famiglia stretta le avrei risposto peggio 😀

  4. Ma ormai non bisogna neanche più prendersela.
    Noi che abitiamo all’estero siamo diventate un aneddoto da raccontare. Le nostre vite, i nostri matrimoni, i nostri spostamenti… sono tutti capitoli da raccontare e giudicare davanti ad un caffè. Non ci devi rimanere male.
    La loro vita è fatta così.
    Quando sarai a casa tua a Barcellona penserai con affetto e gratitudine alla cugina che ti ha raccontato della sua ritrovata indipendenza e con una risata alla zia che doveva ricordarsi le tua vicissitudini personali per appuntarsele mentalmente. Sia mai che al prossimo caffè gli chiedano di Gigia, la nipote che era andata a stare in Spagna…

    1. Decisamente ormai ci ho fatto il callo. Anzi, per fortuna che sono arrivati questi tempi, in cui posso parlare del mio divorzio in famiglia ridendoci su. All’inizio vigeva la regola del tacito silenzio imbarazzato, quindi senza dubbio preferisco questa nuova fase. La prendo con molta più filosofia 😉
      La chiacchierata con la cugina invece sì, è stata proprio piacevole 🙂

  5. Sono anni che non partecipo a una cena di famiglia. Credo che potrebbe essere uno shock 🙂

    1. Mai dire mai! 😀

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