Il post di una delle tante influencer dei giorni nostri è riuscito a rovinarmi la lezione di yoga. Ci ho provato a inspirare ed espirare la rabbia che è bollita leggendo quelle parole poco prima di entrare in sala, ma non mi devo essere concentrata abbastanza. Continuavano a risuonarmi nelle orecchie fra un torsione e l’altra:
Non ho mai creduto nel femminismo. Ma credo nelle donne forti. […] Credo nelle alleanze con questi uomini che vengono da Marte ma che sanno essere di supporto […]. Credo che la rivoluzione migliore sia quella fatta da azioni gentili e cuori puri, aperti ad accogliere e a fare davvero la differenza. Senza troppe elucubrazioni ma in maniera diretta e legata solo a ciò che si ritiene giusto per poter vivere una vita felice e appagante, secondo i criteri dettati dai nostri sogni.
Capite, non saprei nemmeno da quale frase iniziare.
Inspiro ed espiro, forte, più forte cerco di tersionare il busto e lasciarmi andare alla flessibilità della colonna vertebrale.
Ma il mio corpo non ne vuole sapere, mentre la mente continua a gridare: in che senso non credi nel femminismo?
In che senso non sei femminista?
È una domanda che negli ultimi anni ho posto spesso a diverse persone.
Per vedere l’effetto che fa e capire in che senso una persona può affermare di non credere nella rivendicazione dei diritti delle donne.
In che senso si può affermare di non credere nella completa emancipazione della donna sul piano economico, giuridico e politico?
In che senso si può affermare di non credere che sia necessario abolire i ruoli che vengono tradizionalmente attribuiti alle donne e riequilibrarli con quelli attribuiti agli uomini?
Sono tutt’orecchi.
L’effetto che queste domande fanno, di solito, è una serie di balbettii e un debole ribattere.
Qualcosa tipo ma io non ho mai detto di non credere nella rivendicazione dei diritti delle donne.
Ma vi dò una cattiva notizia, cari voi che non credete nel femminismo: l’avete detto, perché quando parliamo di femminismo, è di rivendicazione dei diritti che stiamo parlando. È il significato della parola femminismo.
In che momento la parola femminista è diventata una parolaccia?
Che sia stata strumentalizzata, vituperata da movimenti politici, narrazione dei media, influencer dell’ultima ora, aziende che hanno decisa di alzarla a vessillo della loro ultima campagna di marketing, non ci piove.
Ed è molto grave. Perché la parola femminista, il definirsi femminista, è spesso ancora qualcosa da guardare con sospetto o irrisione. Succedeva anche prima, eh: non è che le femministe degli anni ’60 se la siano passata meglio.
Ma al giorno d’oggi, 2019, nessuna scende in piazza a bruciare reggiseni o a decantare la bellezza di un mondo senza uomini. Il femminismo non vuole questo, il femminismo non è questo.
Essere una donna consapevole, indipendente, autodeterminata, implica essere al corrente del significato della parola femminismo. E non aver paura a definirsi femminista.
Essere un uomo consapevole, alleato, autodeterminato, implica essere al corrente del significato della parola femminismo. E non aver paura a definirsi femminista.
Siccome non sto facendo un discorso rivolto alle sole donne, reitero la domanda specificando meglio:
In che senso, uomini e donne del 2019, non credete nel femminismo?
Cosa avete paura di perdere?
Chi vi ha spaventato, e in che modo?
Con quale coraggio, in un mondo in cui ancora dobbiamo parlare di gender gap, carico mentale, diritti delle donne negati in molte parti del mondo, discriminazioni quotidiane ai danni di donne appartenenti a minoranze etniche o sociali, con quale coraggio, dico, affermate di non credere nel femminismo?
Credo sia possibile pronunciare queste frasi solo in due circostanze:
- Quando lo si fa dall’alto del proprio piedistallo di privilegio, senza rendersi conto di cosa ci sia al di fuori della propria nuvola;
- Quando non si ha ancora preso coscienza e si vive lo status quo come qualcosa di normale, nell’ignoranza del significato profondo delle proprie parole (di quelle che si dicono a voce alta o si scrivono su un social).
Con i cuori puri ci beviamo un caffè a merenda
Perché anche basta con questa dicotomia fra le femministe cattive e arcigne che vogliono la rivoluzione a tutti i costi e i cuori puri delle donne gentili che si conquistano un posto nel mondo a suon di hygge e like su Instagram.
Non siamo tutte uguali.
Non siamo tutte figlie di famiglie che hanno riconosciuto il valoro delle studio, della formazione, della libertà di scelta; non siamo tutte donne che “se vogliamo possiamo“; non siamo sempre gentili, diciamo le parolacce, ci incazziamo quando ci fanno un torto, ma non tutte abbiamo la possibilità di comunicarlo; non tutte abbiamo un lavoro che ci permette di sentirci indipendenti da partner e famiglia; non tutte abbiamo attorno uomini alleati, che ci supportano e sostengono nelle nostre scelte e nei nostri errori. Non siamo tutte uguali.
E soprattutto non siamo ancora tutte uguali agli uomini.
Finché questi concetti non saranno cristallini, assodati, parte del sentire comune di uomini e donne, ci sarà ancora bisogno di chiederlo: in che senso non credi nel femminismo?
—❤︎—
Intanto ecco delle letture consigliate per chiarire meglio di cosa stiamo parlando, poi mi calmo:
Dovremmo essere tutti femministi, di Chimamanda Ngozi Adichie
Dalla parte delle bambine, di Elena Gianini Bellotti
Tutte le ragazze avanti!, Autrici Varie
Manuale per ragazze rivoluzionarie, di Giulia Blasi
Invisible Women: Exposing Data Bias in a World Designed for Men, di Caroline Criado Perez
Che bello leggerti! Perdona il commento banale, ma hai una scrittura davvero piacevole e argomenti interessanti.
Per quanto riguarda il femminismo, condivido quello che hai scritto e penso che il termine stesso denoti una disuguaglianza sociale che è ancora difficile da ammettere. Se non ci fosse disparità fra i sessi questa parola non avrebbe ragione di esistere ed è forse per questo che a volte è difficile utilizzarla. È una parola che sottolinea la lacuna, il gap di genere appunto, non quello che si dovrebbe raggiungere, l’uguaglianza e libertà al di là di ogni categorizzazione.
Nota: lavoro per una charity “femminista-ambientalista”, ma penso a me stessa come ad un individuo che ha (o dovrebbe avere) le stesse opportunità di chiunque altro, perché alla fine l’obiettivo è quello, andare al di là dei generi e valutare chiunque sullo stesso piano senza partire da -1.
Grazie mille, Clyo 🙂
Mi piace molto il tuo pensiero, probabilmente una delle ragioni per cui molte petsone non amano parlare di femminismo è proprio la difficoltà di doversi scontrare e ammettere le tante ingiustizie e disparità.
Il fatto è che ti sei fatto prendere il nervoso per una che non lo meritava affatto. Molto probabilmente, come hai giustamente sottolineato tu, lei (e chiunque faccia un discorso del genere) ha preso una parola importante per farci un discorso sciocco e superficiale e senza chiedersi il vero significato del termine.
E’ normale arrabbiarsi quando le persone usano le parole senza sapere cosa significano, io lo faccio tutti i giorni, più volte al giorno. Purtroppo però ad un certo punto bisogna allargare le braccia.
Hai presente quando a scuola in classe c’erano quelli scarsi, quelli che non studiavano e non erano neanche propriamente stupidi, erano solo pigri e svogliati. Fare un discorso con loro era una perdita di tempo perché buttavano qualsiasi argomento serio in vacca con una battuta o una frase trita, ascoltata chissà dove e ripetuta senza pensare.
Ecco, quelle persone lì adesso sono sui social e con più o meno seguito dicono le stesse cose: senza approfondire, tanto per dare aria alla bocca, senza riflettere.
Non te la prendere, perché il femminismo non hanno la più pallida idea di cosa sia ma soprattutto non gli importa minimamente scoprirlo.
Ti abbraccio!
Forse è proprio quello, che mi scoraggia. Gli studenti scarsi, pigri e svogliati, al massimo trascinavano un paio di persone come loro, che potevano eventualmente rinsavire entro la fine dell’anno. Quelle che ora fanno discorsi del genere sui social sono seguite da migliaia di persone, e spesso (come nel caso di questo post), vengono pure pagate per farlo. Non vedo possibilità di rinsavimento, solo decadenza. E quindi sì, allargo le braccia, soprattutto perché di fronte a cose così mi sento in lotta contro i mulini a vento.
Un abbraccio a te!