Qualche giorno fa ho fatto la conoscenza (virtuale) con Flaminia d’Aniello, una trentenne napoletana che ha girato un cortometraggio su un tema che ricorre abbastanza frequentemente su questo blog: le trentenni e l’orologio biologico.
Nei 6 minuti di questo cortometraggio si condensano tutte le domande di una trentenne che si sente “diversa”, ascolta le amiche che parlano di matrimoni e i giudizi degli amici e familiari che la vorrebbero vedere più normale. Sí dai che avete capito: con un matrimonio felice, un paio di bambini in carrozzina, un lavoro ben pagato. E invece la vita la mette di fronte ad altre situazioni, altri desideri, che cozzano nella sua testa e producono un fumo di pensieri sottile ma incessante, come un’esalazione del Vesuvio.
Sapere con feroce esattezza quello che non si vuole nell’istante presente, conta forse più di un bersaglio definito?
Mi guardo attorno a mi chiedo: forse l’orologio biologico si è gustato? E se non lo possedessi?
Di bambini e matrimonio non se ne parla (con chi affrontare questi passi, poi?) e le proposte di lavoro si riducono a offerte stagionali o stage non pagati.
Che cos’è diventato l’essere “normale” per una donna trentenne, al giorno d’oggi?
Considerando che questa parola, normalità, è stata eliminata dal mio vocabolario giusto quei tre annetti fa, mi sembra lampante che ormai siano sempre di più le donne che si sentono in preda ai fumi del dubbio su quello che devono/vogliono diventare.
A me piace molto la fine di questo cortometraggio. Da quel balcone napoletano si prende una decisione di libertà e indipendenza. E guarda caso proprio in quel momento arriva – chissà – la svolta grazie a cui iniziare a formulare risposte.
Quante volte abbiamo iniziato ad avere soddisfacenti risposte ai nostri dubbi solo dopo aver preso una decisione drastica, osteggiata da tutti?
Io credo proprio di non averlo, questo famigerato orologio biologico e, sinceramente, mi sono scocciata di sentirmi dire che “per una donna non e’ normale non volere dei figli”. E’ normale eccome, invece. Ognugno di noi nasce con talenti e caratteristiche diverse e credo che il desiderio di procrearsi non sia innato in tutti noi. Da che mi ricordo, io non ho mai avuto il desiderio di maternita’, nemmo da piccola, tant’e’ che giocare con bambole e bambolotti mi piaceva poco.
E’ triste che, nel 2015 (2016, quasi) ci sia ancora gente che pensi che la massima aspirazione di realizzazione di una donna sia sposarsi e fare figli.
Guarda Marta, secondo me già NON sentire l’orologio biologico e fregarsene altamente perché é qualcosa che non desideri…lo reputo una fortuna. È triste che siamo ancora giudicate per fare queste scelte, concordo. Ma alla fine, l’orologio nostro e ne facciamo un po’ quello che vogliamo 🙂
ciao,ti scrivo per la prima volta.Non capisco sinceramente l’enfasi che ultimamente viene posta sulle trentenni e il loro orologio biologico: io ho 57 anni ed ho avuto la prima figlia a 33 ed il secondo a 35.
L’unica differenza (non da poco!) all’epoca era la situazione economica: per il resto tutte le ragazze che avevano studiato ed avevano intrapreso una carriera recalcitravano alquanto all’idea dei figli, infatti tutte le mie amiche hanno avuto figli dopo i 30. Forte della mia esperienza, ti posso dire solo che crescere dei figli e seguirli anche quando sono già adulti è estremamente pesante e quindi più tardi si fanno, più fatica si fa
Ciao Elisabetta, grazie per il tuo commento e aver raccontato la tua esperienza 🙂 non credo che questo problema delle trentenni e dell’orologio biologico sia qualcosa di cui si discute solo ora, sicuramente anche 20 anni fa le donne perseguivano una carriera e posticipavano l’idea di procreare. Una grande differenza, secondo me, la fa ora la consapevolezza che posticipare la prima gravidanza possa essere “un rischio”, inteso nella difficoltà di riuscire ad avere un figlio. Cosa di cui prima magari si sapeva meno. Devo ammettere che il mio lavoro precedente mi ha aperto molto gli occhi su questo, e se prima ritenevo abbastanza normale il discorso del “Posso avere il primo figlio anche a 40 anni”, ora non lo vedo più così scontato. Tempo fa si era aperto un discorso interessante a riguardo sotto questo altro post: https://trentanniequalcosa.it/cronache-dalla-clinica/alla-ricerca-di-un-figlio-la-coppia-scoppia/
Volevo figli e ho cambiato idea, per tanti motivi, non ultimo il fatto che la differenza di età fra me e mia madre (35 anni) mi ha fatto male e non voglio mettere un eventuale futuro figlio nella stessa situazione. Forse sono un po’ drastica, ma ora la mia idea è questa. Spero solo che la voglia di maternità non torni a farsi sentire prepotentemente in futuro, quando sarà davvero troppo tardi…
Mi ha colpito molto questo tuo messaggio, ingegnerina. I rapporti con le madri possono essere difficili, purtroppo, e lasciarci dietro molte ferite che poi abbiamo paura di riflettere anche su un’eventuale futura prole, ti capisco. Però non so se questo debba essere legato all’età: al giorno d’oggi avere il primo figlio a 35 anni sta diventando molto comune…e mi sembra per il momento più sano a questa età che non 10 anni dopo, come ho visto fare alla Clinica di riproduzione assistita. Quanti bambini nascono da madri over 45, non hai idea! Come tutto questo poi si concretizzerà fra 20 anni, quando quei bambini cresceranno…beh sarà molto interessante da vedere. Comunque, sull’argomento desiderio di maternità è difficile avere un’opinione salda, siamo così variabili nel corso degli anni. Forse l’importante è crearsi gli strumenti per affrontare serenamente anche le conseguenze di eventuali nostre scelte su cui in futuro non potremmo tornare indietro.
Il mio orologio biologico si fa sentire molto da qualche anno a questa parte. La definirei una questione molto delicata per quel che mi riguarda. Da un lato c’è la natura che si fa sentire facendomi provare questo bisogno quasi impellente di dare la vita. Un vero privilegio se ci penso, una fortuna che ho e che mi sembra di non sfruttare al momento. Dall’altro la ragione e il cuore che mi mostrano la realtà del mettere al mondo un essere, quella con cui poi bisogna fare i conti, quella che non ti giustifica se non crei le condizioni giuste per farle vivere al meglio, condizioni che solo l’amore può garantire. Non farei mai un figlio in provetta, per intenderci, né col primo uomo che mi capita. Se dev’essere sarà con chi proverò un sentimento profondo e ne sarà la diretta conseguenza, indipendentemente dall’età o dal momento. Ho quest’unica certezza nelle mie intenzioni. Si è ancora più madri di chi è già madre nel prendere atto di tutto ciò. In ogni caso, in cuor mio, comunque, spero sempre che l’amore possa generare altro amore
È un bellissimo pensiero Linda, non riesco ad aggiungere altro, grazie 🙂
Ti ringrazio, Giulia. Il tuo modo di raccontarti è sublime, così come gli spunti di riflessione che lanci in questo blog. Fantastico il cortometraggio!
Grazie mille per il complimento Linda <3
Linda, anche io la penso esattamente come te. Era come sottinteso in quello che ho scritto sopra: se avessi voluto un figlio a tutti i costi, avrei fatto in modo di averlo prima che si creasse la differenza di età. In realtà non ho trovato la persona giusta. Magari quando la troverò la differenza di età non sarà un problema, ma questo è un altro discorso… Riprendendo quello che hai scritto tu, e ripensando anche alle peripezie di Giulia nella clinica, penso spesso al fatto che la nostra società, grazie alla ricerca medica e alla possibilità di dare alle donne un figlio anche in età avanzata e da padri sconosciuti ma in un certo modo “certificati”, abbia creato il diritto della donna di avere un figlio. Un diritto che a mio parere non ha molto senso. I figli sono persone, non cose che si comprano al supermercato o si ordinano su internet scegliendo giorno e metodo di consegna. Esiste il diritto del bambino di avere una famiglia, di avere dei genitori, di essere amato, quello sì, ma le donne non hanno diritto, semmai hanno la possibilità di avere figli. Talvolta questa possibilità viene negata, e allora forse si dovrebbe pensare a tutti i bambini che il loro diritto di avere una famiglia se lo sono visto negare e considerare un’adozione prima di tentare terapie ormonali e gravidanze con uteri in affitto. Su molte di queste cose parlo per esperienza personale, avendo un cugino e uno zio che sono stati adottati, e avendo provato sulla mia pelle quello che le terapie ormonali fanno al corpo di una donna (non esattamente piacevole…).
In aggiunta vorrei lanciare una provocazione. Se volessimo rendere la nostra società effettivamente paritaria, allora anche gli uomini dovrebbero poter parlare di diritto ad avere dei figli. Un uomo potrebbe affittare un utero e ottenere l’ovulo di una donatrice per poi crescere da solo il bambino che ha diritto di avere. Non mi si venga a dire che questo non è naturale, perché uteri in affitto, ovociti surgelati, e donatori anonimi non sono naturali ugualmente. E non mi si dica che è contro natura che un bambino cresca senza una madre, perché è ugualmente doloroso crescere senza un padre, e perché come può succedere che una donna resti incinta e debba crescere un figlio da sola, può succedere anche che un bambino perda la madre durante il parto o in tenera età e venga cresciuto solo dal padre. Chissà perché però del diritto degli uomini di avere dei figli non se ne parla mai…
Uh quanti spunti ingegnerina, ci sarebbe da dialogare per ore! Che dire, in quasi tre anni alla clinica ho riflettuto così tanto sul tema e molte volte litigando con me stessa, che non sempre è facile riportare tutto per iscritto. Sono d’accordo sul concetto di diritto alla maternità che molte volte viene allargato a dismisura, sfociando nella commercializzazione. Ribatto allo stesso tempo con tutte quelle donne, anche giovani, che perdono di colpo questa umana possibilità per una malattia che mette fuori uso il loro apparato riproduttivo, o le tante altre che soffrono di menopausa precoce o disfunzioni ormonali inconcepibili con la fertilità. Se la scienza al giorno d’oggi aiuta a superare queste problematiche purtroppo presenti, perché non approfittarne? Il tema dell’adozione l’ho affrontato più volte con le stesse pazienti, e non è così facile entrare nel processo e rimanerci fino alla fine, sia in termini economici che psicologici. Fosse per me, farei però la stessa selezione psico-economica richiesta per l’adozione anche alle pazienti di una clinica di riproduzione assistita, ma immagino non avrei molto seguito. Accolgo la provocazione dicendoti che non vedo come il demonio la possibilità per un uomo di far valere il proprio diritto alla paternità. Ma il problema commercializzazione anche qui è dietro l’angolo. Tempo fa ne avevo parlato qui: https://trentanniequalcosa.it/avere-trentanni/madri-surrogate-e-machismo-di-fondo/, mentre un esempio positivo sull’argomento lo da http://www.thequeenfather.com, non so se lo conosci.
[…] allora, dobbiamo o no sentirci un po’ in ansia per questo orologio biologico che sentiamo ticchettare ma non sappiamo se o quando vorremo assecondare? Il Ministero della […]