Ogni tanto capita. Dire di no pare brutto, perché non succede mai di essere al paesello in occasione di questi eventi. E poi – pensi – rivedi un po’ di amici, di vecchie conoscenze, scambi due chiacchiere. Che male c’è. Le occasioni di vita mondana oltretutto scarseggiano alla grande qui, per cui bisogna approfittarne.
Scacci dalla mente gli scenari meno piacevoli, illudendoti che non verranno a galla.
Quindi ci vai. Anche perché non sembra, ma sono passati tre anni da quando hai visto per l’ultima volta l’amica che oggi ti invita, e fra separazioni, espatri, figli (loro) e cambi di lavoro, non c’è mai stata occasione di rivedersi di persona. Hai visto i suoi bimbi crescere su WhatsApp, finalmente potrai conoscerli di persona.
Arrivi da sola al locale. Hai mantenuto i jeans, ma messo le ballerine e una maglia casual chic, per la felicità di tua madre che non poteva accettare l’idea che ti presentassi in società con la t-shirt a righe.
Devi farti carina – dice – è pur sempre una festa.
È una festa come già ne hai viste tante, i bambini che corrono sudati con i vestiti appiccicati al corpo e una pizzetta fra i denti, la colonna sonora di Frozen a tutto volume, il soffio delle candeline e gli applausi. Abbracci la tua amica e i bambini, cercate di iniziare a chiacchierare ma c’è un’emergenza moccio che cola, poi una torta da tagliare, poi gli altri ospiti da intrattenere. Insomma, ti guardi intorno e cerchi di capire con chi puoi scambiare due parole. Paradossalmente conosci il 70% dei presenti, il che sembrerebbe rendere le cose più facili e garanzia di poter passare un paio d’ore di amabili chiacchiere.
Ancora sconosciuti i motivi per cui ti illudi che questa cosa possa veramente succedere.
Le casistiche con cui devi avere a che fare sono invece le seguenti:
– c’è quella vicina di casa di tua zia, che decidi di andare a salutare perché dopo l’emergenza moccio non sai con chi parlare. Ti guarda con occhi sgranati e ti chiede Ma stai beeeeeene, si? L’importante è che tu stia serena. Sorridi, annuisci, confermi che stai bene. Passi tu alle domande di rito, lasci che ti parli dei suoi figli e dei nipoti arrivati e in arrivo. Finalmente abbandoni la conversazione.
– c’è la figlia della vicina di casa di tua zia, ha partorito da due mesi e ti mostra la dormiente creatura. Bella. Con una accenno di pena negli occhi ti chiede Ma stai beeeeeene, si? Dov’è che vivi? A Barcellona, ah sí. Sorridi, annuisci, confermi che stai bene. Ti racconta degli sforzi che deve fare per addormentare la bambina la sera, ascolti, sorridi e poi abbandoni la conversazione.
– c’è questo tipo rampante professionista marito della figlia della vicina di casa etc. che si avvicina mentre parli con la moglie, ti guarda, ti stringe la mano e si presenta. Dimenticandosi di aver partecipato al tuo matrimonio quella manciata di anni fa. La moglie sgomita, manno’ guarda che vi conoscete!, sorriso di imbarazzo, eh già. Meglio abbandonare la conversazione.
– ci sono diverse coetanee tue, che una quindicina e poco più di anni fa vedevi di tanto in tanto durante le vasche domenicali con le amiche. Hanno figliato, accanto hanno sempre lo stesso uomo di allora, oggi fanno finta di non conoscerti. Conversazione non necessaria.
– ci sono i tipi che al liceo erano dei fighi, dei ribelli, dei grandi oratori durante le assemblee di istituto. Oggi hanno giacca, camicia e scarpe lucide e parlano di quanto siano svogliati i giovani d’oggi. Le loro mogli siedono in un angolo con le camicette striminzite, lo stivaletto taccato, il colore dei capelli appena ravvivato, la bambina che gioca con il loro cellulare. Cerchi di iniziare una conversazione sia con gli uni che con le altre: provi con argomenti basici da cui potrebbe venir fuori qualche chiacchiera – di cosa ti occupi ora, quanti anni ha la bambina – ma dopo le risposte di rito, visto lo scarso interesse che dimostrano per l’interazione con te, lasci perdere.
– c’è un tipo per cui ti eri presa una cotta quando avevi 13 anni, lui se la tirava da matti, aveva il ciuffo che gli ricadeva sull’occhio e si metteva con tutte le tue amiche tranne che con te. Oggi sembra timido, ha una moglie sovrappeso e poco aggraziata che non ha niente a che vedere con le ragazzine fighette che lui cercava da adolescente. Non tenti nessuna conversazione, prendi solo atto.
Il resto delle persone ti saluta e passa oltre, se va bene, se no ti squadra dalla testa ai piedi e sicuramente pensa che potevi andarci anche tu, a fare una piega dal parrucchiere.
Riesci a sventare la tentazione di ingozzarti di cupcakes tanto per tenerti impegnata.
Ti senti diversa.
Sei arrivata da sola alla festa, gli astanti sanno che sei separata, hai già trent’anni e qualcosa e nemmeno l’ombra di un figlio, sei andata via dal paesello e fai un lavoro che non si capisce più bene qual è.
Ti senti un’outsider, una con cui non perdere tanto tempo in chiacchiere, perché tanto boh, quand’é che riparti?
Dopo lo scambio dei regali e aver impilato piattini di plastica sporchi di torta, raccogli le tue cose e metti su la faccia del devo proprio andare. Abbracci la tua amica ripromettendovi che vi rivedrete senza far passare altri tre anni, ecco magari provate a organizzare qualcosa di più intimo, così potreste riuscire anche a parlare sul serio e a sapere veramente come state.
Provateci, almeno.
Perché non mi venite a trovare a Barcellona, una volta – cerchi di lanciare, sapendo già che questa proposta verrà come sempre accolta con circostanza.
– Non credo potremo – risponde lei – abbiamo già altri programmi.
– Sono contenta per voi, i bambini si divertiranno.
Almeno è sincera. E pure io, sono veramente contenta per loro.
Adesso però è ora di tornare a casa.
Capita anche a me, ogni volta che torno in Piemonte. La vita è cambiata, i miei amici sono cambiati, io ho fatto esperienze diverse che oltretutto molti non condividevano (lasciare il paesello per il lavoro o addirittura andare in Cina, dall’altra parte del mondo!). E quando incontri queste persone, ti rendi conto di quanto i discorsi siano proprio di circostanza, giusto per evitare che ci si debba salutare e poi lasciare lì appeso un silenzio ingombrante.
Ti capisco perfettamente e so che, se non fosse per la tua famiglia, saresti già in aeroporto.
Hai colto perfettamente nel segno (e domani sono in aeroporto) 😛
Direi BUON RIENTRO! 🙂
grazieeee! 🙂
è per questo che non vado mai alle feste del mio paesello XD
avrei dovuto chiedere un po’ in giro prima di farlo, quindi 🙂
Capisco perfettamente, quelle situazioni del cavolo in cui tutti ti guardano come fossi un’aliena… ma io penso che gli alieni sono gli altri 😛
…e noi siamo molti più di quello che sembra? dovremmo radunarci! 🙂
Ho letto in un soffio il tuo racconto .Da quando sono aperte le scuole , quasi tutti i miei fine settimana sono invitata alle feste di compleanno perché ho due bambine piccole .A volte capita di sentirmi come un pesce fuori acqua quando in queste feste sono presenti anche parenti della festeggiata che compie gli anni .La gente non ha voglia di interagire , ma solo voglia di abbuffarsi e non lasciana in pace neppure i loro figli/e piccoli a giocare e mi é capitato di ascoltare sgridate assurde tipo : non correre perché sudi ,oppure non mangiare più di due pizzette altrimenti non hai fame a cena eccetera 😀
Ho presente Viola, è un vero peccato che le persone vogliano rimanere sul superficiale a volte…alla fine forse meglio non farsene un problema 😉
Ehhh. Sospirone.
Io mi sono sentita così tante volte, poi ho iniziato a fare io le domande, a cercare di essere “genuinamente interessata”.
Ho scoperto punti di vista interessanti e che non mi aspettavo.
Ma oggi come allora evito di stare troppo a lungo, come hai fatto tu.
Detto questo: uno carino con cui semi-flirtare e fare la simpatica non c’era? 😉
Ecco, infatti ci ho provato pure io eh a fare domande da genuinamente interessata. Ma le risposte erano basicamente poco interessanti. Flirtare in una festa al paesello, io – donna separata potenzialmente pericolosa! …sarebbe finita in linciaggio 😉 e comunque manco c’era O_o
vedi, se tu ti fossi separata prole munita ti saresti trovata in conversazioni del tipo “lui/lei, poverino/a, come l’ha presa?”, sgrunt…
Doppio sgrunt! Soluzione egoistica: il mio ipotetico figlio farebbe una vita senza compleanni di figli di coppie felicemente sposate. Troppo estrema?
Stranamente tra le amiche del mio paesello ben poche hanno voluto o potuto avere figli, molte hanno divorziato, ben poche hanno la vita semplice delle loro madri. Però in molto di quel che scrivi mi ritrovo. Anche a me non vengono mai a trovarmi, hanno sempre altri programmi. In compenso io sperimento lo sguardo opposto, quello di chi da per scontato che siccome stai all’estero stai bene di sicuro. E non gli interessa sapere di più.
È già un qualcosa che il tuo contesto paesano sia più variegato in questo senso. Su questa cosa del non venirci a trovare, ci devo pensare per un post, perché veramente oh…sembra che vivere all’estero = vivere in vacanza e quindi potersi permettere di andare in giro a trovare la gente che è rimasta a lavorare. Il contrario mai. Amaramente sono d’accordo con te sul fatto che non interessa sapere molto di più, sicuro stai bene.
Io credo che le persone che hanno fatto parte della nostra vita nel passato non scompaiano, ma semplicemente l’affetto o l’amicizia che ci legava si è sbiadita. Io ho fatto il tuo stesso percorso, ho lasciato il Piemonte per venire in Veneto e poi nel frattempo ci ho messi tre anni di Cina (solo che io sono già tornato, tu invece stai a sollazzarti in spiaggia a Barcellona!)
Agganciandomi all’ultima battuta e al commento di aryalikeacat + tuo commento annesso, è verissimo: sembra che stare all’estero da expat sia come vivere perennemente in vacanza. Ma perchè nella mentalità ottusa e provinciale stare all’estero = un sacco di soldi. Sì sì…
Dipende Stefano, alcune persone per quanto abbiano fatto parte della tua vita in passato, inevitabilmente scompaiono. Non solo l’amicizia sbiadisce, ma si eclissano proprio. Anche se poi magari ci si rivede per caso e si chiacchiera cordialmente, in qualche modo quello che rappresentava quella persona non esiste più. A me è successo in modo abbastanza graduale negli anni – quando sono espatriata dall’isola – fino a raggiungere il suo estremo quando mi sono separata. Con il tempo le persone ti cercano sempre meno, semplicemente perché non sei lí, e quindi si abituano alla tua assenza. E pure io alla fine mi sono stancata di riunire le persone per le feste comandate. Non ti dico poi la prova del nove della separazione, lí ho veramente capito chi ci sarebbe stato sempre e comunque, nonostante le distanze. È un peccato, ma lo assumo come il prezzo da pagare per la scelta di andare via.
Probabilmente hai ragione, si sono abituati alla nostra assenza. Ma la cosa credo sia reciproca, quando torno a casa, non sento l’esigenza di incontrarli.
Esattamente. Quando anche io ho capito che aveva poco senso sbattersi per radunare tutti ogni volta che tornavo al paesello, è piombato il silenzio. E pazienza, si accetta anche questo come un’evoluzione delle nostre vite, rimangono i bei ricordi e la cordialità quando ci si incontra per caso.
io sono rimasta nel mio paesiello invece, da sempre, e quindi ho sempre continuato a intravedere i ragazzi della ex compagnia. da un annetto, ogni 3-4 mesi, organizzano cene per ritrovarsi. partecipo per non sembrare snob, ma il mio problema è che non so cosa dire, è come se non conoscessi le persone che sono accanto a me. e certo nemmeno loro conoscono me.che tristezza guarda, tutti ridono goliardici ricordando i tempi delle superiori, e io mi domando dv’ero io? ma c’ero? e perchè non rammento niente?????
insomma, tutto questo per dirti che il senso di estraneità si prova anche fra le persone di sempre.
Grazie per il tuo commento Serena 🙂 Secondo me il senso di estraneità non deve per forza essere legato al “dove” viviamo, ma al “come”. Il fatto è che le persone si evolvono, ognuna però a suo modo. E mi sa che c’è poco da fare quando il nostro cambiamento interiore ci porta a cambiare irrimediabilmente strada rispetto a quelli che ci circondano. Alla fine ognuno di noi sceglie come vivere…e pure di chi circondarsi. Anche se non sempre è facile rinnovare il proprio circolo di conoscenze. Tu ci sei riuscita?
Hai detto bene: ognuno di noi conta per ciò che rappresenta all’interno di una comunità, piccola o grande che sia. Quando se ne esce non si riesce a comunicare perchè agli occhi di chi fa ancora parte di quella realtà non si ha più un ruolo. È anche questo il motivo per cui ci si sofferma sui ricordi e quelli sono l’unico spunto di conversazione, oltre alle osservazioni sul tempo meteorologico che, Deo gratias, ci salvano sempre da ogni imbarazzo. Tutto questo è molto triste e spaventoso allo stesso tempo. Non riusciamo più a fare rete nè a costruirne una nuova. Sono 10 anni che ho lasciato la Campania per trasferirmi a Torino e noto che anche nei piccoli centri le cose sono molto cambiate: gente sempre più individualista e incapace di comunicare. Almeno nelle grandi città si possono trovare stimoli diversi…la speranza è sempre l’ultima a morire.
Secondo me questo cambiamento si vede proprio nei piccoli centri, più che nelle grandi città. Quello che prima era il vantaggio di vivere in un centro piccolo, la solidarietà fra la gente, ora sembra affievolirsi sempre di più a favore di individualismo e poca voglia di andare verso gli altri. Paradossalmente in città è più facile entrare in confidenza con nuove persone, magari fuggite da un paesello come abbiamo fatto noi 🙂
Ecco perché poi la gente beve 🙂
Non rimane molta scelta 🙂