Non è mai un mese normale

perché non esiste un mese normale

Due anni fa mi sono salvata un articolo fra i preferiti. Si chiamata It’s Never a Normal Month (Non è mai un mese normale), ed è stato pubblicato sul blog di Help Scout, un’azienda che seguo per lavoro ma che alla fine scrive cose interessanti a prescindere dall’ambito professionale.

Ho letto questo articolo quando stavo vivendo a Genova, mi stavo innamorando della città ma, appunto, non c’era mai un mese normale. Economicamente normale, prima di tutto.

Il fatto è che da quando ho lasciato un ex-marito con un ridente futuro professionale, mi sono trasferita a Barcellona da sola e ho iniziato a vivere in un mini-appartamento come piaceva a me, ho potuto dar sfogo al mio essere. Iniziare a improvvisare davvero. Fare quello che mi piaceva sul serio. Cosa che includeva anche quella parte formica di me, con una laurea in economia mai usata ma che aveva goduto molto a imparare a riempire il libro mastro per l’esame di Ragioneria 1.

Poi la mia vita si è incrociata con quella del Guerriero, che di Ragioneria non si è mai interessato e ha sempre preferito il lato edonistico della vita, condito da molta saggezza, letture anti-capitaliste ed elucubrazioni filosofiche.

Non ci sono più stati mesi normali

Cioè mesi uguali a sé stessi, come quelli di quando vivevo a Milano. Quei mesi pieni di insoddisfazione lavorativa, brevi fughe bramate con tutta l’anima e l’idea che la mia vita dovesse essere solo quella che gli altri definivamo come “giusta”.
(che più mi guardo indietro più vorrei abbracciare la me del passato e farle coraggio)

A complicare le cose, a Settembre 2015 ho pure deciso di dare un calcio alla cosiddetta stabilità lavorativa e fidarmi di un gruppo di programmatori con una bella idea in testa e unirmi al gruppo. Il che ha implicato aprire una Partita Iva in Spagna, iniziare a lavorare da remoto ma anche riappropriarmi un po’ della me ragioniera che emette fatture e ogni tre mesi stringe le natiche in attesa del risultato della dichiarazione trimestrale delle tasse.

We have every intention of setting aside savings, but then life happens — we need to buy paint for the shed, or school uniforms for the kiddos, or Hamilton tickets — and then rationalize the extra spending by telling ourselves “Oh, that’s not a fixed expense, so next month will be different.”

La vita è quello che accade fra un imprevisto e l’altro.
Che sia economico o meno, alla fine è quello che rende la mia vita interessante.

Sono gli imprevisti, quel non avere la certezza di “dove saremo fra tot anni” che mi ha fatto rivalutare il mio stare al mondo oggi.
La sicurezza del binario unico, su cui mi sono messa a forza per qualche anno fino al 2012, non faceva per me.

Ma non è una passeggiata.
Ci sono diverse situazioni d’incertezza che non mi fanno stare tranquilla, a volte mi fanno dormire male la notte, e di cui non amo parlare perché non vale la pena far preoccupare gli altri.

Eppure non tornerei mai indietro.

La sfida delle 52 settimane e Monefy per tenere d’occhio le nostre finanze

Roadblocks are a given. That won’t change. There’s never going to be a normal month, a normal week, a normal day. Unexpected tasks will always be thrown at us, and there will always be valid reasons to address them.

Ecco, siccome gli imprevisti arrivano sempre, soprattutto quando si parla di soldi, quest’anno ho iniziato a seguire la #52weekschallenge.

Che sarebbe una specie di sfida con sé stessi per risparmiare ogni settimana una cifra crescente delle proprie entrate, e metterla da parte, fisicamente, in un salvadanaio.

Mi sono comprata un salvadanaio, celeste con la scritta “Vacation Fund“.
E la domenica ci metto dentro la cifra prevista dallo schema della sfida delle 52 settimane (più o meno: a inizio anno sono stata generosa e mi sono portata avanti, prima che arrivasse il saldo delle tasse del 4˚ trimestre 2018).

Seguendo il calendario come si deve, a fine anno mi dovrei trovare con 1378 euro nel salvadanio.

Non contenta, mi sono fatta sedurre da Monefy.

A novembre, su Twitter, durante uno scroll degli adorati #3fattidioggi (che se non sapete cosa sono, dovete leggere il post di Valentina che se li è inventati), leggo di una ragazza che si è scaricata l’app Monefy per monitorare le sue spese. E mi dico che forse è il caso che inizi anche io.

Venivo da una serie di mesi in cui il conto in banca gridava “Ma stai ancora prelevando?“, e ho iniziato a pensare che forse era il caso di capire dove stessero andando esattamente i nostri risparmi. Da novembre segno sull’app tutte le nostre spese.

Il risultato è carino, perché mi dà un’idea chiara di quale classe di spesa predomina nel mio portafoglio (spoiler: quelle relative alla casa) e di quelle su cui posso effettivamente lavorare.

resoconto monefy dicembre e gennaio

A me piace guardare le iconcine di Monefy e le percentuali che ne segnano l’incidenza sulle spese mensili.
A dicembre, nel riquadro a sinistra, oltre al 43% per la casa, il 10% dei nostri soldi è stato devoluto in regali, il 16% in bollette e il 13% in cibo.

A gennaio (riquadro a destra), finito il periodo dei regali, siamo tornati a un fantastico 55% di spese per la casa (idraulico incluso, perché appunto, gli imprevisti), 11% di cibo, 11% di bollette (ma ancora ne mancano un paio prima della fine del mese) e un soddisfacente 7% nella categoria “mangiare fuori“.

Che è la voce di spesa su cui abbiamo sicuramente più possibilità di miglioramento, visto che sia io che il Guerriero adoriamo mangiare cibi nuovi e non ci sappiamo trattenere di fronte a un ristorante etnico.
L’obiettivo è ridurre questa voce di spesa, o per lo meno tenerla d’occhio per non farci prendere la mano.

A cosa mi serve tutto questo?

Esattamente a ricordarmi quello che dice il titolo di questo articolo.

Che non esiste un mese normale. Non hanno senso le scuse del tipo “eh ma ci sono i regali di Natale“ o “questo è il mese della seconda rata della dichiarazione dei redditi“ o “mannaggia devo rinnovare il passaporto“.

Il mese normale non esiste, punto. Me ne devo fare una ragione. Perché ogni volta che penso che il prossimo andrà meglio, sarà la volta che la compagnia telefonica decide di fare di testa sua e addebitarti spese non dovute, o un dente inizierà a far male e bisognerà curarlo.

So let’s stop beating ourselves up because we “fell short” — instead, let’s create room in our schedules for the unexpected. When we learn to anticipate surprises, we get realistic about what we can accomplish, and stop robbing ourselves of a sense of accomplishment.

Come dice l’autrice dell’articolo, che amo rileggere quando mi sento una formica che non sa fare il suo lavoro di ragioniera, devo semplicemente imparare a fare spazio per l’inatteso.

Ad anticipare le sorprese, capire in quale area potrebbero fare più danni e preparare i cuscini in anticipo.

Cerco di iniziare l’anno adottando una visione realistica di dove posso arrivare, senza ammazzarmi di senso del dovere.
Che nel formicaio qui siamo solo in due, e facciamo quello che possiamo.

 

 

8 risposte a “Non è mai un mese normale”

  1. Osservando le spese dell’anno scorso, minuziosamente registrate in un antico foglio di Excel, quasi cado dalla sedia. Dopo le spese “normali”, la voce di costo più consistente era “Altro”, dove finiscono la maggioranza degli imprevisti.
    Però a differenza tua, l’idraulico sarebbe finito dentro alla voce “casa” perché la manutenzione della casa è data per scontata… non è affatto straordinaria, e poi ogni mese ce n’è una 😉

    Comunque anche per noi la ripartizione è simile, soprattutto per la curiosità culinaria.

    1. Anche il nostro idraulico è finito nella voce “casa”, in Monefy nemmeno uso la voce generica “altro”, perché sarebbe un calderone troppo profondo. La manutenzione della casa, almeno per il nostro contratto, non è tutta a carico nostro, anzi. Trattandosi di una casa restajrata ma piuttosto antica come costruzione, molte delle spese finiscono per essere comunque a carico della proprietaria. Però ecco, di sicuro mantenere sotto controllo le voci di spesa è importante!

  2. Un anno fa, discutendo con la mia metà che non riusciva a capacitarsi di come non riuscisse a metter da parte grosse cifre nonostante una vita quasi monastica, ho messo su un foglio Excel con spese ed entrate e mi sono davvero spaventata. Al terzo mese ho mollato tutto ma vedo il conto restare lì immobile da 2 anni e mi dico che qualcosa la devo pur fare.
    Proverò Monefy e che abbia pietà della mia anima dannata

    1. Mi hai fatto sorridere, Simo! Per usare una frase che ho scritto anche nel post precedente: siamo proprio sulla stessa barca! Prova Monefy e fammi sapere come ti trovi!

  3. laformicascalza dice: Rispondi

    Per me non è mai una settimana normale quando si tratta di andare in palestra o di leggere un po’ di più. Succede sempre altro, ma sto imparando piano piano a fare spazio

    1. Ci vuole esercizio anche per quello 🙂

  4. Allora, io sarò una voce fuori dal coro ma ho capito una cosa: si può fare la libera professione solo se l’altro ha un’entrata fissa o se c’è un’entrata fissa che arriva tutti i mesi (rendita da una proprietà, per esempio).
    Il vivere entrambi sulla ruota del criceto non lo consiglio a nessuno proprio per quello che dici tu. Già siamo una generazione bombardata da stimoli e richieste di attenzione, mettici in mezzo pure le scadenze, le spese impreviste e le chiamate del commercialista… meglio evitare! Ma soprattutto meglio evitare che si moltiplichino per due.
    Detto questo, hai pienamente ragione: non esiste un mese normale.
    Però ho di recente iniziato a leggere un libro illuminante “Nice girls don’t get rich”. Lo so che il titolo non è incoraggiante, ma il sottotitolo sì: “75 avoidable mistakes Women make with money”, è di Lois P. Frankel. L’inglese con cui è scritto è americano, ed è in sostanza una lista di consigli e spiegazioni per cui abbastanza facile da leggere e da interrompere per poi riprendere. Io l’ho trovato molto interessante.
    E comunque, rimane sempre da consolarci con il famoso proverbio “I soldi non fanno la felicità” 😉

    1. Eh cara, discorso lungo lunghissimo, ma diciamo che la mia scelta della libera professione (che poi nel mio caso è all’80% un lavoro fisso da remoto, mentre il 20% flessibile “freelance” viene da clienti extra) non è mai stata messa in discussione perché molto più redditizia di tutti i miei lavori passati [e ne ho fatti tanti, in 15 anni]. I soldi non fanno la felicità e possiamo esserne più o meno d’accordo; bisognerebbe parlarne anche con chi affitta gli appartamenti nelle grandi città ^_^

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