Ho sempre provato sentimenti controversi verso l’8 marzo. Odio le mimose, mi fanno prudere il naso, ed era un incubo ritrovarsele sul banco di scuola o al lavoro quando qualche compagno di classe o collega faceva il “bel gesto” di comprare mazzettini di quelle palline gialle da posare sulle scrivanie delle ragazze.
Ma ancora di più ho sempre odiato con tutta me stessa il concetto della “festa”. E degli inviti a “festeggiare fra donne” da parte di amiche o colleghe, andare a mangiare la pizza in mezzo a gruppi di altre donne, delle quali molte si sentivano in “libera uscita”.
Nemmeno cito le penose serate in cui lo spogliarello maschile è il clou della serata.
Poi sono venuta a vivere a Barcellona. La prima volta che ho passato un 8 marzo qui ho scoperto raramente ti regalano le mimose. E che nessuno parla di festa della donna: non esistono serate solo per donne, l’8 marzo.
Poi ho iniziato a condividere la mia vita con il Guerriero: ricordo ancora le sua grasse risate mentre scorreva le pagine pubblicitarie di un giornale italiano che gli avevo messo sotto il naso un 8 marzo qualsiasi. Inserzioni dai colori fluo che promettevano gran divertimento per le donne in discoteca o nei locali e sconti per tutte.
Non ho mai visto niente del genere da nessuna parte —mi diceva. E sì che di giornali internazionali ne sfoglia a bizzeffe, questo messicano.
La festa della donna non esiste: l’8 marzo è la Giornata Internazionale delle Donne
Ve lo confesso, mi sono sentita una scema. Per anni mi sono agganciata con rancore a una data in cui non mi riconoscevo, rifiutando questa simil-concessione a essere festeggiata in un determinato giorno dell’anno solo per il fatto di essere nata con le ovaie.
Vedere quest’altro lato della moneta, insieme a tante altre cose che sono successe nella mia vita da quando sono partita dall’Italia, mi ha reso molto più consapevole di quello che vuol dire onorare la giornata internazionale delle donne.
Prima di tutto non la chiamo più festa.
E non perché non dovremmo festeggiare i passi avanti che le donne hanno fatto nell’ultimo secolo. Ma perché, nonostante sia passato appunto un secolo, ci sono ancora troppi aspetti della vita in cui veniamo considerate una minoranza. Non numerica, ma concettuale.
Per capire cosa intendo, ci sono dei bellissimi post che sono stati pubblicati ieri a riguardo, uno fra tutti questo.
Onorare l’8 marzo per me è quindi diventato qualcosa di normale, un momento di condivisione sul tema, un continuum rispetto a quello che già faccio gli altri giorni dell’anno: leggere, scrivere, parlare del mondo femminile mi entusiasma. L’8 marzo ne approfitto per sentire ancora più mia questa passione e possibilmente condividerla.
E visto che negli ultimi mesi sembra che finalmente il movimento femminista stia tornando alla ribalta in modo più generale, uscendo dal ghetto dell’attivismo (come se essere attivi per difendere i propri diritti fosse qualcosa di cui vergognarsi), l’8 marzo 2018 è stata una grande giornata.
Lo sciopero generale in Spagna per la Giornata Internazionale delle Donne: qui, Barcellona
La giornata di ieri era riconosciuta a livello internazionale come una giornata di mobilitazione per i diritti delle donne. Non solo ci sono state delle enormi manifestazioni in Spagna (per darvi un’idea, qualche foto qui): in molte altre città del mondo, Roma e Milano incluse, migliaia di persone hanno marciato insieme per gridare lo sdegno verso una condizione che ancora oggi vede troppe donne come parte lesa di una società violenta e maschilista, sia nella sfera privata che professionale.
Eppure…
Mi sembra un po’ una cazzata
A cosa serve scioperare?
Celebriamo la giornata della donna creando disagi per le donne che lavorano?
Queste alcune del gran campionario di frasi sullo stesso tono che ho letto ieri su Twitter e altri canali.
Mi cadono un po’ le braccia.
Siamo abituate ad avere già così tanto, nonostante le molteplici discriminazioni ancora esistenti, che abbiamo perso il senso dell’alzare la voce. Abbiamo perso il senso della solidarietà verso chi quel tanto non ce l’ha o che non lo può più avere, verso chi vive condizioni di disparità che nemmeno immaginiamo a poche centinaia di km da casa nostra.
Abbiamo perso il senso di ricordare che, se siamo qui a parlare di diritti delle donne e lo possiamo fare dalle nostre scrivanie o accedendo alla libera informazione su Internet, qualcuna prima di noi, diverso tempo fa, ha deciso che valeva la pena esporsi, manifestare, opporsi.
Ieri lo sciopero nazionale in Spagna prevedeva la possibilità di assentarsi dal luogo di lavoro, o di fare 2 ore di sciopero durante la giornata lavorativa.
Lavorando da casa, il concetto di scioperare è un po’ labile: nel senso che se decido di non lavorare, non è che creo questi grandi disagi. I miei clienti possono sopravvivere anche se gli rispondo con 12 ore di ritardo.
Nonostante ciò, ho chiuso il pc a metà pomeriggio e sono andata alla manifestazione prevista a Barcellona.
Mi sembra quasi superfluo dover specificare perché vale la pena scendere in piazza e partecipare a una manifestazione dell’8 marzo. Lascio che siano le immagini di ieri a parlare.
Certo è che non mi sono sentita né scema né inutilmente idealista mentre mi dirigevo verso Paseig de Grácia per incontrare le mie amiche e migliaia di altre sconosciute e sconosciuti (serve dirlo? c’erano anche tantissimi uomini, ovviamente), con cui avrei poi sfilato lentamente – per via dell’infinita lunghezza del corteo – verso Plaça Catalunya.
Perché forse tutti noi che siamo scesi in strada ieri non miglioreremo il mondo con una manifestazione (non immediatamente, almeno). Ma non mi risulta che stare seduti sul divano di casa abbia mai sortito effetti migliori nel cambiare le cose che non ci piacciono.
❣
Sullo stesso tema:
Anch’io emigrando ho potuto constatare quanto fosse diverso l’8 marzo in italia rispetto ad altri paesi. Sono sempre stata irritata dalla superficialità con cui viene considerata la giornata – gli spogliarelli, le mimose, le battute, i gesti di cavalleria che nascondono la misoginia – ed è stato un sollievo per me poter invece usare la giornata per discussioni e confronti.
Esattamente, Arya, ho provato il tuo stesso sollievo! 🙂