Estate.
Plaça del Surtidor, una sera estiva come tante, quattro trentenni e qualcosa siedono intorno a un tavolo dove troneggiano Estrellas e crocchette. Tutte e quattro abbiamo in comune non solo l’età, ma anche un’esperienza lavorativa in una clinica di riproduzione assistita a Barcellona. Non la stessa clinica, ma i giri delle persone che lavorano nelle cliniche in un modo o nell’altro finiscono per incrociarsi sempre.
Non so se capita anche alle altre trentenniequalcosa quando chiacchierano con donne della loro età, ma per arrivare al tema maternità ci vuole un attimo (tradotto, un vermut e una birra). Una cosa che il Guerriero per esempio osserva sempre con stupore.
Come fai a parlare di argomenti così intimi con donne che non sono strettamente tue amiche?
Io non la ritengo una cosa strana, per niente.
Ditemi che non sono l’unica.
Parlare di maternità fra donne è per me lo svisceramento di un argomento sociale, qualcosa che volenti o nolenti ci riguarda tutte. Tanto di solito, e purtroppo, per prima cosa lo affrontiamo in famiglia, sotto la raffica di domande in stile
Parlarne onestamente e senza imbellettamenti, fra donne della mia età, è catartico.
Stavolta siamo in quattro, abbiamo più di trent’anni e non abbiamo figli.
Quando lavori in una clinica di riproduzione assistita la prima statistica che ti mettono davanti, il primo giorno della formazione, è la grafica sulla caduta a piede libero del tasso di fertilità femminile superati i 35 anni.
Una di quelle immagini che rimane aggrappata in una zona remota del cervello, che al principio non consideri perché magari manca ancora qualche anno ai 35.
Ma quel grafico finisce per inseguirti nei momenti in cui meno te l’aspetti, quella freccia rossa che va verso il basso sembra pulsare e diventa un toc-toc fastidioso alle sinapsi, un orologio biologico che scricchiola.
I 35 anni sono quella tappa che, quando lavori in una clinica di PMA, diventa lo spartiacque fra un tipo di trattamento e un altro, fra il potevamo cavarcela con l’inseminazione e il dobbiamo ricorrere alla FIV, fra il poter entrare nel programma delle donatrici di ovociti o meno.
Quelle che i 35 li superano, di solito, arrivano in clinica per iniettarsi il Puregón o far crescere lo spessore dell’endometrio con i cerotti di estradiolo per poi riceverli da un’altra, gli ovociti.
Noi andiamo per i 36 e siamo qui a bere birra e mangiare crocchette.
E alla maternità, sì, ci pensiamo, ma più con paura che con vera convinzione.
Di fronte a queste crocchette, alla brezza estiva della sera, ai cani dei vicini di tavolo che ti guardano con gli occhi dolci, e ai bambini degli altri che si arrampicano sulla fontana al centro della piazza, l’idea di essere io – madre di qualcuno – è così remota dalla mia realtà, così dirompente, che mi sento in pace con il mondo.
Sono pronta ad affermare a me stessa che no, non sento la necessità di diventare madre.
Nemmeno un mese prima ho finito di leggere ”Contra los hijos” di Lina Meruane.
Il titolo significa ”Contro i figli”, e non è come sembra.
È una diatriba filosofico-letteraria di un’autrice, senza figli, che si scaglia contro ”l’angelo della procreazione”, quella soave voce che accarezza le orecchie delle donne in età da prole ricordando loro che è ora.
È ora di figliare, e poi sarà ora di sacrificarsi, allungare l’allattamento per il bene del bambino, mettere da parte le proprie passioni, dimenticare l’autodeterminismo per dedicare la propria femminilità al ruolo di madre. È un’analisi polemica sul ruolo della donna in una società che dà poco spazio alle scelte diverse, o che poi lo spazio te lo toglie, quando finalmente fai quello che ci si aspetta da te.
Mi viene da pensare alle conoscenti che dopo anni di
”Ma tu, un figlio? Guarda che è la cosa più bella del mondo!”
quando poi si sono poi ritrovate con un piccirillo in braccio, e hanno provato a esprimere un minimo di disappunto per le difficoltà dell’essere madre, si sono sentite fioccare addosso troppi
”Ah, hai voluto la bicicletta, ora pedala!”
Pazienza per le rinunce lavorative, i permessi di paternità inesistenti, gli interessi che vanno messi da parte perché non c’è tempo, i sacrifici economici. Pazienza.
Lina Meruane attacca la schiavitù che l’essere madre spesso comporta, attacca l’idea che i bambini debbano diventare il tutto e le donne non dovrebbero pensare ad altro.
Autunno.
È da quando sono tornata dal Messico che passo metà del mio tempo fuori casa, con la valigia aperta.
Sono passata dal sud del Portogallo, da Lisbona, da Milano; sempre io, il mio trolley, persone da incontrare, appunti da prendere, l’entusiasmo verso la piega che ha preso la mia vita lavorativa e gli incontri che mi sta mettendo davanti.
Ritornare a casa, poi, è sempre bellissimo.
Io e il Guerriero godiamo per il momento di questo equilibrio fatto di progetti, panorami che cambiano, incertezze come al solito; ma lo viviamo bene, siamo abituati a camminare sul filo di quello che potrebbe cambiare da un momento all’altro.
Eppure, quando gli altri notano questo equilibrio tutto nostro, non nascondono lo scetticismo e, nel peggiore dei casi, il giudizio.
Come fai a farti una famiglia se sei sempre in giro?
Inutile argomentare che una famiglia ce l’ho già, anche se composta da due persone solamente.
Certe diatribe funzionano solo a senso unico, e io cado nella frustrazione.
Se mi seguite su Twitter, questo autunno è iniziato con diverse riflessioni sul tema.
Perché tanta pressione verso il concetto del diventare madre?
Perché non può essere una scelta ponderata, da non dare per scontata?
Ma che tristezza è la convinzione per cui se non si hanno figli non ci si possa considerare famiglia?
Ci rimango male, e di certo non metterò un freno alla mia vita per conformarmi qui e ora a quello che socialmente sarebbe opportuno fare.
Però continuo a riflettere. Mi chiedo se non sto sbagliando qualcosa.
La mia paura più grande, alla luce di quello che ho imparato osservando le donne della clinica, è il rimorso: ritrovarmi fra qualche anno a fare i conti con i è troppo tardi, ormai.
Quante donne decidono di diventare madri per evitare di pentirsi in futuro di una scelta non fatta?
Ed è giusto che una scelta così importante, che marcherà la tua vita per sempre, più di un tatuaggio, più di un matrimonio, più di tutto, irreversibile, venga affrontata con un orizzonte temporale così limitato in mente?
Un brivido. Ricordo certe conversazioni con pazienti scontente, sfatte, dopo una lotta vinta contro la natura: un bambino fra le braccia che cresce a suo ritmo e diventa persona a sé.
E la botta di realtà sussurrata al telefono, quel è troppo, forse non ero fatta per diventare madre, alla fine dei conti.
Leggo tutto d’un fiato ”Regretting Montherhood” di Orna Donath.
Voglio capirne di più. Perché si incensa la maternità come una scelta naturale per una donna, qualcosa che si concentra sui primi tempi, le attese, i nove mesi, e la difficoltà del post-partum.
E poi, cosa succede, poi?
Se penso alla maternità, non sono i primi tempi che mi spaventano.
È quello che viene dopo: il dover aver a che fare con una persona di cui non potrai prevedere le mosse, le scelte; una persona per cui finirai a preoccuparti per sempre, su cui riverserai i tuoi desideri, su cui cercherai di pulire gli errori che secondo te i genitori hanno fatto nei tuoi confronti; le aspettative, le delusioni, il fatto che non riuscirai mai a liberare al 100% il tuo cervello, ci saranno sempre i figli, in un angolo.
Madre, per sempre.
Lina Meruane lo analizza da un punto di vista sociale, mentre Orna Donath si ferma a parlare con le donne che hanno il coraggio di ammetterlo: si sono pentite di essere diventate madri.
Pentirsi di essere diventate madri. Una bestemmia.
La prima volta che ho sentito dal vivo una frase simile ero in clinica (sempre lì, un vaso di Pandora che mi ha cambiato la vita): pausa pranzo, chiacchiero con una collega di qualche anno più grande di me. È separata, ha due figli quasi adolescenti, una vita in corsa fra la cintura che si stringe alla fine del mese e la voglia di godere del suo tempo di donna.
Se tornassi indietro, non farei figli.
Me lo dice con naturalezza. La guardo incredula, non pensavo che una donna potesse arrivare a pronunciare quella frase.
Ma ancora la ringrazio per averlo fatto, perché mi ha aperto gli occhi su una realtà vera, da non condannare, e che Orna Donath espone magistralmente nelle interviste che compongono il suo saggio.
Del bello di diventare madre sappiamo tutto, ma del brutto molto meno.
Per fortuna il discorso si sta ampliando, e almeno per iscritto di racconti sulle difficoltà dell’essere neo-madri se ne leggono diversi. Si leggono, ma parlarne a voce, con persone vere, ancora non è facile.
Non so se abbia senso, ma continuo a cercare storie di donne che non hanno avuto figli.
Ad esempio seguo dall’inizio il progetto di Lunádigas: è nato da qualche anno, e fino a pochi mesi fa sul sito era possibile vedere tutte le testimonianze del docu-film.
Lunádigas sono le storie delle donne senza figli, di quelle che così hanno voluto o che lo hanno subito, e sono testimonianze importanti per capire che una donna senza figli non è incompleta come a volte ci vogliono far credere.
Forse è sciocco volermi ”informare” per capire se essere madre è la scelta giusta per me.
Ma sono fatta così, e certe scelte hanno un peso, le voglio ponderare bene.
Invidio alcune amiche che lo sanno già con fermezza: non vogliono figli, punto.
Invidio le altre che invece già sapevano di voler essere mamme quando le ho conosciute alle scuole medie.
Io non sono mai stata così. Ho sempre guardato alla mia vita come costellata di esperienze, inclusa quelle della maternità-ma-non-per-forza, ma anche di avventure, viaggi, amore, tempo da afferrare, soprattutto dopo aver compiuto trent’anni.
E per ora sono in un limbo, nel territorio senza nome dell’indecisione.
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Questo è un post senza fine, perché se avessi già la risposta ultima alle mie domande, non avrei avuto bisogno di scrivere questo papiro.
Va da sé che qualsiasi opinione e spunto di confronto sull’argomento non solo è ben accetto, ma proprio desiderato.
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Queste sono domande che anche io mi sono fatta e mi faccio. Da tempo. Non sono tra quelle che hanno sempre desiderato figli, ma neanche tra quelle che affermano convintamente di non volerne. A trentanni e qualcosa ho cominciato a chiedermi: sì o no? Anzi: abbiamo, la scelta é mia, certo, ma siamo in due. Poi abbiamo deciso: proviamoci. Quando finalmente sono rimasta incinta, più di un anno fa, sono stata assalita da una paura tremenda. Ho pensato di aver fatto una scelta avventata, per quanto possa essere avventata una ricerca di oltre due anni. Quando peró ho perso il bambino mi sono sentita terribilmente in colpa per aver pensato a che cosa avrei dovuto rinunciare, a come la mia vita sarebbe cambiata, perché il dolore che ho provato superava – e di gran lunga! – i timori che avevo prima dell’aborto. Non so che cosa significhi essere madre, non ancora almeno… forse (e dico, forse) non avrei la forza di accanirmi eccessivamente se un figlio non arrivasse. Anche in questo caso, non lo so. Il tempo vola, questo lo so, e so anche che la fretta è cattiva consigliera. In questo ultimo anno peró sono cambiate tante cose, ho imparato pian piano a vedermi come una donna prima che come potenziale madre e ho esplorato le paure e mie emozioni in tal senso, senza sconti… ho pianto tanto. Ho letto moltissimo, ascoltato tutte le testimonianze del progetto Lunadigás, mi sono fatta un sacco di film. Ho pensato talmente tanto da desiderare un tasto ON/OFF per il mio overthinking. Anche pensare troppo non aiuta a decidere. Alla fine mi sembra di aver accettato che non sempre ad una domanda c’é un’unica risposta… ce ne sono diverse, aggrovigliate attorno a “ma” e “nonostante”. Gli ultimi due anni hanno deciso per me, se si puó dire così. Quello che spero oggi é che se un figlio arriverà – e sì, ormai posso dire senza dubbio che lo desidero – riusciró a non scordare mai, nemmeno nei momenti di sconforto, le sensazioni che ho provato in questi ultimi due anni. Ti mando un grande abbraccio!!! ❤️
Ricambio fortissimo l’abbraccio! ♡
Perdere un bambino, anche a pochi mesi di gravidanza, è un trauma, e credo sia uno di quei momenti in cui certe risposte diventano uniche, fortissime e inconfutabili. Da poco qui in Spagna è uscito il libro-illustrazione di Paola Bonet, “Roedores”, che parla proprio delle sue esperienze di aborto e ricerca della maternità. Il tasto on/off sarebbe magico, che bello sarebbe poter smettere di iper-analizzare tutto e muoversi con il flusso, facendoci trasportare dalla realtà. Che alla fine, come dici tu, è quello che accade, che è un po’ anche il tempo che decide per noi. Ma hai detto una cosa importantissima: imparare a vedersi donne, prima che madri, sempre. Secondo me quella è già una grandissima risposta.
Interessanti riflessioni.. su di voi e su di me che di anni ne ho compiuti 40.. che ho un fidanzato stabile da 3.. e da 2 mi chiedo se essere madre o no. Ho paura di rinunciare alle mie uscite, alla mia indipendenza anche se i bambini mi piacciono. Ai ritrovi con amiche e colleghe con bimbi io lascio le madri per giocare coi bimbi, quasi sempre. I bambini meno aperti e simpatici però.. non mi divertono. Non so.. sicuramente la gioia sarebbe immensa ma il sacrifico.. non vorrei pentirmi.. di nessuna delle due decisioni.. come fare per capire?
Cara Marta,
Sono nella tua stessa situazione.
Forse qualcosa di più ancestrale in noi c’è.
Forse merita una riflessione in più.
Ti va di parlare?
Ho letto per caso questo post e mi sento di scrivere due parole perché credo che i pensieri che noi donne abbiamo riguardo alla maternità siamo molto più simili di quello che si pensa a prescindere che si voglia diventare madri o che si sia ancora indecise. Nel senso che le paure che descrivi e che ho letto anche nei commenti ce le abbiamo tutte ma spesso non si dicono. Io quando sono rimasta incinta non mi sentivo assolutamente pronta, avevo paura di perdere tutto il mio mondo, eppure nei miei desideri c’era sempre stato quello di diventare madre un giorno. Il fatto è che non si è mai pronte. È un salto nel vuoto e si impara solo strada facendo. Quando ero incinta ho sofferto tanto per le mie paure ma non ho trovato nessuno con cui condividere questi pensieri perché parlarne era (ed è) un tabù. Mi sono sentita sbagliata io e ora so che non è così, che anche chi vuole tantissimo un figlio prova esattamente le stesse paure in una forma o nell’altra. Adesso sono passati due anni, sono mamma di una bambina stupenda e sono una donna felice. Non ho dovuto rinunciare al mio lavoro e neanche agli svaghi o alle passioni, forse un po all’inizio ma poi è solo una questione di organizzazione. Se ripenso a come ho vissuto la gravidanza mi sento sciocca perché avrei dovuto credere di più in me stessa e non pensare che la mia vita sarebbe finita. Ringrazio che mia figlia sia capitata un po’ per caso perché se l’avessi pianificata forse non avrei mai trovato il coraggio di fare quel salto nel vuoto e mi sarei persa l’avventura più bella della mia vita.
Io non sono mai stata sicurissima di voler diventare madre. Certo, non mi sono mai immaginata senza figli, ma ci ho messo un bel po’ a decidermi e ad accettare che sarebbe stato un grandissimo cambiamento. Lui era pronto prima di me, già anni fa. Io ho aspettato il matrimonio, poi ho detto “aspettiamo un po’”, poi sono passati due anni a cercare di restare incinta. Il lavoro per me è sempre stato tutto, avevo paura di dover rinunciare a qualcosa e allo stesso tempo il fatto di non riuscire a restare incinta mi faceva sentire in colpa perché temevo di fallire perché non lo desideravo abbastanza. Poi, quando ci sono riuscita, è cambiato tutto, una settimana alla volta. Ho iniziato a ridimensionare molte cose e a fare spazio, innanzitutto in testa, a mia figlia. Non ho mai mitizzato la gravidanza né la maternità e ancora adesso è tutto un percorso che scopro giorno dopo giorno, ma posso già dire che i cambiamenti sì, sono tanti, però io adesso mi sento meglio di prima. Non perché l’essere mamma mi definisca chissà in che modo, ma perché mi accorgo, giorno dopo giorno, che ce la posso fare e che la stanchezza è tanta, ma anche le cose bellissime. Sto riscoprendo lati di me che avevo messo da parte da anni, in primis la forza. Si tratta di un’esperienza potentissima che ti cambia la testa, ma non vuol dire assolutamente che tu non debba riconoscerti più. Io mi sono ritrovata un po’. 🙂
Grazie per aver raccontato la tua storia, Vale. Mi piace molto quello che dici sul ritrovarti. Ammetto che una delle mie (e nostre, perché non lo nomino, ma in quello che ho scritto il Guerriero è ovviamente presente) paure più grandi è proprio il “non riconoscersi più”. Forse è una di quelle incognite che bisogna affrontare con un pizzico di coraggio, visto che in ogni caso, senza averne esperienza diretta, non posso aver paura di qualcosa che non so se e come succederà. Graze mille per essere passata di qui 🙂
Bello sapere che non sono la sola che si fa certe domande…lavorando con i bambini facendo colloqui con genitori che sono tuoi coetanei o anche più giovani ti fa riflettere parecchio… giungi alla conclusione che beate loro che hanno trovato il ragazzo giusto ….io chissà se metterò la testa a posto …come se non bastasse ci sono i miei che ti fanno pesare ….perchè tutti i loro amici sono nonni…..che io a 36 anni non dovrei andare all’ estero per un corso che chissà dove mi porterà…guarda le tue amiche tutte sistemate io sempre la solita…..mi piacerebbe avere dei bambini per casa magari con la jota che parlano spagnolo o catalano ..non lo nego ma se non vengono amen se non troverò un ragazzo ….r maiuscola amen.per ora continuerò a non ascoltarli come.ho sempre fatto è forse barcelona si rivelerà l ennesimo errore forse no….
Fidanzato e figli per il momento no ….no perchè non so cosa sifignichi essere madre ma so cosa vuol dire essere figlia sballottata a destra manca ..si anche se i miei continuano a ripetermi te li bado io….continuano a ripetermi quanti anni ho come non lo sapessi ….non so bene forse cosa voglio meglio cosa voglionon va bene a loro ma l età quella me la ricordo….imparando a fare surf ho imparato che basta puntare avanti siamo a noi #disfrutar ola che alla peggio cadi ti rialzi ne arriverrano altre.
Grazie per aver lasciato il tuo commento, Eli! Avere a fianco una persona che voglia condividere con te una famiglia, sicuramente aiuta tanto. Ma il “mettere la testa a posto”, beh, quello è così relativo! Ho conosciuto tante donne che pur avendo figli e una situazione socialmente “a posto”, poi erano tutto tranne che “con la testa a posto” 🙂 Questo per dirti che non esiste un modo giusto o sbagliato di essere. Tu ora stai affrontando una nuova avventura, stai vivendo la vita che vuoi per te, e va benissimo così! E questi genitori che non smettono di parlarci all’orecchio mettendo il naso nelle nostre questioni privati…beh, sì, li possiamo lasciar parlare scrollando le spalle. Un abbraccio!
Non ho mai desiderato avere figli. L’unica certezza che ho avuto nella mia vita. E giunta ai 45 continuo a non essere pentita di questa scelta. Non volere figli non è stato mai dettato dal non volere modificare la mia vita. Non sono mai stata un’amante della vita sfrenata e,a parte i viaggi, ho sempre avuto una vita tranquilla. È che proprio mi manca il trasporto per i bambini. Ho avuto accese discussioni con amiche che cercavano di convincermi che fosse impossibile che non volessi figli. Che una volta fatto un bambino avrei cambiato completamente opinione. Non so se sia solo un caso ma su questo argomento le donne sono le peggiori, sempre lì a giudicare e a volerti imporre un pensiero comune. Ho cercato di riflettere su questa cosa. Ho ripensato a tutte quelle volte che ho incontrato amiche con le carrozzine e i loro bimbi di poche settimane e mi sono dovuta sforzare nell’esprimere un finto entusiasmo. Non sono una che ha difficoltà ad esprimere i propri sentimenti abitualmente, ma non ne provo per i bambini. Adoro le mie nipotine, ma so per certo di essere stata una zia diversa.
A volte ho pensato alla mia fortunata condizione di donna fertile che non vuole figli e a quelle donne, ne conosco diverse, che invece lottano disperatamente per averne, che si sottopongono a cure su cure. Strana la vita, eh?
Ciao Simo, grazie mille per il tuo commento! Ecco, io “invidio” la tua determinazione, il fatto di sapere da sempre di non volerlo. In qualche modo rende le cose più facili, almeno con te stessa, no? Perché certo, ci sarà sempre chi cercherà di farti cambiare idea, il che mi sembra veramente spaventoso visto che stiamo parlando di una scelta così importante e intima. Mi stupisce sempre il fatto che chi cerca di convincerti (e hai ragione, anche io ho sempre avuto queste discussioni con donne) la metta sul piano sensibilità, come se fosse una cosa impossibile non volere figli o non amare i bambini. Se tutti affrontassimo la questione con più raziocinio e meno slancio a volte incosciente, forse ci sarebbero meno famiglie infelici.
Io ho tre figlie e non ho mai pensato alla maternità. La prima volta mi ci sono trovata in mezzo ed ero terrorizzata. Il primo anno è stato un salto nel vuoto, una depressione in piena regola con, persino, tentativi di fuga in piena notte in pigiama e pantofole. Poi piano piano ne sono uscita e la gente, che non chiedeva mai “come stai?” ma solo “quanto mangia? Cresce? Non dorme eh allora stai sbagliando tutto!”, senza nessun riguardo ha iniziato a insistere “allora questo fratellino? Guarda che poi hanno troppa differenza”. La maternità è sempre affare degli altri. Ancora adesso che ho 3 bambine, sono sola e senza aiuti, non riesco a fermarmi per capire quale strada lavorativa riprendere perché loro hanno sempre la priorità (non sono tra le pentite io anzi adoro fare la mamma ma sento il vuoto nella parte non mamma di me diciamo ) c’è gente che mi chiede il 4 e che sia “maschio per carità” perché ancora oggi nascere femmina è una tragedia. La maternità non deve essere un dovere anzi non farli con coscienza è un atto d’amore verso quel figlio che non nasce e verso l’amore per sé stesse.
Ciao Laura, grazie mille per aver commentato ♡
Il tema della depressione post-partum è qualcosa di cui si dovrebbe parlare di più, e supportare anche dall’alto, ma sul serio: troppe donne rimangono da sole in un periodo così delicato. La gente che ti chiede il quarto figlio, mamma mia, come si fa a zittirla? Dimmi che hai trovato delle frasi ad effetto che funzionano e fanno capire loro che è ora di smetterla di mettere il naso nella vita sessuale altrui!
Io non ho mai voluto figli, e ne ho avuto la consapevolezza sin da giovanissima. A discapito di quello che ci venga detto, che la maternita’ e’ una cosa naturale e fa parte del nostro istinto, sono convinta che non sia cosi’. Non siamo tutte uguali, non abbiamo tutte le stesse aspirazioni di vita. A me il solo pensiero di diventare madre fa venire i brividi, perche’ lo sento come una cosa decisamente contraria alla mia natura. Non ne sento ne’ ne ho mai sentito il desiderio. Sara’ scontato ma, come sempre siamo noi donne senza figli (scelta che sia volontaria o meno) a essere nel centro del mirino, e mai gli uomini nella stessa situazione. Comincio davvero a scocciarmi di sentirmi etichettata per quello che ho o non ho raggiunto in termini di obiettivi socialmente accettabili. Se va bene a me cosi’, ma perche’ deve essere un problema per gli altri? Un abbraccio
Grazie mille, Marta. No, nemmeno io penso che la maternità sia qualcosa d’istintivo verso cui tutte propendiamo. A parte che non siamo tutte uguali, quindi molte di noi riescono a mettere da parte la questione dando priorità ad altro; ma proprio per natura, non credo che tutte le donne sentano di voler dedicare il loro corpo alla procreazione. E va benissimo così, cavolo.
Verissimo anche che gli uomini sono fuori dalla discussione, e le pressioni su di loro sono enormemente inferiori. Un abbraccio a te!
Per prima cosa, grazie per questo post. E anche per i commenti.
Poi un consiglio di lettura: Black Milk di Elif Shafak che parla di maternità e mi è piaciuto molto.
(Io nel frattempo mi segno i libri che citi tu)
Un po’ di tempo fa ho avuto una conversazione con una mia amica che ha una bambina piccola con problemi gravi di salute. Lei mi ha detto con calma e serenità che è felice di essere diventata mamma, ma è anche molto pesante, e che sarebbe stata felice anche di non esserlo diventata.
Io la vedo un po’ così: la maternità non dev’essere tutto quello che sei, non dev’essere il tuo unico obiettivo. Tu sei per prima cosa una donna e un essere umano, con interessi, interazioni sociali, curiosità intellettuali. Prima devi diventare la persona che vuoi essere, e poi fare dei figli. E io mi rispecchio un po’ in quello che dice la mia amica: credo la tua felicità, la tua realizzazione non debba essere legata SOLO all’avere dei figli. Per questo prima di pensare ai bambini voglio pensare alla mia realizzazione personale. (spero che quello che ho scritto abbia senso).
E in ultimo, una cosa che mi disturba è quanto si parli di bambini con amiche donne, e quanto se ne parli poco con gli uomini. Loro magari hanno una fertilità diversa (che poi non so, ho letto cose contrastanti al riguardo ma questa è un altro argomento), però per me avere figli è una decisione che si prende in due. Non esiste per me l’idea che IO mi debba prendere questa responsabilità, perchè essere una famiglia, per come me l’immagino io, è esattamente il dividersi decisioni e oneri a metà.
Che poi, come dici tu, si è una famiglia anche in due.
Grazie, Giupy! Sto finendo “Black Milk” proprio in questi giorni, l’ho giusto inserito fra i consigli di lettura nella newsletter che ho inviato ieri 🙂
È un libro bellissimo, rappresenta veramente bene il tormento interno di noi donne che stiamo un po’ nel mezzo, indecise fra il sì e il no.
Quello che scrivi ha molto senso e sono d’accordo con il tuo punto di vista; credo che essere madri sia così impegnativo, che -potendo scegliere- meglio imbarcarsi nell’avventura quando siamo soddisfatte della persona che siamo. Sei anni fa, per esempio, non avrei avuto esitazioni a dire NO, non voglio essere madre. Ma nella mia testa frullavano così tante altre priorità, problemi e confusioni, che non ci sarebbe stato spazio per un’altra persona a cui dedicare una parte così grande di me. Penso però a una delle cose che questo decennio dei 30 anni mi sta insegnando, ovvero che non smettiamo mai di trasformarci in una versione nuova di noi stesse, con o senza figli. Le persone che incontriamo, i viaggi, gli eventi a cui partecipiamo, quello che ci succede intorno, mettono costantemente alla prova le nostre certezze e la realizzazione di noi stesse. Secondo me arriva un momento in cui la maternità e la ricerca della nostra realizzazione personale possono camminare insieme, non perché una debba oscurare l’altra, ma proprio a braccetto.
Che bello questo post, grazie!
Sono nell’età in cui il grafico inizia ad andare giù. Me la sto vivendo in maniera strana: da sempre pensavo che avrei fatto almeno un figlio. Poi non lo so cos’è successo (o forse sì, e c’entra Parigi), ora che eventualmente “dovrei muovermi”, mi sentirei una pazza a mettere al mondo una creatura, per vari motivi. In parte l’idea mi piacerebbe eh, non sono una di quelle che proprio si schifano all’idea, anche perché le mie migliori amiche hanno figli e sento il loro amore e la loro felicità, pur nelle rinunce. Però proprio no. Per fortuna nella cerchia di persone che frequento questa è una posizione abbastanza condivisa e comunque davvero poco giudicata, ma là fuori il mondo è ancora troppo pieno di giudizio, e a me dispiace soprattutto per le donne che sono arrivate a questo punto e sentono sempre di più questa spada di Damocle con più insicurezze di me (non che io non ne abbia proprio, comunque, perché come hai scritto benissimo tu, l’Indecisione è sempre dietro l’angolo, anche per i famosi retaggi culturali). Ci hanno insegnato che è una responsabilità enorme generare una persona, che bisogna aspettare di avere i mezzi, la persona accanto, il momento, la stabilità anche mentale, e io mi chiedo, se queste condizioni non ci fossero mai tutte? O se semplicemente ci stiamo estinguendo e l’annullamento dell’istinto materno in una crescente parte della società ne è un sintomo? Comunque stiano le cose, se ne deve parlare, e il non figliare dev’essere visto come una scelta al pari dell’altra.
Grazie Lucy! I commenti a questo post somo bellissimi perché mi stanno dando l’idea di quanti contesti diversi ci hanno formato, e di conseguenza hanno modellato il nostro pensiero nei confronti della maternità. Tu dici che ti hanno insegnato che generare una nuova persona richiede mezzi, il momento giusto, la stabilità, e quindi bisogna andarci con calma; intorno a me invece vedo diverse persone che usano proprio questa argomentazione per dirmi “non sarà mai il momento giusto, quindi fallo perché poi ad aspettare troppo ci perdi”. Mi piace molto il tuo secondo punto di vista per cui magari questo “istinto materno” (se davvero esiste) si sta spegnendo perché è lì che siamo destinati ad andare…almeno noi occidentali, visto che in altre parti del mondo il problema sembra presentarsi meno 😉
Cara Giulia, hai toccato un argomento realmente scottante. Ovviamente anche io rientro nella categoria di donne che hai enunciato:ho appena compiuto 35 anni, ho una relazione “stabile” (per quanto ai giorni d’oggi sono convinta che nessuna relazione si possa definire realmente stabile) e so esattamente che più passa il tempo, più potrebbe diventare difficile avere un figlio. Partivo da una situazione di partenza simile ai profili di donna che hai enunciato: poco desiderio di diventare madre, un mondo fuori che non mi piace, e di cui le prospettive (climate change, inquinamento, cancro etc) mi fanno credere che fare un figlio è una pura follia nel 2018 (la riduzione delle risorse ambientali riduce anche la fertilità, come succede agli animali in cattività) poca voglia di cambiare le abitudini a cui sono abituata. Mi sono però resa conto, sembrerà banale, che il mio desiderio di diventare madre nell’ultimo periodo è aumentato esponenzialmente perchè si è fuso con il desiderio del mio compagno, che dopo anni di silenzio se n’è uscito con la dichiarazione che si, vorrebbe un figlio. E allora mi sono resa conto che il progetto di un figlio (almeno in un contesto di coppia) idealmente dovrebbe scaturire da una volontà comune che rispetti i desideri reciproci. La gravidanza è una questione prettamente femminile, ma il mettere al mondo un figlio, no. E putroppo non sempre funziona così: spesso sono le donne che spingono il proprio compagno ad avere figli, a volte sono gli uomini che forzano la propria compagna, creando poi delle situazioni di disagio che generano diversi traumi. Quello che sta succedendo a me è che il suo desiderio ha infiammato il mio desiderio. E per ora è la cosa più bella di tutta la questione, perché magari non avremo mai un figlio, o forse si, ma so di per certo che sarà una cosa che desideriamo entrambe e che non sarò sola ad affrontare tutte le paure e i dubbi del caso che nutro.
Ciao Chiara, grazie per il tuo commento! Sono d’accordo che, quando si è in coppia, la decisione di avere un figlio debba partire da un desiderio comune (ma un po’ come tutte le decisioni “grandi”, che hanno impatto sugli equilibrio a due); il contrario è decisamente deleterio, e lo dico per esperienza personale (per fortuna passata e archiviata come lezione di vita). È molto bello che tu e il tuo compagno siate avviati verso lo stesso obiettivo, vi auguro il meglio! 🙂
Da quando hai scritto questo articolo sono tornata più volte sulle pagine per leggere i commenti. Ogni volta arrivo piena di motivazione e desiderio di lasciare un commento, ma poi mi sembra tutto troppo intricato per essere dipanato qui nero su bianco. Vorrei solo dire che io quest’anno ho visto la mia fiammella del desiderio spegnersi lentamente. Se prima l’idea di un figlio mi sembrava folle e eccitante allo stesso tempo, e anche carica d’amore, ora provo solo paura
Grazie per aver commentato comunque, so che non è un argomento facilissimo; io per prima ci ho messo qualche mese a svilupparlo, e proprio perché avevo paura. Credo che il tema della maternità sia molto complicato, e ognuna di noi si porta dietro un vissuto che a volte sembra una montagna russa. Dall’eccitazione ai dubbi nerissimi, dall’accettazione incondizionata all’egoismo. Non penso ci sia un modo “giusto” di affrontarlo, per questo, ecco, siamo qui a parlarne 🙂
Un abbraccio!
Anch’io commento perché sento di dover commentare ma temo di non riuscire a dire molto di sensato.
Quello che credo di aver capito interrogando le altre donne e interrogandomi a lungo è che la spinta principale (o comunque una grossa mano) la metta l’incoscienza.
Per persone abituate ad essere introspettive, a farsi delle domande, a cercare una direzione alla propria vita, avere figli è un’ipotesi da scartare immediatamente.
Diciamocelo chiaramente: un figlio assorbe tutte le attenzioni, e dal momento in cui viene concepito ci sarà sempre un posto nel cervello occupato da lui (cosa farà, starà bene, come si comporterà, come vivrà, quanto vivrà). Avere un figlio per una persona abituata a trascorrere il tempo riflettendo, soppesando i pro e i contro e analizzando le situazioni da più punti di vista; una persona con una ricca vita interiore insomma, è controproducente: non avrà mai più lo stesso tempo di prima da dedicare ai voli pindarici e alle riflessioni.
E’ per questo che ci mettiamo così tanto a decidere. Perché nel nostro caso, avere un figlio significa per forza rinunciare a quella parte di noi stesse, e quella parte ci definisce.
Detto questo, credo che fare un figlio sia un tale salto nel vuoto che una volta nella vita vada fatto (fatto, non provato), assumendosi il rischio consapevolmente che del vuoto non si può sapere tutto, che non si può mai arrivare alla fine della lista dei pro e dei contro e che niente sarà mai come prima ma che non possiamo prevedere per niente quello che arriverà.
E’ per questo che dopo tutte le letture, le discussioni, le riflessioni, i conti, le pressioni e le sedute ginecologiche e psicologiche, in fondo quello che ci vuole sia l’incoscienza.
(E per incoscienza, intendo anche l’incoscienza di coppia, naturalmente).
Un abbraccio, e spero che si capisca qualcosa di quello che ho scritto!
Si capisce, si capisce bene 😉
Sono d’accordo, è un salto nel vuoto troppo coraggioso! E ti dò ragione sul fatto che comporti anche abbastanza incoscienza da sentirsi pronti a farsi sconvolgere la vita e non poter tornare indietro. Che cosa difficile!
Abbracci a te 🙂
ciao Giu, é da un po che non leggevo ma questo post ha attirato la mia attenzione.
La cosa flippante per me é “pentirsi di essere diventata madre”, é una cosa inquietante, poi ognuno la vede come vuole. Ma secondo me ti puoi pentire di aver comprato qualcosa (oggetto) ma non di aver avuto un figlio (o un cane, o un gatto!). Anche perché alla fine la vita in cosa cambia esattamente?
Per me sarebbe peggio pentirsi di NON averlo fatto. Perché indietro non si torna. Ed é una cosa che personalmente mi angoscia.
Li sopra ho letto che qualcuno l’ha fatto per incoscienza, e forse un po mi ci riconosco anch’io. A un certo punto decidi che lo vuoi e lo fai magari senza pensarci; e non sai cosa otterrai, a cosa dovrai rinunciare etc.
La cosa complicata per me é gestire la parte “psicologica” una volta che il figlio cresce. A volte non sai come gestire i momenti di rabbia, non sai quando arrivano, quando gli girano e si incazza e tu non ne hai voglia perché non sei dell’umore giusto e fanculo l’educazione…allora tutto passa con un abbraccio e il confort food (eheh).
Per quanto riguarda la fase “non so se lo voglio o no” non so che dire. Forse si é attirati dalla curiosità di qualcosa che non si conosce. Forse si ha il dubbio perché gli altri ti chiedono (e il secondo? e il terzo?? o il quarto?!!! che palle!). Forse perché gli anni passano. O forse semplicemente non ne vuoi e basta cosi. Ci sono poi quelli che “ahhh non pensarci nemmeno a fare un secondo/terzo eh!”
à presto!!
Grazie del commento Paola! Non avendo figli non te lo posso confermare, certo non dev’essere un sentimento facile con cui fare i conti, quello del pentimento. Il libro che cito di Orna Donath lo spiega però molto bene, e ne consiglio la lettura a tutti, non solo a chi è in dubbio come me 🙂
Che bel post e che bei commenti! Quando avevo 25 anni mi hanno detto che non avrei potuto restare incinta, salvo miracoli; diciamo che il voler diventare mamma non è stato tanto un problema. a 25 anni stavo con un uomo bambino e mi andava bene così. 10 anni dopo invece stavo con un uomo adulto e amato e ho provato la fecondazione, una volta. non lo sa nessuno, non i familiari, nè gli amici. tutto il procedimento è stato troppo doloroso per parlarne e io vivevo già all’estero. lì il verdetto fu brutale “tu non puoi fare figli in nessun modo possibile ed è tardi per iniziare il processo di adozione” e la mia reazione fu di sollievo. ho 45 anni e mezzo e non sono triste. non mi sento una donna mancata, non ho questo rimpianto. ci sono tantissime cose che riempiono la mia vita. io credo sia ora di accettare anche che la vita, i sentimenti, i percorsi, sono più attorcigliati di quello che uno vorrebbe, drammatizzare di meno e accettarsi di più.
Ciao Daniela, grazie mille per questo bellissimo commento!
Sono molto d’accordo con te, l’accettazione di noi stesse è sul serio la chiave per affrontare gli alti e bassi della vita, sia i dubbi che le notizie definitive. Grazie davvero per aver condiviso la tua esperienza 🙂
Grazie Alice!
Io ero sicura, ora ho il dubbio di non essere più in grado. Sono senza compagno/a e ho quasi 45 anni, 6 dei quali passati tra casa e cliniche di Barcellona e Madrid. Credo di aver perduto la forza di credere in me stessa e non avendo supporto attivo (cioè “accettano”, sono lì, ma non fanno il tifo per me, non mi sostengono.. si limitano ad assistere) dai pochi che mi stan vicino, inizio a svalutarmi e questo mi fa arrabbiare, ma è così.
Vorrei andarmene da tutto, lì sarebbe diverso, anche se sono sola. Nel mio contesto percepisco oppressione, ma forse questa arriverebbe ovunque andassi, dopo un certo tempo. Ecco perché mi sento nomade nell’anima. Ho due paure: rinunciare o fallire e non avere mai una mia famiglia,perdere un pezzo di vissuto così unico oppure continuare a provarci e magari riuscire e poi sentirmi in un troppo dal quale ci sarebbero ben poche vie di fuga. Non sono una persona comune (non è un vanto, tutt’altro, è dura) e anche questo mi pesa: non sarei mai la mamma standard.. odio la folla,odio l’ipocrisia del non far una mazza amandosi tutti insieme, odio la superficialità. E sono piuttosto lunatica. Non mi importa il giudizio altrui, ma peserebbe su mio figlio. O no? Sono incastrata tra l’incubo di una solitudine assoluta e il terrore di compiere un errore irrimediabile. Non riesco a pensare con leggerezza alle cose, alla vita.. alle cose della vita. E in famiglia mi han insegnato a essere iper responsabile e alla condanna senza appello nel caso di errore. Sono consapevole di tutto, ma divincolarsi e volare è estremamente difficile.
ciao Giulia, ho letto questo tuo post appena pubblicato, Filippo aveva compiuto 3 mesi e io non avrei saputo cosa commentare senza l’interferenza dei miei ormoni scombussolati dalla presenza di un neonato in casa 🙂 Ora, a un anno dalla nascita di Filippo, sono nel pieno delle riflessioni per capire cosa è cambiato, in cosa sono cambiata io (e se è successo). Ho letto Maternità e fino a metà libro ho pensato che il problema fosse semplicemente il compagno della protagonista: lui non vuole figli e scarica su di lei tutta la responsabilità di scegliere. Se una non è mai stata tra quelle donne che sentiva il “richiamo” di essere mamma fin da adolescente (eccomi!), è ovvio che in queste condizioni di coppia alla fine decide per il no. Per noi è stato un percorso in due. Ci siamo sposati giovani, ma abbiamo dato la precedenza ai nostri lavori e alle nostre scelte di vita. Sapevamo tutte e due di volere “prima o poi” una famiglia, ma per me il momento giusto non arrivava mai. Alla fine, abbiamo preso casa nella città dove ci siamo trasferiti, abbiamo capito che se hai la partita iva stabile non lo sei mai, e ci siamo detti che se non chiudevamo gli occhi e cominciavamo a provare non avremmo mai trovato il coraggio. Da parte mia non c’è mai stato nessun desiderio puro di maternità come ho sentito altre persone raccontare, persone come ne incontra anche Heti nel suo libro. C’è stato il desiderio condiviso di essere famiglia, frammentato da tutti i miei dubbi sul fatto che trovavo (trovo) assolutamente ingiusto che la donna facendo figli debba fermarsi e rinunciare inevitabilmente a una parte della sua crescita professionale. I dubbi mi sarebbero mai passati? Non credo, anzi, io su questo discuto ancora oggi con tutti. Pensa che ho iniziato a essere serena e felice come scrivono i manuali solo a una settimana dal parto. Quello che viene dopo è un’altra storia, che è quella della nostra famiglia con Filippo, e che non immaginerei mai diversa. Anzi, un po’ diversa sì, perché sono della politica “NO figlio unico” :))) Leggevo Heti, quindi, e leggevo il mio diario di un anno fa. Sono cambiata perché ho capito molte cose di me che senza la gravidanza non avrei capito (per esempio il rapporto con il mio corpo), ma sono anche la stessa me, tengo tantissimo al mio lavoro e al mio spazio. Ero felice prima di avere un figlio? Sì, molto. Sono felice dopo? Sì, molto. E le riflessioni di Heti sono condivisibili al 100%: è il nostro corpo, è inevitabile che sia così. Trovo che sia un libro femminista, di cui parlare e discutere. Chissà se riusciremo di persona, un giorno 🙂 Un abbraccio e grazie per questo post!
Grazie mille Donata, che bello leggere il tuo contributo così sincero. 🙂 Mi rassicura molto, perché tocchi punti che sento molto vicini sul tema della realizzazione professionale e dei dubbi che le ruotano intorno.
Su “Maternità” medito di scrivere un post dedicato, ma è stata una lettura così piena di pensieri condivisi e ispirazione che per il momento non saprei da dove cominciare. Grazie!
Ti ringrazio, queste parole avrei potuto scriverle io lettera per lettera. Sono nel momento in cui “o ti sbrighi a prendere una decisione o sei uno yogurt scaduto”, e continuo a tormentarmi con i tuoi stessi interrogativi, stanno diventando un pensiero ossessivo che non riesco a mandare via. Hai esposto tutto in modo molto lucido, io invece in questo momento non sono lucida: ho solo una grande paura.
Ho paura di perdere me stessa, ho paura di non avere più i miei spazi e forse a causa degli esempi famigliari che ho avuto, vedo l’essere madre come una possibile fonte di frustrazione personale, mi mette l’angoscia pensare che un essere umano sia così dipendente da me e che io debba poi preoccuparmi tutta la vita per lui e la più grande angoscia è il fatto che sia una decisione definitiva da cui non si torna indietro ,il fatto di metterti un estraneo in casa con cui potresti anche non andare d’accordo, che dovrà ad un certo punto della sua vita necessariamente “demolirti” per affermarsi come adulto. Ho paura che la mia relazione di coppia cambierà e io amo la mia vita così com’è, con i viaggi, con mio marito, con il mio lavoro. Se immagino di smettere di lavorare per un figlio è come se mi mettessero un cappio al collo. Sono una persona che vede sempre il lato bello delle cose, ma su questo argomento non ci riesco, ho una paura che mi paralizza, pur amando i bambini e andando molto d’accordo con loro. Vedo troppe vite di donne “finire” in quanto donne quando diventano “mamme”, non riesco a tollerare che la mia vita possa “finire” nel momento in cui inizia quella di mio figlio. Ho il terrore di annullarmi e non ritrovarmi più. E intanto il tempo passa, mio marito un figlio lo vorrebbe più di me, non sento di potergli negare questa gioia, anche perchè non sono al 100% sicura di essere una che non vuole figli…. forse dovrei avere un pizzico di incoscienza in più, forse la gente come me che pensa troppo razionalmente ai pro e soprattutto ai contro alla fine i figli non li fa…ma non sapete cosa darei per avere qualcuno che mi resetti il cervello e mi trasformi in una donna desiderosa di essere madre o almeno per capire se le mie paure siano mie o siano solo dettate da condizionamenti familiari ed esterni che non mi appartengono e non vorrei che mi definissero come donna. Spero di capire prima che sia tardi. Un abbraccio e grazie per il tuo post
Ciao A., mi riconosco moltissimo in quello che scrivi. Grazie per aver lasciato il tuo commento, come vedi siamo in tante a essere tartassate dallo stesso dubbio: ci gira per la testa però esternarlo e parlarne è una gran cosa, ci si sente meno sole. Un abbraccio a te!
Ciao A.!
Le tue parole potrei proprio averle scritte io.
La paura di annullarmi, di rovinare una carriera che mi entusiasma, di non riuscire ad aver tempo per essere me stessa…
Ciao! Interessante, per caso mi sono imbattuta nel tuo articolo(avendo anche io 36 anni, anzi ormai 37) e gli stessi identici dubbi esistenziali riguardo la maternità. E guarda caso, anche io abito a Barcellona, a Sants. Inutile dire che mi sono scese alcune lacrimucce, non avresti potuto esprimere in modo migliore come mi sento da ormai un anno a questa parte. Grazie di cuore per il tuo articolo! Giulia
Ciao Giulia, mi fa piacere che ti sia riconosciuta in questo post. È un limbo strano, il nostro, se ne parla poco forse: l’eterno oscillare fra il no e il sì non è facile da gestire. Un abbraccio!
Anche io imbattuta in questo articolo, anche io piena di dubbi e paure.
Di anni ne ho compiuti 40 ma non è l’orologio biologico a farsi sentire.
Non ho mai sentito la necessità di un figlio, al di là del fatto che vivevo relazioni che mi tenevano ben lungi da questi pensieri.
Adesso vivo da 2anni una relazione in cui sono finalmente serena, ma molla è scattata ultimamente da quando ho iniziato ad essere circondata da amiche che diventavano mamme…e da qui sono nati dubbi, una sorta di meraviglia per essermi ritrovata con questo pensiero ma anche tante paure.
Sarà scattato per emulazione?
O perché adesso la mia condizione è diversa dal passato?
Lo desidero davvero? – proprio io che non ne ho mai sentito il desiderio –
La nostra coppia funzionerà anche con tutto ciò che comporta un figlio?
Sarò all’altezza? – proprio io con poca pazienza e un carattere non proprio facile –
Sembra tutto così bello la fase della gravidanza, della nascita…ma poi?!?! Come affronterò tutto??
Insomma…40anni…un compagno che non mi pressa, ma che nella sua vita vederebbe un figlio…una casa piccola da cui non voglio staccarmi e che dovrei rivoluzionare per fare posto ad un bimbo…un lavoro che meno mi assento e meglio è… insomma, mi sembra tutto così difficile…
Eppure non riesco a chiudere il discorso nella mia testa con un “No, figli non ne desidero e non ne farò”…questo discorso ogni tot torna e io non riesco a trovarla casella giusta di questo tassello nella mia vita.
Anche io mi sono imbattuta per caso in questo post e in questi commenti di donne che sembrano mie sorelle. Che dire? Forse dirlo è la forma più forte di appropriazione dei nostri sentimenti. Ho provato a fare un figlio – senza troppa convinzione, ho 40 anni – perché avevo paura di perdermi una parte importante della vita (e razionalmente lo pensò ancora), ora ho scoperto di essere incinta e ora sono terrorizzata di aver fatto la scelta sbagliata, di non essere fatta per essere madre.
Non so come finirà questa cosa, ma mi ha fatto bene leggere le vostre parole.
Ciao Elena! Sono incappata in questo post cercando disperatamente aiuto per fare chiarezza nella mia mente..
Anch’io ho 40 anni e da 2 mesi sono incinta..
Io e il mio compagno abbiamo una relazione solida e stabile, e tempo fa avevamo pensato che forse potevamo fare questa scelta.. Così ci abbiamo provato per un pò, senza risultati, così eravamo quasi convinti che non sarebbe stato il nostro destino. Invece..è arrivato il “caso”, e insieme a quello una valanga di notti in bianco e tormenti mentali. Entrambi siamo due “pensatori”.. Figlio sì, no, lo facciamo per noi o per la felicità degli altri (nonni)? Siamo disposti a rinunciare alla nostra libertà? Io poi già ho problemi con il sonno e dormo poco e ho mille cose da fare, come farò dopo? I genitori sono anziani.. Cosa aspettarsi se qualcosa va storto e abbiamo anche il bimbo piccolo?
Alla fine siamo giunti (forse) alla conclusione che sarebbe meglio interrompere prima di dare di matto, e mi resta poco per decidere.
Ho visto che la tua risposta è di aprile, perciò volevo chiederti alla fine cosa avete deciso..
Ti ringrazio di cuore se risponderai alla mia domanda!!
Con affetto,
Nicoletta.
Ciao Nicoletta, purtroppo non ho mai visto il tuo commento fino ad oggi, mi dispiace molto, avrei voluto risponderti prima. Immagino che tu abbia già preso la tua decisione, spero quella giusta per la serenità tua e del tuo partner, qualunque essa sia stata.
Io ero molto spaventata, ma ho deciso di andare avanti e non mi sono pentita. Questo bambino che è stato un grande punto interrogativo ora è una grande gioia, più di quella che mi aspettavo. Per me c’è stato un cambio netto di prospettiva che è difficile da spiegare senza sembrare una madre smielata, ma sento un amore e una dolcezza enorme che è entrata nella mia vita.
Mi manca tutto della mia vita precedente e sono stanca oltre ogni livello, ma sono contenta.
Questa è stata la mia esperienza però e posso parlare solo per me, ma credo che la cosa più importante sia dare voce ad ogni sentimento, ogni paura, ogni dubbio perché solo così saremo libere di scegliere.
Nicoletta..com’è andata poi?
Capito in questo sito per caso, pur non credendo mai al Caso e mi rincuora leggere che come me tante donne vivono nel dubbio di diventare o meno madri. C’è una parte di me che vorrebbe un figlio, ed una parte di me che ne ha terrore al punto di annullare ogni desiderio. Un figlio rappresenta per la crescita, il distacco dall’essere figlia, è accettare che
Il tempo passi, che nulla rimarrà uguale. Una parte di me forse non vuole farlo, non ne sente il bisogno, non ne sente il bisogno, mentre l’altra non si perdonerebbe di non averci mai provato. I miei attacchi di ansia spesso mi hanno fatto perdere desiderio delle cose belle perché magari erano fonte di ansia. E se permettessi a questa parte di avere il sopravvento ora, che peso di rinuncia dovrò portarmi dietro?
Spero che qualcuna mi legga.
Ciao a tutte, sono capitata per caso in questo articolo, mi ritrovo con la stessa ansia, ho 34 anni, con amiche tutte mamme, sia felici che con problemi, ma io figli non ne ho e non so se li voglio o no. Ho una gran confusione in testa, sono sposata felicemente con mio marito, ma lui ha sempre detto di non volere figli, è felice così, con una famiglia fatta solo di noi 2. Io fino a qualche tempo fa ero tranquilla, mi andava bene, ma non so, nell’ultimo periodo è scattata una paura infernale di fare un errore, di star sbagliando strada… Di fare la scelta sbagliata e pentirmene… Sembrano tutti convinti che avere figli, nonostante le difficoltà ne valga la pena…ma io ho paura di rovinare la felicità coniugale raggiunta per qualcosa di cui neanche sono sicura… Che non so se voglio affrontare. Ma che ho paura di non fare e di pentirmi…spero di riuscire a chiarire i miei pensieri. Leggere tutti i vostri punti di vista aiuta, mi fa capire che esistono molte strade da poter intraprendere… L’importante è capire quale è giusta per noi.
Ciao Alice,
giugno 2021… compiuti 29 anni da pochi giorni e mi ritrovo esattamente negli stessi dubbi di cui tu racconti.
Ho ancora un po’ di tempo, ma in fin dei conti non infinito. Non appartengo nè a quelle che un figlio lo vogliono di sicuro nè tantomeno a quelle che sono sicure di non volerlo. Continuo a interrogarmi, ad analizzare, a valutare pro e contro, a sentire la paura di rinunciare a parte della mia libertà di oggi. Se decidi di diventare madre, indietro non puoi più tornare.
Per anni ho creduto che tutta la mia incertezza derivasse dalla paura del dolore del parto, poi un giorno ho iniziato ad andare un po’ più a fondo e mi sono accorta che in fin dei conti quella era una grande scusa, almeno in parte. All’improvviso mi son detta che io forse un figlio non lo volevo per tutto ciò che comporta dalla sua nascita e per tutto il resto della vita.
Mi piacerebbe chiederti, se non sono inopportuna, se a distanza di 3 anni qualcosa è cambiato nella tua vita. Hai trovato le risposte che cercavi?
Grazie per avermi fatto sentire meno sola.
Buongiorno,
Ho 38 anni, non mi sono voluta sposare ed avere dei figli, ne lo farò in futuro, perché ho paura di perdere la mia libertà, di non potermi dedicare ai miei hobby e di diventare come mia madre che alzava le mani su mio fratello quando faceva una marachella ( ho assistito più volte a quella scena da piccola e sono rimasta traumatizzata).
Secondo me spingono più le donne che gli uomini a fare i figli perché la società (così come la Chiesa) è fatta di uomini, ossia maschi. I maschi hanno paura delle donne, e quindi se loro sono mamme e mogli tanto meglio, così stanno a casa e non ci rompono le scatole.
Quelli che dicono: ” A quando un figlio? Te ne pentirai!”, “Come farai quando sarai vecchia?” “A quando il secondo? Mi raccomando, che sia maschio! ” dovrebbero vivere una settimana con una famiglia con dei bambini piccoli per capire che si sbagliano e quindi smettere di avere atteggiamenti inopportuni.
Ho paura che un mio familiare o estraneo mi costringa ad avere figli anche da sola. Non voglio e sono preoccupata.
Ciao a tutte! Sono così felice di essermi imbattuta in questo post! Mi chiamo Vania e faccio parte anch’io del gruppo di indecise che non sa se volere o meno un figlio. Ho 34 anni e sono in una relazione stabile da più di 3 anni. Mi identifico con molti dei commenti che ho letto – paura di annullarsi, paura che la relazione con il mio compagno cambi in peggio, paura di non essere all’altezza, terrore al solo pensiero di cambiare qualcosa nella mia amata routine fatta solo di me stessa… insomma, una valanga di paura 😉 vorrei comunque aggiungere un paio di spunti di riflessione e raccontarvi la mia storia. Non ho davvero mai pensato seriamente alla maternità, cioè non mi sono mai posta davvero il problema. Ma, venendo da un piccolo paese di campagna, davo quasi per scontato che un giorno sarei diventata madre – lo erano tutte mentre crescevo, chi non ne faceva era strana. Prima di conoscere il mio attuale ragazzo, sono stata single per parecchi anni e ho sofferto molto al pensiero di poter, potenzialmente, rimanere sola. Sognavo spesso di essere madre, come se quel figlio/quella figlia che vedevo nei miei sogni rappresentasse la tanta agognata fonte d’amore incondizionato. Da quando sono in coppia – con mio stupore – il mio approccio è cambiato radicalmente; ora che potenzialmente potrei farlo un figlio, lo rifuggo e ne ho paura. Questo dovrebbe farmi pensare che, in fondo, non ne voglio, che sto bene così, che essere zia di tutti i bambini di amici e parenti mi soddisfa a sufficienza. I dubbi mi sorgono quando sono in famiglia o con amici, qualcuno fa un commento sul tema e io mi sento in colpa; una colpa che provo più verso me stessa che nei confronti di chi mi sta di fronte; mi vengono quando mi sento inadeguata al cospetto di un circolo di madri, momenti in cui mi si vuota letteralmente il cervello e non riesco più ad articolare una frase compiuta su come sto, sul fatto che la mia vita va bene, che è fatta di alti e bassi altrettanto interessanti rispetto alla crescita del bambino di turno, a quanto ha mangiato, se ha dormito etc. Mi sento sempre in difetto fra le mamme… mi sento esclusa. Mi ha fatto molto bene leggere questo post, mi sento meno sola con i miei pensieri.
Ciao a tutte, ho letto tutti i commenti e finalmente non mi sento più sola in questo vortice di indecisione che oggi più che mai mi assale.
Sono cresciuta non avendo mai desiderio di diventare madre, non avendo trasporto per i bambini, ma mettendo in conto che poi un domani chissà … dai 35 ai miei 37 ho avuto altre questioni da risolvere che mi hanno assorbita completamente, perciò ho smesso di pensarci . Adesso ho 38 anni ( tra qualche giorno) es è tornata tutta l’angoscia e l’indecisione, forse più forte che mai.
Il mio compagno ha sempre desiderato un figlio, sa che per me non è lo stesso, e ora è diventato anche un problema poterne parlare con lui perché non comprende questa mia mancanza di desiderio.
Rispetta il mio voler posticipare ancora, poiché non mi sento una donna realizzata professionalmente, ed è disposto ad aspettare solo se ho davvero intenzione di provare ad avere un bambino.
In realtà, io non lo so. Sono più sul no che sul si , ma ho una matta paura di pentirmene quando sarà ormai troppo tardi . Mi chiedo costantemente se questo mio non saper decidere dipenda dal fatto che non provo un amore forte per quest’uomo.. so che sarebbe un ottimo padre e che è una persona meravigliosa, ma non rappresenta per me l’amore della vita .
Pensate che amare alla follia un uomo mi avrebbe resa una persona decisa sul da farsi ?
Sono anche convinta che la maternità non mi sia mai appartenuta a prescindere , ma forse un sentimento più grande mi avrebbe potuta aiutare.
Mi farebbe davvero piacere leggere le vostre risposte .
Grazie e speriamo bene per noi tutte !
Ciao a tutte! Che bello leggere questi commenti… VirginiaManda si capisce benissimo ciò che hai scritto, hai messo in parole quelli che sono anche i miei pensieri. Io ho 27 anni ma sono stata da sempre una bambina e poi ragazza molto responsabile e “pensosa”, analizzo tutte le possibili conseguenze prima di prendere una decisione, immaginando le varie cose che possono succedere da qui a 20 anni avanti. Un anno fa ho intrapreso una psicoterapia incentrata sul dubbio di se e quando vorrò provare ad avere figli, la mia psicoterapeuta mi ha “proibito” di andare più avanti di 5 anni coi pensieri , e per come sono fatta, dice non riuscirò mai ad essere sicura al 100%. È da quando sono piccola che mi immagino mamma è che scelgo con cura i nomi che darò ai miei figli, ma anche io come molte altre qui, al momento di “concretizzare” con un compagno che si sente pronto, mi sono bloccata con mille insicurezze. Non riesco ad avere quel coraggio di buttarmi, che proprio non mi appartiene. Credo che avere un figlio sia l’atto più egoistico è più altruistico allo stesso tempo, credo sia sempre il mettere al mondo un esserino d’amore, portare avanti la vita. Allo stesso tempo mi chiedo se sarà felice, se gli piacerà la vita qui, se riuscirò a fare i conti con me stessa se le cose andranno come non ci si aspetta (sicuro!). Mi aiuta pensare che tutti i sentimenti umani sono, o possono essere, ambivalenti; io per esempio spesso alla mattina sono positiva è ho voglia di avere un bambino mentre alla sera sono malinconica e penso solo alle cose negative. Ora io sto temporeggiando ma sento di essere un po’ più “pronta” rispetto a un anno fa, probabilmente è anche la primavera grazie per questo scambio di pensieri
Ciao Alice e a tutte voi, questa è l’unica pagina in cui ho letto pareri ed esperienze che mi danno il coraggio di condividere il mio pensiero
Alla soglia dei 40 mi ritrovo con la data fissata in clinica per l’ultima visita prima di procedere con la pma, e la paura di non volere davvero un figlio/a.
Ho fatto tanti esami in questi anni di pandemia che hanno reso infiniti i tempi per via del rallentamento del sistema sanitario. E tutta questa attesa non ha fatto altro che pormi dei dubbi sul reale desiderio che pensavo di avere tempo fa.
In realtà la mia indecisione ha messo radici da qualche anno, da quando una mia cara amica ha perso sua figlia di 7 anni in un incidente. Vedere la sofferenza immane che l’ha colpita mi ha letteralmente traumatizzata. Tutt’oggi piango se solo ci penso. Penso che al suo posto sarei impazzita e questo ha messo un grande punto interrogativo nella mia scelta di essere madre nonostante sino ai 30 mi sia sempre immaginata con un figlio, forse soprattutto per convenzione sociale. Non saprei dire con sincerità se il desiderio di procreare sia dettato dall’amore, dagli ormoni, dalla cultura, dalla famiglia e dagli amici che se lo aspettano e addirittura sperano che i loro figli abbiano i nostri come amichetti di gioco. Adoro i miei nipoti e i figli delle mie amiche e gli regalerei la luna se potessi, ma non sono sicura che da madre potrei sopportare una co-dipendenza. Non so se avrei la pazienza h24/7 su 7.
Temo tutto della maternità e stimo tantissimo le donne che hanno affrontato la gravidanza, il parto, e ogni giorno portano avanti il loro ruolo con l’amore che le si legge negli occhi nonostante il corpo modificato per sempre e le difficoltà di far combaciare tutto.
Penso che la visita finale e il colloquio con il dottore della clinica mi aiuterà nella decisione, e che il destino farà il resto, anche perché la scelta e la forzatura su madre natura arrivano sino ad un certo punto…
Ciao Zoe, mi farebbe piacere sapere com’è andata, poi. Perché mi trovo un po’ nella tua situazione (anche se con l’adozione, e non con la pma). Dopo tanti anni di attesa, e dopo un ultimo periodo in cui io e mio marito siamo giunti alla consapevolezza che forse un figlio non lo vogliamo davvero, è arrivata la chiamata. Non ho risposto con entusiasmo ma con automatica emozione (dovuta anche agli anni di attesa), ma poi mi sono ritrovata a pensarci seriamente (idem mio marito).
Ma lo voglio davvero? Ma perché prima ero entusiasta e ora mi interrogo se davvero lo voglio? È stata una fortuna attendere così tanto, in modo da aver avuto la possibilità di riflettere? Ho paura di un figlio, ma non di non essere una brava madre. Lo sarei, credo, ma non so se voglio esserlo (la sento molto come un desiderio più dei nonni, che nostro). Dall’altra parte temo che se rispondessimo di no, poi tra 10 anni ci ritroveremmo pentiti. In altri momenti sento la serenità e la gioia che comunque proveremmo ad essere genitori. Insomma: montagne russe. Forse mi sono già risposta da sola, ma è bello leggere tutte queste esperienze, non mi sento così aliena.
Che dire..ho appena letto tutto
D’un fiato e sembra che mi abbia letto nella mente. Io pensavo di aver fatto pace con questo desiderio di non maternità anni fa, infatti intorno ai 32/33 anni ho accettato il fatto di
non avere questo istinto materno…e invece no..ti scrivo nel giorno del mio 37mo compleanno e sono giorni che non riesco a smettere di pensare ad altro. Il mio compagno di 46 anni che è mesi che mi parla di istinto paterno, I nostri lavori poco stabili (io appena entrata in un’azienda, lui partita iva precario) pochi aiuti familiari, tanti miei irrisolti che non mi rendono una persona proprio stabilissima..eppure il pensiero c’è, ho paura del futuro, dell’incertezza, di pentirmene, di negare questo al mio compagno.
Di negarmi la possibilità di vivere un’esperienza che pare sia molto bella..
Sono molto confusa mi farebbe piacere parlarne con qualcuno di voi se vi fa piacere.
questo blog è il più onesto che ho letto questi ultimi mesi.
Ho 42 anni e mezzo, sono incinta da due mesi e mi sento ancora indecisa di averlo. Ho una relazione stabile da quasi 10 anni, siamo arrivati al punto stabile d’amore e rapporto felice insieme.
Anni fa ho fatto una Interruzione perchè non era il momento giusto ed è stata una buona decisione, ma dopo aver fatto 39, ho cominciato a chiedermi se non mi sarei pentita in futuro di decidere di non avere mai figli… quindi, ho lasciato andare alla natura che decidesse per me, per noi. Pensando che c’era pochissima probabilità dopo i 40. Invece zaz! rimango incinta e siamo in shock.
Sono con la persona che amo, l’unica cosa veramente bella che ho sentito al vedere i risultati è proprio questo, la certezza di farlo con la persona giusta per me. Ma per il resto delle cose, pensieri, desideri, paure, domande, ecc. mi viene più fatica, ansia, una mancanza di voglia, per sconvolgere tutto il mio mondo sereno e felice degli ultimi anni.. Ho iniziato a fare tutti gli analisi (da over 40) necessari per avere un bambino sano, visto che abbiamo ‘sfidato’ alla natura e dobbiamo confrontarla…
Comunque sono ancora in tempo di una IDG e abbiamo parlato ieri mio marito ed io, e siamo in sincronia, sempre con i dubbi, poca voglia di cambiare il nostro stile di vita, e che la decisione principalmente è mia, mi ha detto che per lui sarebbe sempre accanto me, perchè lui ha sempre avuto paura dei cambiamenti ma in questo caso, lui mi seguirebbe perchè mi ama.
Sono molto confusa. So che se ci siamo lasciati andare senza proteggerci, significa che nel fondo lo volevamo..? ma ora che ci siamo, abbiamo ancora dei dubbi potentissimi, io mi sono sentita un po’ depressa, serena ma senza voglia di nulla… non lo so.
Non ho mai desiderato avere figli, ma non volevo pentirmi di non avergli in futuro. Aiutoooo! 🙂
Sono sveglia dalle 5 del mattino e non riuscendo più a dormire ho iniziato a cercare su internet risposte, test, convincimenti e ho trovato questo interessante scambio a cui mi sento di partecipare. Ho 37 anni e me ne sento 10 in meno. Fino a qualche anno fa mi sentivo tranquillissima di poter temporeggiare in questa decisione di diventare madre perché pensavo di avere tanto tempo. Da un paio di anni mi sento come se il tempo stesse scadendo e la mia più grande paura è di non essere io a decidere ma il tempo stesso.
Devo dire che ultimamente mi sembra che la mia indecisione si sviluppa nel tempo un po più verso il si. Mi sento più tollerante verso il pianto della bimba della vicina, verso l’idea di profondo cambiamento che avrebbe la mia vita.
Sono una grande amante dei cani, ne ho uno e non avrei dubbi su averne un’altro e anche se può sembrare strano mi aiuta a capire che sono già madre.
Sono madre del mio cane, madre dei miei progetti, madre dei miei sogni, madre di tutte le mie allieve e donne di cui mi prendo cura di tutte le età.
(Sono un’insegnante di danza orientale e pilates e amo il mio lavoro come se fosse un figlio. Condivido questo lavoro con mio marito, gestiamo lo studio inseme)
Sono sposata da 1 anno e mezzo con un uomo meraviglioso e sono convinta che non ci sia altro uomo con cui farei un figlio.
Anche lui è indeciso e questo non mi aiuta. La sua risposta è sempre; forse un giorno, ma io sento di non avere molti altri giorni.
Se lui mi dicesse si facciamolo penso mi farei trasportare e userei quel po di incoscienza che forse ci vuole.
Forse tutte noi “insecise” pensiamo troppo. A volte mi dico che se non lo volessi non ci penserei nemmeno.
La mia vita è ricca d’amore e cose belle e se da un lato avere un figlio potrebbe e dovrebbe essere un valore aggiunto, dall’altro ho paura di rovinare questo equilibrio che ho tra la nostra attuale famiglia senza figli e che ruota intorno al nostro lavoro.
Sopratutto vorrei poter decidere con serenità insieme a mio marito.
Mi sono imbattuta casualmente in questo vecchio post e mi consola vedere quante donne si trovano nella mia stessa condizione! Ho 36 anni, fra un mese e mezzo ne compirò 37, vivo a Barcellona anch’io, da quasi 8 anni. Quando ho lasciato l’Italia purtroppo ho lasciato lì anche il grande amore della mia vita, non ha voluto seguirmi, ha preferito restare nel paesino dove era nato accanto a sua madre 🙁
In questi 8 anni mi sono innamorata di nuovo ma mai come lo ero stata di lui. Ora, da quasi 5 mesi, sto con una persona con cui finalmente sembra che si possa avere una relazione sana (le mie due ultime relazioni erano state devastanti) e sto iniziando a pensare molto al tema figli.. ho congelato gli ovuli due anni fa, già che mi era stato detto che avevo una bassa riserva ovarica, ma adesso mi trovo nel dilemma: voglio davvero avere figli? So benissimo che se avessi 6 anni meno non penserei in assoluto ai figli, ho una vita piena, adoro ballare bachata, faccio teatro, ho un lavoro che mi piace, adoro viaggiare e quest’anno finalmente sono tornata a farlo dopo due anni di pandemia; la persona che ho accanto non è il grande amore della mia vita, ma potrebbe essere un ottimo compagno di vita e sono certa anche un ottimo padre. Lui vorrebbe avere figli prima o poi, io avevo sempre pensato che in un futuro lontano ne avrei voluti, ma adesso con quasi 37 anni penso “cavolo, ma ‘sto futuro lontano è già qui! Li voglio o no?! Non potrò più ballare? Non potrò più fare la mia ora settimanale di teatro? Non potrò più essere io?!” Tutto questo mi terrorizza!!! Ho una gran confusione in testa, non so davvero più cosa voglio!