Perché dovremmo pensare di più – Festival di Internazionale a Ferrara

Sabato mattina. Parcheggio la nostra rossa macchinina a noleggio in una strada acciottolata appena dentro le mura di Ferrara. Non ci sono segnali di divieto, ma ci sono troppi parcheggi liberi, non mi fido: mi avvicino a un signore sulla settantina, uno di quelli distinti con il fazzoletto al collo, che sta aspettando la moglie sulla porta di casa sua.

Scusi, posso lasciare la macchina in questa strada? C’è divieto di parcheggio? — gli chiedo

La può lasciare, non si preoccupi. Ma posso approfittarne per chiederle una cosa? — mi risponde

Certo, mi dica.

Sta andando in centro per questo festival…di Internazionale, vero? 

Si, esatto.

Ma di cosa si tratta esattamente? Ah, sono dibattiti con giornalisti italiani e internazionali. Ho capito… ma di sinistra, no? Cioè è un evento di sinistra? No perché sa, io voto a destra. E poi, ma questo Internazionale si trova, in edicola? Magari me lo leggo…

Io gliel’ho detto che non è che sia un evento di sinistra. Se uno apre la rivista Internazionale, trova articoli provenienti da giornali di qualsiasi nazione e diversi orientamenti politici. Il taglio del giornale, e dei suoi opinionisti, potrebbe essere considerato di sinistra, ma l’evento del Festival a Ferrara non è riconducibile a questo, secondo me. E sono rimasta molto stupita dal fatto che un signore di una certa età, dopo 10 anni di festival nella sua città, non sappia ancora cosa sia l’Internazionale né abbia mai partecipato a uno dei numerosissimi dibattiti che per 3 giorni affollano Ferrara.

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Non sa cosa si perde, mi viene da pensare. Perché a prescindere dalle convinzioni politiche individuali, i festival di giornalismo dovrebbero farsi più spesso, e sparsi per l’Italia. Dovrebbero coinvolgere la gente e abituarla a pensare, a discutere sui temi, non solo a scegliere quali notizie leggere e quali no – ché spesso la gente preferisce non leggere quello che scomoda, quello che non capisce, quello che reputa troppo di qua o troppo di là.

E poi in quale altra occasione puoi ascoltare dal vivo una persona del calibro di Anabel Hernández che parla della sua esperienza di giornalista in Messico, e del problema del rischio di informazione in Paesi in cui il giornalismo è un mestiere veramente pericoloso?

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Siamo ancora abituati a discutere seriamente dei problemi internazionali? Ad affrontarli in maniera obiettiva, ispezionarli e approfondire le notizie, invece che liquidarle con un like o un commento su Facebook? Io ho sempre più la sensazione che ci venga difficile farlo, che annaspiamo nel mare di informazioni che abbiamo a disposizione e che finiamo per cercare riparo in quello che già conosciamo.

Ma poi mi torna la fiducia quando vedo questi teatri e cortili pieni di persone che partecipano, fanno domande, annuiscono, comprano e leggono libri. Mi torna la fiducia quando vedo Bertita Cáceres – 25 anni – che viene in Italia per parlare del lavoro di sua madre Berta, ambientalista e attivista honduregna, assassinata 7 mesi fa per aver lottato contro le grandi multinazionali che stanno distruggendo la valle sacra del fiume Gualcarque e altre zone dell’Honduras.

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E che dire di Amira Hass, giornalista israeliana che da anni racconta i rapporti tra Israele e Palestina, la condizione dei territori occupati e le iniziative di solidarietà che esistono fra i due Paesi? Che dire delle testimonianze che raccoglie con i soldati israeliani che svolgono il servizio militare nei territori occupati? Quanto potremmo imparare solo leggendo queste sue cronache, senza avere alcuna opinione precostituita, semplicemente pensando a quello che leggiamo?

Vedo queste donne, la loro forza di parlare, denunciare, senza minimizzare i problemi ma affrontandoli di petto e con coraggio. E mi chiedo, ha senso dare una valenza politica a tutto questo? Non servirebbe invece, semplicemente ascoltare, pensare al loro lavoro e volerne sapere di più?

Signore ferrarese con il fazzoletto al collo, ci pensi per un attimo, il prossimo anno: si avvicini in centro, si metta in coda per ascoltare uno di questi dibattiti. Il meno politicizzato che trova, dal suo punto di vista. Ci provi, ascolti, reagisca, senza pregiudizi. Io sono sicura che non rimarrà deluso.

✩¨✩¨✩¨✩

E se non avete problemi con il concetto di dibattito e pensiero critico, e quindi questo post vi serve a poco, vi chiedo: siete mai stati al Festival di Internazionale? Come vi siete organizzati?

Nel caso ci stiate pensando per il prossimo anno, le mie raccomandazioni:

  • prenotare con laaaaargo anticipo [i prezzi di b&b, hotel e qualsiasi cosa salgono alle stelle e i posti finiscono in fretta: io ho dormito in campeggio per due notti {bellissimo eh, il campeggio in autunno, ma capisco che non tutti possano sentirsi fatti per l’esperienza}]
  • scegliere i dibattiti anche in base alle location: ci sono dei palazzi di Ferrara che si aprono in occasione dei festival, giardini bellissimi, e piccole sale nascoste dietro una chiesa. E poi il meraviglioso Teatro Comunale di Ferrara.
  • mangiare di strada, piadina for ever. Non ho capito se si tratta della ricetta tipica ferrarese, forse no. Ma le piadine del Clandestino Cibo e Vino, nel quartiere ebraico, sono da ¡sbav!

7 risposte a “Perché dovremmo pensare di più – Festival di Internazionale a Ferrara”

  1. In effetti sembra interessante a prescindere, ma… non so da cosa dipenda, forse confrontarsi non è mai facile

    1. trentanniequalcosa dice: Rispondi

      Si, confrontarsi non è facile, soprattutto su temi difficili da comprendere al 100%. Ma è un esercizio che si può imparare, con il tempo, e imparare a confrontare le nostre opinioni con chi non è d’accordo è uno degli insegnamenti più belli che ho interiorizzato in questi ultimi anni.

  2. Con l’avvento dei social media e la diffusione capillare di internet, a me sembra che tutti siano diventati esperti di tutto. Dai commenti che si leggono in coda alle notizie pare piu’ un voler imporre il proprio punto di vista piuttosto che un dibattito tra persone civili. In mezzo a tutto questa desolazione esistenziale, e’ bello sapere che ci sono ancora eventi di questo tipo che permettono alle persone di incontrarsi e discutere dal vivo.

    1. trentanniequalcosa dice: Rispondi

      Ma veramente, quanto è diventato fastidioso leggere i commenti in fondo agli articoli dei quotidiani? Una gara a chi la sa più lunga. Invece è così bello arrivare a un dibattito e ammettere a se stessi di saperne poco, prendere appunti e avere tantissime info da cui partire per approfondire il discorso…

  3. Magari l’anno prossimo fammi un fischio che vengo volentieri anche io! Ammetto di non essere a conoscenza di questo festival. Da Padova a Ferrara è poco più di mezz’ora, non ho neanche il problema del B&B!

    1. trentanniequalcosa dice: Rispondi

      Vero, è vicinissimo! Merita proprio, segnalo per l’anno prossimo, lo fanno sempre in questo periodo, verso il primo fine settimana di ottobre 🙂

  4. Un anno di viaggi e insicurezza che se ne va · Trent'Anni e Qualcosa dice: Rispondi

    […] Parigi, Vienna, Berlino, Palma di Mallorca, Pechino, più diversi giri tra Firenze, Torino, Milano, Ferrara, nuove zone della Sardegna. E ora scrivo mentre aspetto un treno per […]

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