I giovedì mattina li passo sempre nello stesso modo. Faccio colazione in casa mia, se c’è il sole faccio una lavatrice (che poi non farò in tempo a stendere), prendo una bicicletta alle 10 e mezza e pedalo per venti minuti fino al numero 241 per andare dalla psicologa. Mi accomodo sul divano di fronte alla dottoressa – continuo a chiamarla così anche se ha la mia età, mi sta molto simpatica e pare che abbiamo molti interessi comuni.
Comunque vada su quel divano, che mi si sia sciolto il trucco o mi sia rimasta una piacevole sensazione di liberazione dai fantasmi della settimana, alle 12 vado dritta a un caffè che mi piace, il Taranna Cafe – tavoli grandi da condividere, sedie di legno, una renna di compensato appesa alla parete. Normalmente mi serve un tipetto con la barbetta nera, il ricciolo sulla fronte e i bermuda, che mi consiglia la torta del giorno e naturalmente mi faccio convincere. Immancabile il cafe con leche di metà mattina.
Mi rimane un’ora prima di andare a lavoro, e mi scoccia molto alzarmi per salire fino all’acquario in cui passerò le prossime otto ore. Preferirei star seduta qui tutto il pomeriggio, continuare a sorseggiare bevande calde, prendermi pure il mini panino con il formaggio fuso di capra e prosciutto cotto – che lo fanno molto buono – e pensare a quello di cui ho parlato nell’ora precedente.
Quando sono stata in Argentina, Vicky mi aveva raccontato che per gli argentini parlare della propria psicoterapia è una cosa normalissima, un comune argomento di discussione fra amici. Le avevo risposto che in Italia no (e manco qui dall’altro lato del Mediterraneo, a dire il vero), anzi, confessare agli amici che ci si è rivolti a uno psicologo è qualcosa di molto intimo, da dire con un pizzico di vergogna o quando si vuole far sapere a qualcuno che si sta attraversando decisamente un brutto periodo.
Non sono ancora riuscita a sdoganare questo atteggiamento, però sono convinta che, come succede in Argentina dove la psicoterapia è uno dei servizi passati dal sistema sanitario nazionale (che è semi-pubblico, per gran parte dei servizi bisogna pagare un’assicurazione), anche in Italia si potrebbe iniziare a introdurre il tema considerandolo con qualche tabù in meno.
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E voi siete mai stati da uno/a psicologo/a, che sia stato per un breve o lungo periodo di tempo ? Come vi siete trovati?
ciao, non ci conosciamo nemmeno sul web. ho trascorso quattro anni in analisi, ne parlavo con tanta libertà che talvolta, amiche o colleghe, mi dicevano “ho sognato questo e quello, chiedi al tua strizza(cervelli) cosa vuol dire!”. la parte più difficile era fargli capire che era la “mia” analisi, non la loro 🙂
ciao, tigli
eheheheeh è vero, a volte il rovescio della medaglia è che gli amici si confondono sul concetto…e pensano sia un servizio estendibile a loro 😀 grazie del passaggio!