Se non aspettassimo

un van cammina sull'asfalto in mezzo alla campagna

A volte è necessario prendere le distanze, ma la famiglia rimane una forza, dice cugino M. mentre camminiamo per le strade del paesello verso casa di nostra nonna. Lui ha gli occhi grandi, nocciola chiaro, e indossa scarponi da montagna. Non sopporta la città, a volte non sopporta proprio nessuno, e per questo vive in un van con i suoi due cani poco lontano dalla facoltà che frequenta.
Così quando mi stanco guido verso la campagna.

Stiamo tornando dal funerale di un nostro zio, morto improvvisamente ventiquattr’ore fa.
E la nostra numerosa famiglia si è riunita, il secondo giorno dell’anno, intorno al suo feretro.

Sospiri. Silenzio. Porte che si aprono lente. Facce sconosciute che si affacciano. Abbracciano. Consolano.

Io penso alla forza delle persone che si riuniscono.

Che salgono su un aereo con tre ore di preavviso, cercando ogni coincidenza possibile per arrivare su questo sandalo di terra.
Macinano seicento km in auto per raggiungere aeroporti all’altro capo dell’isola.
Preparano insalatiere di pasta per nutrire la famiglia sconvolta dalla perdita.
Lasciano da parte i silenzi di anni per esserci.

E pur nell’incomprensibilità del momento ci sono sorrisi. Ricordi condivisi. Occasione per ripensare a come eravamo, alle gare di corsa per strada, all’un-due-tre-stella in giardino, agli spaventi dei nostri dieci anni.

È un microcosmo che si ricrea nell’ombra di un salotto, si scalda davanti al camino in cucina, si sposta di fronte al feretro, accende un brusìo anche dove ci si aspetterebbe il silenzio.

Mi stupisco sempre di come l’assenza improvvisa di una persona riesca a unire così fortemente persone che non hanno modo (spesso nemmeno voglia) di passare tempo insieme.

E se fosse sempre così?

Mi chiedo. Se non dovessimo aspettare di perdere qualcuno per ritrovare la solidarietà di una famiglia grande e dispersa.
Se lo facessimo perché è evidente che c’è qualcosa che ancora ci lega.
Se recuperassimo il piacere di stare insieme a prescindere da tutto.

Sei la solita Pollyanna. Poi parli tu, che fai in fretta a legarti le cose al dito.

La verità è che quella di legarmi le cose al dito è un’abitudine brutta che ho mitigato con il tempo. Lo faccio ancora, a volte, ma con uno spago che non fa male, di quelli che li stringi un po’ e si spezzano.

E se fosse sempre così, vivremmo con più serenità la nostra distanza fisica, la sana lontananza che ci fa apprezzare i momenti di incontro?


Photo by Hjalte Gregersen on Unsplash

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