Dall’ansia alla felicità in mezz’ora: di quando ho iniziato a parlare in pubblico

sconfiggere la paura di parlare a un wordcamp

Da piccola ero una bambina molto timida. Lo sono stata fino all’adolescenza, poi con il tempo, lentamente, sono migliorata: ma non avrei mai pensato che un giorno avrei addirittura sconfitto la paura di parlare in pubblico e provare tanta soddisfazione nel farlo.

Eravamo a Mallorca, io e i miei colleghi durante la nostra settimana di ”lavoro dal vivo”, un settembre di due anni fa. Era appena stata annunciata la data del prossimo WordCamp Barcellona e uno dei miei colleghi l’ha buttata lì, perché non partecipi?

Quando ho iniziato a lavorare da remoto, sapevo che la società per cui lavoro da remoto incoraggia la partecipazione alle conferenze, ancora di più se in veste di oratrice. Ma l’avevo sempre considerata un’informazione da archiviare, qualcosa che non mi avrebbe mai riguardato da vicino. Io, oratrice a una conferenza con centinaia di persone: morivo di paura solo al pensiero!

Eppure i WordCamp non sono semplici conferenze

Io li chiamo conferenze per fare prima, evitare troppi giri di parole quando devo spiegare dove vado a chi non ha dimestichezza con il mondo WordPress: ma i WordCamp sono delle giornate di incontro in cui chiunque, veramente chiunque, abbia un briciolo di interesse verso WordPress, può partecipare.

Non solo persone che si occupano di programmazione e sviluppo, quindi. Ma anche chi ha un blog per piacere, e vuole imparare qualcosa di più a tema SEO e scrittura dei contenuti; chi lavora nel supporto al cliente; chi ha un e-commerce e vuole imparare nuove tecniche di vendita; chi semplicemente ha una pagina web qualsiasi e vuole capire meglio come gestirla.
Il tutto per un ritorno prezzo-valore veramente altissimo.

Di solito il prezzo del biglietto è molto popolare: dai 10 ai 40 euro, a seconda della città e della grandezza dell’evento.
E se avete mai partecipato a una conferenza di settore, saprete sicuramente che i prezzi di partecipazione possono essere molto più alti di 40 euro.

Si svolgono in centinaia di città al mondo, ogni anno, e le porte sono aperte sempre a tutti. Per cui se l’idea vi stuzzica, si inizia da qui.

La scelta dell’argomento

L’invito del mio collega mi aveva incuriosito e una parte di me aveva iniziato a pensare che ci potevo provare. Era una sfida nuova, visto che fino a quel momento avevo sì parlato in pubblico, ma in cerchie piuttosto ristrette: presentazioni ai tempi dell’università o quando mi avevano mandato a Parigi all’ultimo momento, durante il mio ultimo periodo di lavoro in Italia.

Ai WordCamp invece possono partecipare dalle 50 alle…3000 persone. Sconosciuti (almeno all’inizio, si fa amicizia abbastanza facilmente, volendo), e molti esperti in ambito WordPress.

E io, che mi sentivo principiante assoluta in quel nuovo mondo, di cosa avrei mai potuto parlare?

Scegliere l’argomento di cui si vuole parlare, secondo me, è una questione di ispirazione.
È inutile forzarsi di scegliere un tema che non ci ispira seriamente.

In quella prima occasione, la mia scelta è caduta sulla cosa più semplice di cui mi sentivo di poter parlare: la mia storia.

Se leggete questo blog da tempo, in pratica sapete già di che storia sto parlando.
È quella di come ho trovato lavoro da remoto e iniziato a lavorare con WordPress.

In pratica ho preso ispirazione da quello stesso post, e l’ho trasformato in una presentazione di 20 minuti.
Ammetto quindi di essere partita in modo facile: raccontare la propria storia è il modo più facile per iniziare a parlare in pubblico.
Nessuno la conosce meglio di noi, nessuno potrebbe raccontarla meglio, nessuno potrà contraddirvi.
È solo vostra; e se pensate che possa essere utile a qualcuno, allora raccontatela.

La prima volta che ho parlato a un WordCamp avevo l’ansia a mille.

Il web e le librerie pullulano di consigli ed esercizi per parlare in pubblico, ma nonostante avessi letto mille articoli e ascoltato i pareri di persone già esperte nel public speaking, più la mia prima volta si avvicinava, meno dormivo la notte.

Sono stata così in ansia che sono arrivata a pensare di darmi malata.
Manco fossi ancora al liceo e volessi evitare l’interrogazione.

Alla fine ci sono andata, ovviamente. Morendo dentro, ma ci sono andata. E alla fine è stato bellissimo.

Parlare in pubblico senza emozionarmi è qualcosa che ancora non riesco a fare, nonostante siano passati due anni da quella prima esperienza a Barcellona.
E odio, profondamente odio, il modo in cui risponde il mio corpo quando ho un microfono in mano di fronte a un gruppo di persone.
Potrei sudare, potrebbero tremarmi le dita dei piedi, potrebbero arrossirmi le orecchie, che ne so.
Invece no, il mio corpo decide che deve reagire con l’unico organo che mi serve seriamente in quel momento: la bocca.
Che si secca, come se avessi appena mangiato un kaki aspro.

due caki aperti a metà, ecco cosa sento quando parlo in pubblico
quando parlo in pubblico la bocca mi si secca come se avessi appena mangiato un kaki aspro

L’effetto sonoro, ve lo lascio immaginare.
Che poi chi mi ascolta dice che non si sente, che è una percezione mia, etc.
Ma parlare senza pensare al fatto di avere la lingua e la bocca completamente felpate, non è una bella esperienza.

Di solito, per smorzare questa tensione, cerco tra la folla una faccia amica. E se proprio non conosco nessuno, almeno una faccia che sembra ascoltarmi e sorridere.
Ne ho sempre trovata una, di faccia incoraggiante, che magari fa sì con la testa, un sorriso mezzo accennato, che io in quel momento interpreto con un ”su, ce la puoi fare, stai andando bene!

Tutto poi si risolve quando la presentazione finisce e la gente applaude

Liberazione.

E insomma, la scorsa settimana l’ho fatto di nuovo, con un argomento diverso e più legato al mio lavoro di tutti i giorni. Nonostante fosse il mio quarto WordCamp da oratrice, e nemmeno quello con più partecipanti (credo che dopo il WordCamp Europe a Parigi dello scorso anno, farò passare un po’ di tempo prima di candidarmi nuovamente per parlare a conferenze così frequentate), l’effetto kaki aspro è tornato alla grande.

Non mi sono piaciuta, non sono rimasta soddisfatta.

Poi sono uscita dalla sala e mi ha fermato un ragazzo molto giovane, 16 anni, accompagnato da sua madre.
Mi ha intrattenuto per mezz’ora con una serie di domande molto pertinenti sulla mia presentazione; abbiamo parlato di supporto al cliente, di gestione dei clienti difficili, delle formule migliori per non farsi mettere i piedi in testa, e di tante altri dettagli sul mio lavoro.

Sai, io voglio lavorare per Apple fra qualche anno. Comunque grazie per questa chiacchierata, è stato molto istruttivo —mi dice alla fine, sicuro, tendendomi la mano per una stretta formale.
Sua mamma sta un passo indietro e lo guarda con la coda dell’occhio, ma appena può mi sussurra ”scusa se ti ha riempito di domande, ma quando mio figlio quando si interessa a qualcosa è impossibile fermarlo”.
Le rispondo che quella con suo figlio è stata una delle chiacchierate professionali più stimolanti che ho tenuto negli ultimi tempi, per cui altro che dispiacere, dovrebbe solo essere orgogliosa di lui (e lo era, eh).

La bocca felpata è già un lontano ricordo, finalmente sostituita dal calore di visi familiari conosciuti un anno fa, che mi abbracciano e mi dicono

Tu sei quella che l’anno scorso aveva parlato di come aveva iniziato un nuovo lavoro affrontando una sindrome dell’impostore ingombrante come una Sagrada Familia. Sai che dopo averti sentito mi sono fatta coraggio e ora anche io mi sono lanciata?

Mi raccontano di quello che è successo in un anno, delle soddisfazioni che si sono prese, del coraggio che hanno avuto.
E così, di nuovo, ritorna quella sensazione confortante, la ragione per cui, dopo quella prima volta, non mi sono fermata e sono riuscita a sconfiggere la paura di parlare in pubblico. Sapere di aver avuto una piccolissima parte nell’ispirare un cambio nella vita di una persona sconosciuta, è il motivo che mi spinge a inviare la mia candidatura.

—❣—

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12 risposte a “Dall’ansia alla felicità in mezz’ora: di quando ho iniziato a parlare in pubblico”

  1. Brava! E mi hai fatto venire un sacco di curiosità su questi eventi

    1. Prova a cercarne uno nella tua zona, sono molto belli 🙂

  2. Bravissima! Mi piace molto quest’articolo, specie la storia della chiaccherata con il ragazzo Asperger. Io in realtà amo parlare in pubblico (certo, sono sempre un po’ tesa, ma mi piace). E’ stato un processo però lento e difficile, specie perché da piccola mi avevano spesso detto che non sarei mai stata in grado di parlare in pubblico per un difetto di pronuncia. Alla fine ne ho fatto il mio lavoro proprio per un sentimento di rivalsa (magari ci scriverò un post prima o poi). Ma non è comunque mai facile, e l’effetto caco c’è sempre…

    1. Mi piacerebbe leggere un tuo post a riguardo, soprattutto se è stato un cammino di rivalsa! 🙂
      Mi rincuora che l’effetto caco non sia prerogativa mia, e continui a manifestarsi anche fra le oratrici esperte come te!

  3. Che bello! Di sicuro prima o poi lo (ri)faranno anche qui. So che su meetup sono frequenti incontri (molto più piccoli e informali) su diversi temi affini al lavoro autonomo e in ambito IT. Io li trovo su meetup (https://www.meetup.com/).

    1. Esatto! I Meetup sono il primo passo per riunire una comunità locale, e sono eventi mensili. Quando i Meetup vanno molto bene, arriva tanta gente interessata e la città lo permette in quanto a infrastruttura…ecco allora che si crea l’organizzazione WordCamp 🙂
      Avevo fatto una ricerca tempo fa e la comunità argentina sembra molto bella e attiva, approfittane!

  4. Wow, bravissima!
    Ad un certo punto il lavoro “s’incarna”, come si dice da me, e inizierai a mettere il pilota automatico.
    Comunque, complimenti!

    1. Il ”lavoro si incarna” quando entra sotto pelle e me lo devo scrostare di dosso con lo scalpellino? 😉
      A volte mi sento un po’ così eh, poi mi scuoto forte e mi ricordo qual è la mia figura intera!

  5. Beh complimenti! Non c’è niente di meglio che crescere superando le proprie paure!
    Poi… mi hai fatto venire voglia di partecipare a un WordCamp!

    1. Prova! Dai un’occhiata a quelli che hai nella tua zona. Ogni mese, oltre ai WordCamp, si organizzano anche i Meetup, che sono eventi più piccolini e informali 🙂

  6. Ma sei fantastica! E’ bellissimo che si siano sentiti ispirati da te, sei stata grande a mettere sotto i riflettori anche le tue debolezze, cosi’ facendo hai lanciato un messaggio ancora piu’ potente.
    Complimenti! 🙂

    Se passi di qua dimmelo. 😀 ;D

    1. Credo che il mettere in luce le debolezze (cosa che sono bravissima a fare, sindrome dell’impostore rules!), abbia effettivamente fatto molto. Se passo di là te lo dico senza dubbio! 😉

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