Come un ciclo di emozioni che si ripete in loop, ma con più casino, settembre è iniziato con dei piccoli cambiamenti, grandi desideri di rinnovamento, cose che invece rimangono sempre uguali, viaggi da organizzare e io che, in tutto questo, non mi sento mica tanto bene.
Questo post potrebbe avere senso anche se ne elencassi semplicemente altri che ho scritto in passato.
Potremmo iniziare con questo:
Per poi seguire con l’intramontabile:
E terminare la tripletta con:
Già così, avreste davanti un quadro abbastanza preciso di come mi sento.
Invece, siccome ho aperto l’editor di WordPress per sfogarmi un po’, proverò a elaborare meglio.
Ho iniziato a lavorare in una nuova posizione
E la cosa mi entusiasma, perché mi rimette su un cammino che amo molto, quello della scrittura e del marketing.
Ma allo stesso tempo mi mette in un contesto in cui devo iniziare tante cose da zero.
Organizzare, pianificare, capire a cosa dare la priorità e a cosa no, barcamenarmi in un mare di informazioni che non ero pronta ad accollarmi.
O forse più che pronta, non sono nello spirito giusto per farlo.
Per cui ho passato questa prima settimana a leggere, aggiornarmi, cercare password, arrabbiarmi perché non le trovo, sentirmi sola, scrivere, cancellare, scrivere di nuovo, mandare newsletter a 3000 persone, fare 25 test prima di premere il bottone Invia, pubblicare sui social.
Capire come muovermi senza calpestarmi i piedi, insomma.
Penso costantemente a un progetto mio che vorrei iniziare, ma procrastino ferocemente
Trovo mille scuse. Solitamente suggerite dalla mia peggior nemica (vedi link sopra).
Potresti risparmiare ancora un po’ prima di lanciarti in investimenti.
Tutto sommato va bene così, non hai bisogno di fare di più.
Ci vorrà tempo e pazienza, sei disposta a rischiare?
Hai proprio voglia di complicarti la vita?
Dai, aspetta almeno a fine anno, poi vedi.
E la parte sana di me lo sa, che quando arrivano i momenti dalle mille domande, è forse il momento di buttarsi.
Lo sa, che attivarsi è l’unico antidoto alla frustrazione della procrastinazione.
L’ho già sperimentato in passato: più mi arrovello e cerco di schivare risposte, procrastinando, più le viscere mi si contorcono. E finisce che esplodo, mi trascino al limite della sopportazione e non sono una bella persona, in quelle condizioni.
Io e Barcellona non ci intendiamo più come una volta
Avevo già avuto questa sensazione tempo fa, prima di ritornarci stabilmente:
Sicuramente influisce il mio umore mutevole, il disincanto, quello che è cambiato in sei anni dal mio arrivo, le persone che hanno fatto altri giri (io per prima), la situazione economica che mi ha fatto allontanare dai posti in cui vivevo e amavo follemente.
Riconosco di avere una parte molto attiva in questo distacco. E non so se voglio rimediare. O se il tempo farà la sua parte. O se le mie valigie si riempiranno prima.
Ho bisogno di ri-ampliare il mio circolo sociale
Giusto per ricollegarmi al punto precedente.
I miei interessi e il trasloco in una zona diversa della città, hanno cambiato le mie dinamiche sociali.
Posso dirmi fortunata per avere comunque delle persone vicine, anche se non sempre fisicamente.
Ma la mia quotidianità non è che sia poi così popolata.
A trent’anni e qualcosa, far quadrare gli impegni e le incombenze, è un tetris di cui sicuramente saprete qualcosa anche voi.
E specialmente quando lavori da casa, dai una bella mazzata alla possibilità di parlare con più di 3 persone al giorno (includendo tua madre e la fruttivendola sotto casa).
Parlare, non chattare.
Che quello lo faccio in continuazione, su molteplici canali. Per lavoro, per svago, per amicizia.
Ma, surprise surprise!, non è la stessa cosa.
Banalità a go go, proprio.
Mi sto proprio sulle palle
Succede, nel mio caso periodicamente.
Questo punto chiude il cerchio e da qui potete tornare a leggere dal primo punto.
Sto facendo scelte che non mi fanno sentire in linea con la mia persona, ma, anzi, acuiscono un senso di inadeguatezza che è veramente disturbante.
E anche questo è in realtà un copione che ho già letto in passato. Quello in cui mi ritrovo in situazioni che meh, ok, si può fare, ma non avendole scelte con estrema convinzione finiscono per sfilacciarsi dopo poco.
Mi si innesca la sensazione di essere un ripiego, in diversi contesti.
Che brutta parola, eppure.
E hanno voglia gli altri a dirmi che no, que va, ma cosa dici mai.
Come fai a toglierti di dosso una sensazione che senti appiccicosa sulla pelle, come la crema protezione 50 che ti colora di azzurrino e, anche se ti sfreghi con la spugna sotto la doccia, non va comunque via prima di 24 ore?
Ecco, io non lo so, come si fa. Quindi se avete consigli, fatevi avanti.
—❣—
Non sono una grande esperta di vita, anzi, combatto ogni giorno con un quotidiano che a tratti vorrei diverso, con un ambiente lavorativo che non mi rispecchia e con un carattere piuttosto fragile e avvezzo ad ansie-malumori-momenti di sconforto-panici. Mi rifletto in diverse cose hai scritto in questo post. Però ho capito una cosa, dopo tutto questo tempo, che a volte le situazioni che non ci rappresentano, le scelte che non sono in linea con quello che siamo sono preziose e non sono una perdita di tempo. Ci avvicinano, lente ma inesorabili alla nostra strada. Qualunque essa sia. E sono momenti in cui scopriamo lati di noi che in contesti più di comfort non emergerebbero. Quindi non essere troppo severa con te stessa, concediti di fare scelte non sempre in linea con quello che vorresti, concediti l’ansia, le paure e tutto il resto. Non sfregare sulla crema solare, ma mettici l’olio e massaggiati con delicatezza, vedrai che gli aloni azzurri se ne vanno! (questo lo dico anche letteralmente, visto che lavoro in un’azienda cosmetica e su trucchi e parrucche ne so una più del diavolo!)
Grazie Chiara! La metafora con la crema solare e l’olio è perfetta, sarà che mi sono svegliata emotiva stamattina ma mi ha quasi fatto commuovere. È vero, dovrei essere meno severa con me stessa. E quel processo che dici, che i momenti come questi ci portano lentamente sulla nuova strada, è una realtà e va considerato con cura. Grazie.
Esatto, proteggi con cura questi momenti, sii emotiva e commuoviti, il resto, sono certa verrà da se 🙂
Aiuto, che confusione! Scherzi a parte: non a caso hai cominciato a descrivere il tutto partendo dal senso di smarrimento che ti causa il nuovo lavoro. Immaginati seriamente per un 5.minuti completamente padrone del tuo impiego: il resto, come lo senti? Sempre crema solare appiccicata addosso?
La crema solare va e viene, e non sempre è solo spalmata dal lavoro 😉
Diciamo che ormai sono abituata ad avere questi momenti di sconforto, in genere mi basta buttare giù tutto quello che sento per farmi un quadro della situazione. Da lì, riparto. E magari cambio crema solare 😀
Questa cosa del tornare nelle città in cui si è già vissuti mi ha sempre lasciato un po’ perplessa, credo che sia ad alto rischio di non funzionare. Si torna con in testa la città che era, ma nel frattempo sono successe cose, a te e/o a lei, le persone sono cambiate, ecc.
Hai già vissuto tanti cambiamenti scegliendoli in maniera consapevole, per cui sono sicura che alla fine troverai anche la spinta per iniziare il nuovo progetto di cui parli. In bocca al lupo!
Ah, io personalmente diffido delle persone che non si stanno mai un po’ sulle palle. Non è sano
In realtà era Genova la parentesi, non ho mai sciolto i legami con Barcellona perché burocraticamente non potevo; è stato come “tornare a casa” perché era solo qui che potevo tornare, in quel dato momento. Ma ciò non vuol dire che non si possa cambiare, anzi! Grazie per il tuo messaggio 🙂
Ci piacerebbe essere sempre “sul pezzo” , sorridenti e positivi, ma spesso non è così. La nostra vita è un continuo oscillare, anche quando obbiettivamente tutto va bene, magari ci sentiamo insoddisfatti.
Quando ho questo senso di smarrimento, mi rileggo questo brano che avevo scoperto in un blog.
Parla di “dukkha”, ed è confortante sapere che qualcuno, in un’epoca ben diversa dalla nostra, aveva già ben chiaro i problemi della vita.
https://letiziabaglioni.com/2015/11/25/comprendere-dukkha/
E se invece di rimuginare non uscissi? E non dico la fruttivendola, ma fare una cosa nuova, tipo iscriverti ad un corso di pittura? Una cosa che ti desse degli impegni settimanali fissi, che ti obbligasse ad uscire di casa e a parlare con qualcuno ma di una cosa completamente diversa rispetto a quello di cui ti occupi. Lo so che ti sembra una sciocchezza, con tutte le cose che hai da fare, ma guarda che non è una stupidaggine, ti potrebbe dare aria nuova.
Sono certa che lì nel quartiere nuovo ci sia un centro dove fanno corsi trimestrali senza impegno…
😉
Si, è la cosa più utile che possa fare per mantenermi in salute mentale 🙂
Lo scorso semestre ho fatto un corso di danza Bollywood, che più lontano di cosí dalle mie attivita giornaliere non si può. Mi sono già iscritta a un nuovo corso per questo trimestre, fino a dicembre sono occupata, poi si vedrà 😉
Adoro la sincerità di questo post. Dare un consiglio è difficile perché mi sono immedesimata troppo in quel circolo vizioso di sensazioni che descrivi. Forse però una soluzione l’hai già trovata: attivarsi, darsi uno scrollone, cambiare punto di vista. Certe volte io mi aiuto con un film, per scollegare il cervello e immedesimarmi in tutt’altra storia (unica regola: non leggere la trama!)
Grazie Babi! È stato un momento di “bajón”, ora per fortuna mi sono fatta contagiare dagli entusiasmi di ottobre 🙂